“L’articolo 18 non deve essere una bandiera, un simbolo intorno al quale si gioca una partita di potere né da parte dei sindacati né da parte della Confindustria e nemmeno dal lato del Governo”. Tiziano Treu, il padre della riforma del mercato del lavoro che ha aperto la flessibilità in entrata favorendo così la creazione di tanti posti di lavoro, anche se, con il passare del tempo, sono apparse delle esagerazioni e delle distorsioni che hanno portato ad un eccesso di precariato e ad una divisione del mercato del lavoro tra gli ipergarantiti e quelli che non hanno nessun diritto e nessuna prospettiva, non è affatto pentito delle scelte allora compiute: “Il problema è che quella riforma non è stata completata con la riforma degli ammortizzatori che pure era stata proposta, ma che una coalizione di forze conservatrici che vanno dalla Confindustria ai sindacati, ad una parte delle forze di sinistra, impedì di varare. Ed oggi il problema si ripropone e dobbiamo affrontarlo con razionalità e senza demagogia”.
Treu, senatore del Pd, sa bene che anche all’interno del suo partito ci sono forti perplessità nel modificare i meccanismi del mercato del lavoro ed in particolare nel toccare l’articolo 18 al quale si attribuiscono poteri di garanzia nei confronti dei lavoratori, che in realtà non possiede. Quell’articolo non ha evitato una forte contrazione dei posti di lavoro in seguito all’attuale crisi e soprattutto ha potentemente contribuito a spaccare il mercato del lavoro in due parti tra loro molto lontane. In più la sua stessa esistenza ed i tempi molto lunghi delle controversie giudiziarie, alle quali esso dà luogo, sono una delle cause che riducono la credibilità dell’Italia sui mercati internazionali sia degli investitori industriali che di quelli finanziari. Insomma sarebbe bene valutare l’articolo 18 per quello che realmente è, senza pensare che esso sia un “fatto di civiltà” o un ostacolo determinante per lo sviluppo delle imprese.
“Credo – dice Treu – che in maniera pragmatica si potrebbe cominciare a distinguere tra licenziamenti per motivi economici e licenziamenti per motivi disciplinari ed applicare l’articolo 18 solo a questi ultimi, magari lasciando al giudice la facoltà di decidere se è il caso di applicare il reintegro o richiedere un indennizzo. Quanto all’accorciamento dei tempi delle cause che attualmente possono durare anche 7-8 anni per arrivare a sentenza definitiva, si può agire con decisione fissando un limite ristretto come del resto ci viene chiesto dall’Europa che sta cominciando a chiederci i danni per i ritardi della giustizia. Collateralmente, ma in maniera molto utile, si potrebbe togliere dalle aule dei tribunali tutte le cause previdenziali e lasciarle ad un collegio arbitrale, evitando così l’intasamento del lavoro dei giudici”.
“Non è che in Italia manca la flessibilità del lavoro, solo che essa è ottenuta in maniera distorta e soprattutto non comprensibile agli investitori internazionali. La riforma del mercato del lavoro è quindi un tassello fondamentale dell’attività del governo Monti volta da un lato a ripristinare la fiducia degli operatori nei confronti del nostro paese e dall’altro ad aprire nuovi spazi e nuove opportunità di lavoro per i giovani che oggi sono spesso così emarginati e così sfiduciati da restarsene a casa senza studiare e senza lavorare”.
In questa direzione – dice Treu – l’ampliamento del contratto di apprendistato, anche utilizzando bene i nuovi fondi che l’Europa sta per mettere a disposizione, può dare un contributo fondamentale per fare entrare tanti giovani nel mercato del lavoro. Poi c’è il problema degli ammortizzatori, dove bisogna avviare un graduale superamento della Cassa integrazione, specie quella straordinaria, o in deroga, per arrivare, come hanno fatto in Germania ad un sistema capace di favorire sia la formazione del lavoratore, sia una attiva ricerca di reimpiego. Non è un problema da poco ma con l’aiuto dei fondi europei e mettendo a sistema le varie competenze dei vari ministeri e degli enti locali,si possono avviare sistemi di sostegno ai disoccupati più equi e più efficaci”.
Nel secondo incontro con le parti sociali la ministra Fornero ha posto con forza l’esigenza di arrivare ad una conclusione delle consultazioni in tempi rapidi e comunque se non ci sarà accordo completo su tutti i punti, sarà il Governo a decidere assumendosi le proprie responsabilità. Del resto il sistema italiano deve essere modificato soprattutto nei comportamenti delle persone ed ancor prima delle corporazioni che a volte rappresentano più la loro burocrazia che i veri interessi degli associati. In questo senso l’innovazione, anche quella contrattuale, che sta avvenendo in maniera un po’ disordinata e tra mille inutili polemiche, com’è stato nel caso della Fiat, si dimostra un potente fattore di stimolo alla crescita degli investimenti com’è appunto avvenuto a Torino dove stanno per partire i nuovi investimenti su Mirafiori.