Tappa neutralizzata per 9 km dopo i lacrimogeni della polizia per disperdere una manifestazione di contadini – Impressionante caduta di Gilbert che si ritira a tappa conclusa – Nessuna battaglia tra i big: Thomas sempre in giallo – Oggi la temuta tappa più corta (65 km) con arrivo ai 2125 metri di Saint-Lary.
La classifica non subisce alcuna scossa anche dopo la prima tappa sui Pirenei che conferma il talento di Julian Alaphilippe, che vince la sua seconda tappa dopo l’acuto alpino a Le Grand Bornand incrementando il vantaggio su Warren Barguil nella classifica degli scalatori. Per Geraint Thomas sempre in giallo una tappa in meno da un sogno che potrebbe anche concretizzarsi visto che per Froome non sarà facile, a meno di un crollo del compagno, cogliere l’attimo per un attacco che non sappia di tradimento. Ieri praticamente non c’è stata battaglia tra i big che sono arrivati tutti insieme a oltre 8 minuti da Alaphilippe.
Di sicuro, a prescindere di chi tra i due britannici, il gallese o il keniota bianco, vincerà questo Tour, il clima attorno al Team Sky, dominatore della corsa, si sta arroventando di giorno in giorno con un pubblico lungo strade sempre più ostile verso Thomas e soprattutto Froome. A calmare gli animi nel giorno di riposo di lunedì non ha certo giovato la conferenza di Dave Brailsford, team manager della squadra inglese, che ha puntato il dito contro l’antisportività dei francesi che non ha riscontro altrove, né al Giro né alla Vuelta.
Un attacco e uno sfogo che tocca anche gli organizzatori del Tour autori di un incredibile autogol alla vigilia del Tour quando annunciarono di voler escludere dalla Grande Boucle Froome per il sospetto di doping proprio nello stesso giorno in cui il britannico veniva assolto dal Tribunale dell’antidoping dell’Uci per il caso del salbutamolo.
Ma per l’Aso e il direttore del Tour, Christian Prudhomme, nervi tesi della Sky a parte, le acque sono sempre più agitate: al problema troppo a lungo tollerato dei fumogeni che hanno condizionato l’ultimo tratto della tappa dell’Alpe d’Huez, creando una situazione di pericolo di cui è stato vittima Vincenzo NIbali, ieri si è aggiunta la novità inaudita dei lacrimogeni sparati dalla polizia contro gli agricoltori che avevano organizzato una manifestazione di protesta, bloccando la corsa. Tutti a piangere con gli occhi arrossati: ne è seguita la neutralizzazione per nove km della tappe per consentire ai corridori e suiveurs di tornare a vederci lavandosi più volte le pupille. Scene imbarazzanti mai viste prima.
Il Portet d’Aspet, il Col du Menté e il Portillon per la loro storia non avrebbero meritato un simile antefatto, una storia che racconta drammi che hanno stroncato vite e carriere. Nel 1971 Luis Ocaña era in maglia gialla scendendo dal Col du Menté. L’aveva conquistata due giorni prima a Orcières Merlette staccando Eddy Merck di 9 minuti. Nessuno aveva mai umiliato tanto il Cannibale. «L’empereur fusillé», titolò l’Équipe.
Nella tappa successiva verso Marsiglia Merckx scatenò l’inferno cercando la rivincita. Andò in fuga con altri ardimentosi e condusse le danze a una velocità pazzesca tanto di arrivare al traguardo con un’ora e mezzo di anticipo sulla tabella oraria più veloce. Ocaña perse oltre 2 minuti ma gliene restavano ben 7 di vantaggio ai piedi dei Pirenei. Era ancora lui il superfavorito per vincere il Tour, quello che aveva battuto l’imbattibile.
Va in fuga Fuente, fa un caldo terribile ma all’improvviso il cielo si oscura fino a nascondere la strada. Merckx scatta e Ocana gli è a ruota in cima al Col du Menté. In discesa non è più pioggia ma una vera e propria bomba d’acqua che presto si trasforma in grandine. Merckx sbanda urtando un muretto ma resta in piedi. Va peggio a Ocaña che vi sbatte contro e rimbalza per terra al centro della strada invasa dal fango. È esamine con le ossa rotta. Per lui il Tour è finito. Comincia il calvario di una vita tragicamente conclusa con un colpo di pistola alla tempia sinistra il 19 maggio.
1994. Non gli bastò la vittoria nel Tour del 1973 a superare lo choc e la delusione di due anni prima. Aveva vinto un Tour ma non c’era Merckx, il rivale che odiava e che doveva battere per togliersi quell’ossessione che lo perseguitava dal giorno del Col du Menté.
Un anno dopo il suicidio di Ocaña, nella discesa del Portet d’Aspet moriva nel 1995 Fabio Casartelli, corridore italiano con la maglia della Mororola. Si correva ancora senza l’obbligo del casco, un devastante urto contro un paracarro di cemento fu fatale alla medaglia d’oro su strada alle Olimpiadi di Barcellona del 1992. Il giorno dopo sul traguardo di Limoges, era Lance Armstrong compagno di Casartelli, ad arrivare primo alzando braccia e occhi al cielo per ricordare lo sfortunato atleta comasco.
Ieri, non lontano dalla curva dove è finita la vita di Casartelli ed è stata eretta una stele a ricordo dello sfortunato atleta italiano, si è sfiorata un’altra tragedia, quando Philippe Gilbert che era in testa alla corsa, sbagliava una curva finendo diritto e sparato contro un muretto: la bici restava sul ciglio della strada, il belga invece veniva catapultato nell’impatto al di là nel precipizio.
Momenti interminabili di paura per la sorte del campione belga scomparso nel dirupo di rocce e pietre. Un volo impressionante irradiato nel mondo dalle tv al seguito: per tutti è stata una liberazione da un incubo vedere Gilbert riemergere dopo qualche minuto con l’aiuto dei soccorritori, apparentemente senza grossi danni. Dopo una frettolosa medicazione, il belga vuole addirittura risalire con coraggio sulla bicicletta.
Un calvario per lui ma riesce a finire la tappa arrivando con oltre 31 minuti da Alaphilippe. Come abbia fatto scalare il Portillon con una frattura alla rotula del ginocchio sinistro lo sa lui. Il belga ovviamente non partirà oggi per la seconda tappa pirenaica, la più corta del dura, di appena 65 km, con partenza subito in salita verso il Peyresourde e arrivo in altura ai 2.215 metri di Saint-Lary Soulan, il punto più alto toccato dal Tour. Inevitabile sperare che nei quartieri alti della classifica succeda qualcosa dopo il nulla di fatto di ieri.