Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato l’imposizione di dazi del 25% sulle importazioni da Canada e Messico a partire dal 1° febbraio, ribadendo la sua linea dura nei confronti dei due principali partner commerciali americani. “Dobbiamo davvero farlo, perché abbiamo deficit commerciali molto grandi con questi Paesi” ha dichiarato Trump durante un incontro alla Casa Bianca.
Resta invece aperta la questione del petrolio. Il presidente ha confermato che la decisione riguardo alle eventuali tariffe su greggio e derivati verrà presa nelle prossime ore: “Forse sì, forse no. Probabilmente prenderemo una decisione stasera sul petrolio”. Secondo un rapporto del Congresso, Canada e Messico rappresentano il 71% delle importazioni di greggio degli Stati Uniti, con il Canada che, da solo, copre il 60%. Trump ha anche citato la Cina nel suo discorso, accusandola di spedire fentanyl negli Stati Uniti, avvertendo che Pechino dovrà affrontare nuove tariffe se non interromperà questa pratica.
Trump, Brics nel mirino: dazi al 100% se escono dal dollaro
Trump ha poi alzato il tiro contro i paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), minacciando tariffe del 100% su tutte le loro esportazioni negli Stati Uniti qualora decidessero di creare una valuta alternativa al dollaro per gli scambi internazionali. “L’idea che i paesi Brics stiano cercando di allontanarsi dal dollaro, mentre noi restiamo a guardare, è finita”, ha scritto il presidente su Truth Social.
Il gruppo Brics sta lavorando da tempo a una maggiore indipendenza finanziaria dal sistema basato sul dollaro, un progetto che Washington vede come una minaccia diretta alla sua egemonia economica. Trump ha ribadito che gli Stati Uniti non tollereranno questa mossa: “Chiederemo un impegno a questi paesi apparentemente ostili affinché non creino una nuova valuta Brics, altrimenti affronteranno tariffe del 100% e dovranno dire addio alla vendita nella meravigliosa economia statunitense”.
La reazione più dura è arrivata dal Brasile, dove il presidente Luiz Inacio Lula da Silva ha annunciato una possibile ritorsione: “Se Trump aumenterà i dazi sui prodotti brasiliani, ci sarà reciprocità”.
Il Golfo del Messico cambia nome (almeno negli Usa)
Oltre alle questioni commerciali e al respingimento degli immigrati, la tensione tra Stati Uniti e Messico è alimentata anche dalla geografia. Trump ha ottenuto, infatti, il cambio di nome del Golfo del Messico in “Golfo d’America”. Da lunedì, Google ha aggiornato il nome della zona su Google Maps per gli utenti statunitensi. L’azienda ha spiegato che il cambiamento segue un ordine esecutivo che impone l’adozione di questa nuova denominazione ufficiale, che sarà visibile una volta aggiornato il Geographic Names Information System, l’archivio ufficiale dei nomi geografici degli Stati Uniti. Gli utenti messicani continueranno a vedere il “Golfo del Messico” sulla mappa, mentre nel resto del mondo saranno visibili entrambe le denominazioni.
La presidente messicana Claudia Sheinbaum ha inviato una lettera a Google per contestare la modifica, sostenendo che un cambio di denominazione marittima non può essere imposto unilateralmente. “Se un Paese vuole cambiare la designazione di qualcosa nel mare, si applicherebbe solo fino a 12 miglia nautiche. Non si può applicare al resto, in questo caso al Golfo del Messico”, ha spiegato Sheinbaum. Come gesto di risposta ironica, il governo messicano ha proposto di rinominare gli Stati Uniti in “America Mexicana” su Google Maps, facendo riferimento a una mappa del 1607.
Con lo stesso ordine, Trump ha stabilito anche che la montagna più alta degli Stati Uniti torni a chiamarsi Monte McKinley, il nome che aveva fino al 2015, quando il presidente democratico Barack Obama decise di rinominarlo “Denali”. Anche in questo caso, il nome della montagna sarà aggiornato su Google Maps.