Meno male che c’è Purito. Non vincerà mai un Tour. Non vincerà nemmeno un Giro anche se nel 2012 l’avrebbe strameritato ma Ryder Hesjedal glielo soffiò per una manciata di secondi nella crono finale di Milano. Ma Rodriguez, nelle giornate di grazia, è un campione che sa entusiasmare come pochi altri. Come è successo ieri sulle dure rampe che portano a Plateau de Beille, un arrivo per griffe di classe dove Marco Pantani volò alto nel Tour vinto del 1998. E in una Grande Boucle dove Quintana, Contador e anche Nibali sono come paralizzati dallo strapotere di Chris Froome, ben venga l’exploit di Joaquim Rodriguez. Poco importa se l’abbia favorito il fatto che tra crono a squadre e le prime due tappe pirenaiche lo spagnolo era precipitato all’indietro tanto da accumulare oltre 20 minuti di ritardo dalla maglia gialla. Purito ha dato spettacolo piantando in asso i suoi due compagni di ventura, prima Romain Bardet, quindi Jacob Fuglsang, per andare tutto solo a caccia di Mikal Kwiatkoswki, il campione del mondo che a metà della salita finale era ancora al comando sognando un’impresa che illuminasse la sua maglia iridata piuttosto in ombra in questo Tour. Dietro, distaccati di quasi 10 minuti, c’erano tutti i big con il despota britannico che li teneva al guinzaglio ben spalleggiato da Porte e Thomas. Davanti, in un batter d’occhio, come un falco Rodriguez agganciava e salutava uno sfinito Kwiatkoswki. Per Purito, già splendido vincitore nella tappa lm terra belga di Huy, gli ultimi quattro km erano un tripudio sotto la pioggia battente tra due ali di folla che omaggiava il vecchio indomito campione che da queste parti è quasi di casa vivendo ad Andorra che sta sul versante spagnolo dei Pirenei, non lontano da Plateau de Beille. Secondo a oltre un minuto era Fuglsang, quindi più staccato Bardet. “Sono come l’Atletico Madrid: riesco a fare il meglio quando gli altri meno se lo aspettano”: Purito sul podio era davvero il ritratto della felicità.
Dietro intanto cosa era successo? A sette km dal traguardo il primo a provare uno scatto per infastidire Froome era nientemeno che il Pistolero, che ancora non si è forse rassegnato a veder fallire l’operazione doppietta. “Dove non ce la fanno le gambe, Alberto ci mette il cuore”, ha detto in diretta Rai del suo compagno-capitano un Ivan Basso finalmente rinfrancato, dopo giorni di paura, dal buon esito dell’operazione. Ma lo spunto di Contador dura non più di qualche centinaio di metri, poi il vincitore dell’ultimo Giro viene riassorbito dal treno degli uomini Sky orchestrati dalla maglia gialla. Quindi è la volta di Nibali, che cerca di riemergere dal grigiore di troppe tappe: lo Squalo guadagna qualche secondo, da giorni non lo si vedeva così rinfrancato. Ma l’illusione di una rinascita si spegne sul nascere anche se ieri lo Squalo se l’è cavata senza ulteriori danni, anzi approfittando della défaillance di Mollema alla fine della tappa si è di nuovo ritrovato nella top ten della classifica, risalendo al nono posto. Riagguantato Nibali, è Alejandro Valverde che per due volte dà una scossa al drappello degli eletti ma è un altro fuoco di paglia anche se serve a mettere in preallarme Froome su una possibile sortita di Quintana. Ed ecco che finalmente anche il Condor delle Ande, una sfinge fin qui imperscrutabile, si decide a muoversi. È’ il suo primo attacco in questo Tour. Ma più che un outing di sfida è un velleitario flash che si spegne subito ma che ha solo l’effetto di irritare il padrone in maglia gialla, che stufo di essere stuzzicato decide allora di fare la sua ormai famosa frullata a cinque km dalla vetta. Mulinando le gambe come solo lui sa fare (tante pedalate al minuto solo Armstrong era in grado di farle a prescindere dall’epo), Froome, sempre più magro, ciondolando il capo come un pendolo, dà una sgasata al suo motore e ai suoi watt mettendo paura a tutta la compagnia che teme un’altra figuraccia come la batosta patita martedì a La Pierre-Saint-Martin. Un breve saggio di forza più che sufficiente a consigliare tutti, Quintana e Contador per primi, ad accettare una tregua salendo insieme al traguardo. Solo negli ultimi cento metri il boss del Tour lasciava a Valverde la volata dei big. Classifica immutata con Van Garderen e Quintana a completare la zona podio.
Oggi, lasciati i Pirenei e in attesa dei tapponi sulle Alpi, frazione senza grandi ascese da Muret a Rodez, ma con tanti saliscendi e uno strappo finale breve ma con pendenze del 9,7%. Come dire una tappa aperta a tutti tranne che agli sprinter puri.