Il confronto sarà durissimo, ma l’esito è già scontato: il piano della Casa Bianca verrà bocciato, i repubblicani prenderanno il controllo dei due rami del Congresso alle elezioni di mid term. “E Joe Biden non verrà rieletto: gli Americani lo avevano scelto come uomo di centro, capace di abbassare i toni della polemica politica, ma si è rivelato troppo sensibile alle richieste dell’estrema sinistra”. Non usa mezzi termini Dominick Salvatore, economista e docente emerito della Fordham University, autore di “Teoria e problemi di microeconomia”, il testo di riferimento sull’economia internazionale adottato dagli atenei di tutto il mondo, che ha venduto più di 800 mila copie.
La sorte dell’amministrazione è segnata, annuncia, collegato in streaming dagli Usa con il convegno annuale di Global Thinking Foundation che riunisce a Milano una folta squadra di “visionarie” dell’economia, radunate da Claudia Segre con l’obiettivo di tracciare la strada verso il futuro sostenibile con il supporto della tecnologia (e non contro), un’arma da giocare a vantaggio dei più deboli, a partire dalle donne. Una marcia difficile ma, come ha convenuto la platea di tecnici che hanno parlato di ambiente, eguaglianza e di fintech al servizio della libertà economica, “non esiste un piano B”.
La strada per il futuro sostenibile, ammonisce l’economista, non prevede scorciatoie. “Gli elettori Usa – dice – a suo tempo lo hanno scelto contro Donald Trump perché hanno apprezzato il programma di sostegno alla classe media e l’impegno a spostare l’economia verso obiettivi verdi ed una prospettiva di sviluppo meno inquinante. Ma Biden si è spinto assi più in là. Le sue proposte prevedono interventi che coinvolgono il 20 per cento del Pil americano. Secondo i critici, una vera e propria transizione da economia di mercato a società all’europea basata sul welfare”. Una sfida agli equilibri della società Usa che i repubblicani, annusando aria di rivincita, non hanno esitato a raccogliere.
Quasi in contemporanea con le parole di Salvatore (madre piemontese, padre di Villa Santa Maria in Abruzzo), alla Camera dei Rappresentanti di Washington prendeva la parola il leader dei deputati repubblicani, Kevin McCarthy, che ha parlato per un’ora abbondante contro il piano Biden da 1.850 miliardi per sostenere le riforme sociali promesse dall’amministrazione. “La legge peggiore della nostra storia”, ha sillabato mentre si dilungava per far passare il tempo e così impedire il voto entro la sera di giovedì. Ma la sfida è destinata a continuare senza soste, come ha promesso la speaker democratica Nancy Pelosi. E sarà battaglia fino all’ultima cifra. I repubblicani, spalleggiati dall’ufficio bipartisan del budget, a sostenere che il piano del presidente, se approvato, farà schizzare in alto il debito federale (165 miliardi di dollari), i democratici a ribattere che l’aumento delle tasse ai più ricchi e alle corporations (400 miliardi, più dei 207 miliardi calcolati dai tecnici del Congresso) sarà sufficiente a compensare i maggiori costi delle riforme.
Un accordo, per ora, sembra quasi impossibile. I democratici, dopo la sconfitta che ha portato all’elezione di Donald Trump, non vogliono ripetere l’esperienza di una gestione troppo timida dell’economia che ha favorito la vittoria del tycoon trascinato al successo dall’onda populista. Ma, ammonisce Lawrence Summers, l’ex segretario al Tesoro dell’era Clinton, così facendo si commette l’errore opposto, scatenando l’inflazione, almeno altrettanto impopolare. “Il nodo di fondo – spiega Salvatore – è ideologico: vuole l’America imboccare la strada del welfare oppure difendere la sua visione di mercato?” Buona l’ultima, verrebbe da dire visto che, dalla crisi del 2008 in poi, L’economia americana ha fatto meglio di quella europea, assicurando redditi più alti. Nel dopoguerra – ricorda – il reddito europeo era la metà di quello americano, ma nel 1980 il divario era solo del 20 per cento. Oggi si è di nuovo allargato: un europeo guadagna il 70/72 per cento del pari grado americano”. La ragione? “Un lavoratore italiano vale uno americano. Oggi ha in mano gli stessi strumenti culturali e tecnologici”. Perché rende meno? Il gap nasce dalla produttività, la vera palla al piede del sistema di casa nostra, gravato da regole che non consentono di scaricare la necessaria energia.
E’ questa, comunque, la tesi ampiamente prevalente negli Stati Uniti che, prevede l’economista, alla fine comporterà la sconfitta di Biden, che si è spinto troppo in là. Il presidente, infatti, ha vinto la prima metà della battaglia, cioè l’approvazione del pacchetto da un trilione di dollari che servirà ad ammodernare le infrastrutture “fisiche” (strade e ponti) ma anche a sviluppare il wi-fi. Ora però viene il difficile. “Gli obiettivi sono molto ambiziosi, a partire dall’assicurare la sanità pubblica al 97% della popolazione. Ma l’agenda prevede anche la cancellazione dei debiti degli studenti con gli atenei, l’università gratuita per le famiglie sotto i 125 mila dollari, il sostegno all’infanzia ed agli anziani e l’aumento della paga oraria minima a 15 dollari. Vaste programme, per dirla con De Gaulle. Troppo costoso probabilmente, per i contribuenti della classe media.
E così, spiega Salvatore, il pronostico è facile: la riforma passerà alla Camera, dove i democratici contano su un’ampia maggioranza, ma sarà respinta dal Senato grazie al contributo dei democratici più conservatori. Come non dispiace a Wall Street.