Finalmente anche la Francia, che non vede un suo corridore vincere il Tour dal 1985 (ultimo trionfo di Bernard Hinault), può gioire nella tappa che si è conclusa tra le montagne del Giura svizzero: ha vinto Thibaut Pinot, il più giovane corridore in gara in questo Tour, francese di buone speranze, con un’azione solitaria iniziata sull’ultimo dei sette colli della giornata, il Col de la Croix. Raggiunto e superato prima del culmine lo svedese Fredrik Kessiakoff, in fuga da una decina di chilometri, Pinot resisteva all’inseguimento di un drappello di una decina di corridori, il meglio della classifica del Tour, e tra l’entusiasmo di Marc Madiot, vecchia volpe del ciclismo d’Oltralpe, oggi team manager della France des Jeux, tagliava, braccia alzate, il traguardo precedendo di 26” Cadel Evans, l’australiano, che dopo aver tentato un allungo nel finale, si è accontentato di battere allo sprint Gallopin, Wiggins, Nibali, Van Den Broeck, Froome, Menchov, Zubeldia, Frank Schleck e Christopher Horner (quest’ultimo americano è con il tedesco Voigt il più vecchio ciclista al Tour con i suoi 41 anni il prossimo 23 ottobre).
Togliamo pure nonno Horner e Gallopin, ma nei primi dieci dell’ordine di arrivo di oggi c’è di certo il vincitore di questo Tour che domani con la cronometro di 39 km di Besançon offre alla maglia gialla Wiggins l’occasione per allungare il vantaggio nei confronti dei due suoi più agguerriti rivali, Cadel Evans e Vincenzo Nibali (in classifica ad appena 10 e 16 secondi dal britannico). C’è grande curiosità di vedere all’opera anche Froome che è un gregario tutto particolare, tanto da apparire più in forma e più forte dello stesso suo capitano, cioè Wiggins. Per la vittoria di tappa anche Fabian Cancellara dirà la sua dopo che sono bastate due tappe di media montagna a farlo scivolare al 36esimo posto della classifica generale a oltre 13 minuti da Wiggins. Tra i favoriti ci sarebbe anche il tedesco Tony Martin, campione del mondo della specialità, ma la microfrattura al polso lo sta tormentando da giorni.
E’ un Tour che, ancora prima del test delle Alpi e dei Pirenei, sta selezionando giorno dopo giorno i candidati a vincerlo. Ma è anche un Tour fin qui troppo condizionato dalle cadute che sono un’insidia costante per tutti. L’elenco dei ritirati e dei feriti è impressionante e si allunga di tappa in tappa. Ieri il doloroso e mesto ritiro di Ryder Hesjedal e di Oscar Freire. Oggi un altro drammatico abbandono, quello di Samuel Sanchez, immobile sull’asfalto, semisvenuto, schiacciato sotto il mucchio di ciclisti volati per terra in un tratto di falsopiano dove sembrava impossibile cadere. Per l’iberico, olimpionico di Pechino su strada, il Tour finisce in barella a circa cento km dal traguardo svizzero di Porrentruy. Freire e Sanchez: nel giro di due giorni la Spagna ha perso – a meno di un recupero miracoloso – i suoi migliori uomini per i giochi di Londra. Resta in gara Alejandro Valverde ma anche oggi, coinvolto nella caduta di Sanchez, il vincitore della Vuelta nel 2009. ha dovuto inseguire, con l’umore sotto i tacchi, perdendo altri minuti in una classifica che lo vede 28esimo a 6’45” dalla maglia gialla.
Così l’unico spagnolo rimasto in classifica è Haimar Zubeldia della Radioshack quinto a 59” da Wigginds. Una serie di infortuni ha messo fuori gioco da giorni anche Robert Gesink, partito da Liegi tra i più gettonati uomini di classifica: per l’olandese la frazione di oggi è stata un altro calvario, una sofferenza continua di colle in colle, al traguardo ha registrato un ritardo di oltre 16 minuti. Non sarebbe una sorpresa se non prendesse il via alla cronometro di domani.