La Corte di Assise di Palermo ha condannato a pene comprese tra 8 e 28 anni di carcere per la cosiddetta trattativa Stato-Mafia tutti gli accusati, ad eccezione di Nicola Mancino e del pentito Giovanni Brusca, per cui è scattata la prescrizione: gli ex vertici dei carabinieri del Ros Mario Mori e Antonio Subranni sono stati condannati a 12 anni, dodici anni la condanna anche per l’ex senatore Marcello Dell’Utri, mentre 8 anni per l’ex colonnello Giuseppe De Donno. Ventotto anni, invece, la condanna per il boss Leoluca Bagarella.
Massimo Ciancimino, il supertestimone del processo, è stato condannato a 8 anni per calunnia, ma assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Il tribunale di secondo grado siciliano ha invece assolto dall’accusa di falsa testimonianza l’ex ministro democristiano Nicola Mancino. Furono le parole dell’allora ministro della Giustizia Claudio Martelli ad aver messo nei guai Mancino: “Mi lamentai con lui del comportamento del Ros”. Ai condannati era contestato il reato di concorso in minaccia a un corpo politico dello Stato, minaccia lanciata dai mafiosi con le bombe.
Dopo 5 anni e 6 mesi di processo, e 5 giorni di camera di consiglio, è questo dunque il verdetto della Corte d’assise di Palermo presieduta da Alfredo Montalto (giudice a latere Stefania Brambille) nel processo chiamato a indagare sulla terribile stagione del 1992-1993, insanguinata dalle stragi Falcone e Borsellino e poi dagli attentati di Roma, Milano e Firenze.
Secondo i pubblici ministeri Nino Di Matteo, Francesco Del Bene, Roberto Tartaglia e Vittorio Teresi, in quei mesi uomini dello Stato avrebbero trattato con i vertici di Cosa nostra: la finalità dichiarata era quella di bloccare il ricatto delle bombe, ma per l’accusa gli ufficiali dei carabinieri avrebbero finito per veicolare il ricatto lanciato dai mafiosi, trasformandosi in ambasciatori dei boss. Era questo il cuore dell’atto d’accusa dei magistrati, che nella requisitoria avevano chiesto pesanti condanne. Le motivazioni della sentenza arriveranno fra novanta giorni.
La sentenza ha scatenato una nuova tempesta poltica che è destinata ad infuocare ancor di più le trattative per il nuovo governo e ad allontare, forse definitivamente, I cinque Stelle e Forza Italia. Di Maio è stato categorico: “E’ finita la Seconda Repubblica”. E Salvini pensa allo strappo con Forza Italia. Replica durissima dell’ex Cavaliere: “M5S? Delinquenti e disoccupati”.