Centoundici maglie gialle e 34 vittorie di tappe: i numeri record di Eddy Merckx al Tour sono mostruosi e inarrivabili. Nemmeno Lance Armstrong, nei suoi sette Tour vinti e poi revocati, è riuscito a fare tanto. Ma quello che ha fatto Vincenzo Nibali in questo Tour ha qualcosa di sensazionale. E non è un caso che l’Equipe, al termine della superba impresa in cima all’Hautacam nella tappa del leggendario Tourmalet, l’abbia salutato con un titolo pescato dal vocabolario merckxiano: “C’est Canibali”. A due giorni dalla trionfale passerella degli Champs Elysées, il bottino dello Squalo giallo, le Requin jaune per i francesi, è esaltante: quattro vittorie di tappa – nemmeno Froome, il marziano del Tour 2013 fece tanto -, 19 giorni in maglia gialla su un totale di 21 tappe da Leeds a Parigi, un numero di giorni con il simbolo del primato che lo colloca alla pari di Fausto Coppi. Un Tour stradominato fin dalla partenza in Inghilterra con quel primo perentorio allungo in vista del traguardo di Sheffield: poi tre acuti nelle tappe doc, a Planche des Belles Filles sui Vosgi, alla Chamrousse sulle Alpi, l’ultimo a Hautacam sui Pirenei. Una straordinaria prova di forza che lo proietta nella “Hall of fame” della storia del Tour, perché Nibali lo sta vincendo alla grande, come facevano i fuoriclasse di ogni epoca, come e meglio del Froome dell’anno scorso. Il ciclismo ha fame di imprese per esaltarsi e ha trovato in Nibali un interprete perfetto, perché lo Squalo ama attaccare e dare spettacolo anche quando non ne avrebbe alcuna necessità. Come sulla rampa finale ai 1520 metri dell’Hautacam: finita la discesa del Tourmalet senza danni, per Nibali la missione Tour era fatta. C’era solo da amministrare l’ascesa all’Hautacam e bastava guardare in faccia ai vari rivali – o presunti tali – di Nibali per capire che la maglia gialla avrebbe potuto dormire sonni tranquilli. Ma Nibali è un campione di razza, non gli piace correre al risparmio, come il Wiggins del 2012: così: quando nel gruppetto degli uomini di classifica il vecchio Chris Horner, 43 anni a ottobre, ricordandosi di aver vinto l’ultima Vuelta proprio battendo lo Squalo, si è alzato sui pedali rompendo gli indugi scattando in avanti, la maglia gialla decideva di scatenarsi involandosi verso il suo quarto trionfo che metteva il sigillo definitivo sul Tour. Proprio come faceva Merckx, il Cannibale.
Oggi il Tour è tornato in pianura verso Bergerac, oltre 200 km sotto una fitta pioggia: ha vinto Ramuna Navardauskas con un allungo nel finale caratterizzato da una carambola di una decina di corridori tra cui Sagan e Bardet. Un groviglio che ha spezzato il gruppo, con Nibali bravo a scartare il macello di bici e di ruote, ma che non incide sulla classifica perché avvenuto negli ultimi 3 km e i tempi vengono neutralizzati. A definire chi saranno i due “delfini” che accompagneranno sul podio parigino resta le crono di questo sabato con Tony Martin grande favorito ma attenzione a Nibali che non vorrà fare solo una passeggiata. Pinot, Peraud e Valverde sono lontanissimi dalla maglia gialla, ma tra loro sono divisi solo da una manciata di secondi. Ultime scaramucce tra i sudditi cui guardano con interesse solo i francesi che sperano di risalire sul podio dopo un digiuno che dura da 17 anni. Lui, il tiranno della Grande Boucle, si può già godere l’avverarsi di una trilogia di autore –Tour, Giro e Vuelta – che colloca Nibali al pari di pochi altri campioni come Merckx, Anquetil, Gimondi, Hinault e Contador. Chi vuol sminuire lo spessore del trionfo di Nibali può solo aggrapparsi alle cadute di Froome e Contador, costretti al ritiro ancora prima che iniziassero Alpi e Pirenei. Ma il successo del campione italiano è stato legittimato da una costante superiorità tanto che il primo a essere dispiaciuto della sfortuna che si è accanita contro Froome e Contador, è lo stesso Nibali. Che in uno stato di forma come quello messo in mostra da Leeds a oggi avrebbe potuto battere i due grandi favoriti della vigilia regalandoci battaglie stellari su Alpi e Pirenei. Del resto le cadute fanno parte del mestiere. Anche Merckx vinse il Tour del 1971, segnato dal dramma di Luis Ocana. Lo spagnolo aveva surclassato il campionissimo belga a Orcières Merlette strappandogli la maglia gialla ma il giorno dopo cadde rovinosamente il giorno sul Col du Menthe finendo all’ospedale.