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Trivelle, la Consulta decide sul referendum

Il referendum sulle trivelle arriva oggi di fronte alla Corte Costituzionale, che dovrà stabilire sulla sua ammissibilità o meno, indirizzando il destino di una battaglia, quella sullo sfruttamento e sulla ricerca degli idrocarburi in mare, che vede coinvolte nove regioni italiane, oltre ai comitati No-Triv. 

Dopo il via libera ai referendum da parte della Cassazione, il 27 novembre scorso, e dopo le modifiche nella legge di Stabilità che vietavano le trivellazioni entro le 12 miglia marine, rimane in piedi un quesito centrale della questione, ovvero quello sulla durata dei titoli per sfruttare i giacimenti laddove siano già state rilasciate le autorizzazioni.

La decisione della Corte arriverà stasera o, più probabilmente domattina, ma anche nel caso in cui il referendum venisse dichiarato ammissibile, non ci sarebbe un election day con le amministrative, come chiedevano le regioni. Il premier Renzi è fortemente contrario.

Di fronte ai giudici della Consulta esporranno le proprie tesi l’avvocato Stelio Mangiameli per i Consigli Regionali di Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise, mentre l’Abruzzo ha scelto pochi giorni fa di abbandonare la battaglia referendaria. Gli avvocati dello Stato Vincenzo Nunziata e Andrea Fedeli, invece, chiederanno che il referendum sia dichiarato inammissibile, anche perchè, qualora passasse, si creerebbe un “vuoto normativo” e “salterebbe la tutela ambientale”.

La posizione dei movimenti anti-trivelle, è stata duramente criticata dall’Ad di Eni Claudio Descalzi: “L’Italia nel 2000 era uno dei più importanti produttori europei, soprattutto di gas, e produceva circa 400mila barili al giorno di olio equivalente. A 13 anni da allora abbiamo dimezzato”. Ai No-Triv Descalzi risponde con un invito ad essere pragmatici: “Bisogna vedere quello che succede. Disastri non ce ne sono stati e il gas è il fiume del futuro”. ha detto a Lucia Annunziata di In mezzora – Non capisco

“Dal 2000 – prosegue Descalzi – non si fa più nulla di sostanziale, in termini di esplorazioni, di investimenti, di sviluppi. Perchè ci vogliono tempi sicuri, visto che sono investimenti importanti, nonché la sicurezza di recuperare le somme investite. Questo non è successo. Non facciamo più pozzi esplorativi dal 2009”.

I giacimenti di gas rappresentano una risorsa enorme, per l’Ad di Eni, che, poi, risponde direttamente al movimento No-Triv, e alla sua richiesta di non fare nuovi pozzi: “Non se ne stanno facendo. Ma se dicono che si distrugge il turismo, bisogna pensare che l’italia è risorta e ha avuto il boom, negli anni ’50 e ’60 per lo sviluppo del gas nell’Adriatico, davanti al ravennate”.

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