“Se io ora vi dicessi che il Governo ha l’obiettivo dell’1,7%, voi a che cosa pensereste? Immagino che pensereste all’indebitamento netto, mentre io potrei riferirmi alla crescita del Pil. E’ una deviazione cognitiva, ma l’obiettivo è prima la crescita, poi il bilancio. Con la consapevolezza che la crescita è un obiettivo vincolato, per cui garantisco ancora una volta che non andremo oltre il deficit”. Con questa provocazione, e allo stesso tempo rassicurazione, il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha aperto il suo intervento, a chiusura del Forum Ambrosetti di Cernobbio, mai come quest’anno segnato da una forte presenza della politica (ieri gli interventi di Salvini e Conte) e da una certa cautela dei grandi poteri finanziari, soprattutto bancari, alcuni dei quali hanno addirittura disertato il tradizionale meeting di fine estate.
Tria ha anche ricordato le previsioni sul Pil italiano nel 2018 e nel 2018, in rallentamento rispettivamente all’1,3% e all’1,1%: “Va detto che c’è un rallentamento anche per la crescita media europea, anche se ogni anno, che sia di crescita o di stagnazione o di recessione, noi abbiamo sempre all’incirca un punto in meno della media europea. Questo perché le politiche seguite finora non hanno mai ridotto questo gap”. Il primo problema, come discusso prima dell’intervento del ministro, in occasione della presentazione dello studio Ambrosetti, è la produttività: “La produttività dipende in particolare da due fattori: l’allocazione efficiente delle risorse e l’innovazione tecnologica, che risente a sua volta della rapidità del progresso e della rapidità della sua diffusione del mondo. Questa velocità ha posto e pone problemi nuovi, il compito della politica è quello di governare la transizione”.
[smiling_video id=”63359″]
[/smiling_video]
Da qui l’inevitabile citazione di Schumpeter sulla “distruzione creatrice”. Per affrontarla serve crescita: “La bassa crescita è dovuta ai bassi investimenti, sia privati che pubblici. In Italia i dati ci dicono che abbiamo un eccesso di risparmio. Gli investimenti vanno aumentati per sostenere il welfare, che deve difendere i perdenti della fase distruttiva della transizione economica”. Un’argomentazione utile a rivendicare lo strumento del reddito di cittadinanza, che Tria ha citato, ribadendo però le parole espresse sabato dai suoi colleghi di governo e cioè di “una manovra equilibrata”, che tuttavia “non farà partire una riforma forte senza le altre, perchè sarebbe una manovra squilibrata”.
[smiling_video id=”63366″]
[/smiling_video]
L’idea è dunque quella di far convivere il reddito di cittadinanza con le altri grandi riforme sul tavolo, a incominciare da pensioni e tasse. Tutte insieme, ma gradualmente: “Ho seguito una linea prudente sin dall’inizio, anche con l’Europa: crescita del Pil e calo del debito. La riduzione del rapporto debito Pil significa un rafforzamento della presenza sui mercati dell’Italia. E questo è importante per un governo che si pone la crescita come primo obiettivo”. Intanto, a margine, Palazzo Chigi ha smentito in una nota la notizia filtrata ieri secondo la quale il premier Conte ha parlato di condono fiscale. “Sarà piuttosto una riforma organica in cui il contribuente potrà entrare in nuovo regime fiscale azzerando le pendenze. Quanto a concessione e nazionalizzazioni, nessuna opzione ideologica”.