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Tour: Bernal primo colombiano a vincere – LE PAGELLE

Tour de France in Twitter

Parigi si è riempita di bandiere colombiane per festeggiare la maglia gialla di Egan Bernal, che con i suoi 22 anni è anche il più giovane vincitore del Tour del dopoguerra. Un Tour bellissimo e avvincente dove fino all’ultimo non si sapeva chi avrebbe vinto, punteggiato di imprese e popolato di personaggi che hanno lasciato il segno. Alla fine è stato un grande trionfo del ciclismo colombiano, che ha piazzato altri due suoi big nella top ten della classifica: Rigoberto Uran settimo a 5’15” e Nairo Quintana ottavo a 5’30”, protagonista, quest’ultimo, della tappa del Galibier vinta in solitudine sul traguardo di Valloire.

Abbracciato dai genitori, dal fratellino e dalla fidanzata, Bernal è apparso commosso, quasi impacciato, ha ringraziato tutti, senza dimenticare l’Italia, dove ha mosso i primi passi nel ciclismo dopo essere stato scoperto e segnalato da Gianni Savio, colpito dalle sue qualità di grimpeur. Ed è stata italiana, l’Androni Giocattoli-Sidermec, la prima squadra ad assumerlo da professionista. E in Italia sarebbe dovuto venire al Giro di quest’anno ma una caduta in allenamento gli ha fatto saltare la corsa rosa dirottandolo verso il Tour, dove sarebbe stato squadra con Thomas ma anche Froome.

Ma anche Froome cadendo disastrosamente al Giro del Delfinato, ha dovuto dare forfait. La Ineos – anche se nella classifica a squadre è stata superata dalla Movistar di Landa, Quintana e Valverde – è il team vincente che piazza ai primi due posti i suoi due co-leader, ma il mancato bis di Thomas, secondo dietro Bernal, interrompe il lungo predominio britannico al Tour, mentre manda in orbita il ciclismo sudamericano, che ha conquistato sia la maglia rosa con Richard Carapaz, sia maglia gialla con Bernal.

L’ultima tappa, vissuta agonisticamente solo nello spettacolare sprint sugli Champs Elysèès, ha visto primeggiare, con una rimonta delle sue, Caleb Ewan che ha bruciato Dylan Groenewen e Niccolò Bonifazio. Per l’australiano è il terzo successo in questo Tour.

ECCO LE PAGELLE DEL TOUR: UN SOLO VINCENTE, MA TANTI PROTAGONISTI

Egan Bernal: voto 10. Era il favorito della vigilia con Geraint Thomas e non ha tradito le attese, anche se non si era capito su quale dei due cavalli puntassero in casa Ineos. Solo sulle Alpi, peraltro azzoppate dal cattivo tempo, Bernal è entrato in azione mettendo in mostra le sue immense qualità di scalatore. Sul Galibier Thomas ha provato invano anche a inseguirlo come se fosse un rivale e non un compagno di squadra. Ma nella tappa neutralizzata dell’Iseran, che ha dato la maglia gialla a Bernal, anche il gallese, nolente o volente, dava il via libera al colombiano, che avrebbe anche vinto a Tignes se non fosse stato fermato dagli organizzatori. Dave Brailsford, il team manager della Sky e ora della Ineos, ha definito Bernal “il Messi del ciclismo”: con la differenza che il calciatore, pur grandissimo nel Barcellona, all’Argentina non ha ancora dato una vittoria mentre il ciclista andino, scoperto da Gianni Savio che l’ha portato in italia per allenarsi a Ceresole Reale quando ancora non era ancora ventenne, ha tutta l’aria e le possibilità di dare alla Colombia non solo maglie gialle, ma anche rosa del Giro e rosse della Vuelta. A 22 anni vincere nello stesso anno Parigi-Nizza, Giro della Svizzera e Tour è da predestinato a entrare nel club dei grandi di ogni epoca.

Geraint Thomas: voto 7. Condivideva con Bernal il massimo dei favori alla vigilia del Tour ma alla Ineos, che come il precedente Team Sky, è finanziata da capitali britannico, il gallese era il co-leader preferito. Ma Thomas, che non è Froome, dopo l’azione convincente alla Planche des Belles Filles, non ha fatto nulla di straordinario per diventare il padrone del Tour. Sui Pirenei e sulle Alpi ha anche mostrato qualche crepa proprio quando Bernal stava per decollare. Alla fine gli è andata bene che la défaillance di Alaphilippe sull’ascesa di Val Thorens gli abbia permesso di tornare al secondo posto completando il successo della Ineos.

Julian Alaphilippe: voto 9. Finisce il Tour solo quinto, ma fino a cinque km dalla vetta dell’Iseran era la maglia gialla che ha entusiasmato la Francia incendiando i Tour con i suoi finali esplosivi e con il successo contro ogni pronostico nella crono di Pau. Due vittorie di tappa, 14 giorni in maglia gialla, un Tour corso sempre in prima linea che aumenta di molto lo spessore di un corridore è già uno dei più formidabili in circolazione nelle classiche di un giorno, tanto più se hanno un finale accidentato. Pur essendo uscito dalla zona podio, Alaphilippe è salito ugualmente sul palco delle premiazioni ricevendo quello di “super combattivo del Tour 2019”, un riconoscimento eccezionale deciso dalla giuria e a furor di popolo.

Thibaut Pinot: voto 8. Recuperato sui Pirenei quanto gli avevano fatto perdere i ventagli di Albi e la crono di Pau, il francese si è presentato ai piedi delle Alpi nelle condizioni migliori per cercare finalmente di vincere e il Tour, riportando la maglia gialla in Francia che manca dall’ultimo successo di Bernard Hinault nel 1985. Sui Pirenei Pinot aveva dato spettacolo vincendo in cima al Tourmalet e scavalcando in classifica anche Bernal in zona podio: senza più crono prima di Parigi ma solo montagne, tutti davano Pinot come possibile vincitore del Tour. Ma una lesione muscolare ha costretto Pinot all’abbandono nei primi km della tappa dell’Iseran. Ci riproverà di certo l’anno prossimo.

Caleb Ewan: voto 9. Ha vinto la sfida dei velocisti facendo sue tre tappe rimontando sempre da dietro come una saetta che fulmina gli avversari quando ormai credono di aver vinto. Proprio come nella volata che ha concluso a Parigi un Tour bellissimo e avvincente fino all’ultimo: cambia la scenografia, ieri sontuosa degli Champs Elysées indorati nel tramonto, ma la dinamica è sempre la stessa, con Ewan che da dietro sbuca all’improvviso sulla sinistra sfiorando le transenne e facendo secco per la seconda volta, come a Tolosa, Dylan Groenewegen: l’australiano vince così la sfida tra i velocisti del Tour con tre successi contro uno solo di Viviani, Groenewegen e Sagan. Ma Sagan, pur vincendo una sola volta, coglie l’obiettivo che si era prefisso in questo Tour: conquistare la settima maglia verde della classifica a punti battendo il primato che condivideva a quota sei con il tedesco Eric Zabel.

Vincenzo Nibali: voto 7. Per 19 tappe ha corso nell’anonimato se si esclude un accenno di volata con Tim Wellens al Gpm del Col du Soulor. Precipitato presto a oltre un’ora di distacco dalla zona podio, con una squadra che lascerà l’anno prossimo, la Bahrein-Merida che gli aveva imposto di partecipare al Tour mentre nei suoi piani c’era la Vuelta, lo Squalo ha gonfiato le trombe dei suoi critici pronti a dargli addosso. Di certo stava facendo un Tour sotto la sufficienza, ma la classe non è acqua ed ecco il campione che tira fuori il meglio di se stesso – gambe,cuore e orgoglio – e s’invola da solo a cogliere il traguardo prestigioso di Val Thorens. E un Nibali tornato Squalo, nel carosello degli Champs Elysées, si permette anche di rallentare e sfilarsi dal gruppo per attendere, come un gregario qualsiasi, il suo compagno, Sonny Colbrelli, attardato per un incidente meccanico, aiutandolo a riportarlo in gruppo. Come si fa a bocciare un fuoriclasse che ha vinto due Giri, una Vuelta e un Tour e che nel 2016 partecipò alla Grande Boucle con il dichiarato proposito di allenarsi in vista dalle Olimpiadi di Rio?

Simon Yates: voto 7. Non ha il pedigree di Nibali ma è uno che ci sa fare, anche Simon è venuto al Tour preannunciando che puntava solo alle tappe e che per la classifica sarebbe stato di aiuto al gemello Adam. Detto e fatto: scomparso subito dall’alta classifica Simon ha colto due vittorie di prestigio sui Pirenei e anche nel giorno dell’Iseran era in testa con Bernal quando sono stati fermati per la neutralizzazione della tappa. Di certo è lui il gemello che esce meglio dal Tour, l’altro Adam, si è arreso presto scivolando nelle retrovie di mezzo della classifica.

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