Anche quella di oggi era una tappa alpina, l’ultima prima di puntare a sud verso il Mediterraneo e quindi i Pirenei, ma com’erano dislocati il Col du Grand-Cucheron e il Col du Granier, entrambi nei primi 80 dei 226 km da Saint-Jean-de-Maurienne a Annonay-Davezieux, la frazione si è trasformata in una semplice tappa di trasferimento, con il gruppo – come accadeva nei Tour ai tempi delle squadre nazionali e regionali – che lascia andare in fuga cinque corridori fuori classifica, poco badando al distacco che a metà gara viaggiava oltre la dozzina di minuti.
All’arrivo i fuggitivi ne mantenevano circa la metà ed era lo scozzese David Millar, un redivivo dall’inferno del doping, a battere in volata i compagni di giornata. Una vittoria che rafforza lo strapotere britannico sul Tour 2012, dedicata a Tommy Simpson nel giorno in cui cade il 45esimo anniversario della tragica morte del campione inglese crollato esausto sulla pietraia infuocata del Ventoux. Era il Tour del 1967, quello vinto dal francese Roger Pingeon e perso da Felice Gimondi per un mal di pancia. Simpson era il primo corridore britannico a imporsi nel grande ciclismo. La vittoria nel campionato del mondo del 1964 gli valse il titolo di baronetto da parte della Regina.
Il Tour di oggi, superate le Alpi, è davvero sempre più sotto il segno dell’Union Jack. Maglia gialla Bradley Wiggins, secondo a 2’ 05” Christopher Froome: mai gli uomini Sky sono stati vicini al dominio assoluto come in questo Tour, eppure, dopo lo scatto ribelle di Froome sull’ascesa a La Toussuire, mai sono stati tanto vicini a un breakdown di nervi. Da ieri “il fuoco amico” di cui poteva rimanere vittima Wiggins per mano di un suo gregario, Froome”, è l’argomento clou del Tour. Così durante una tappa insignificante come quella di oggi, la più lunga di questa edizione, non si è parlato d’altro rivedendo più volte il film di quanto accaduto nel tappone alpino di giovedì. Un attacco velleitario di Evans sul Grandon, due scatti più convincenti di Nibali sulla rampa finale: per Wiggins una giornata temuta stava finendo nel migliore dei modi dopo aver fatto lavorare al meglio i suoi scudieri sui vari colli della giornata: Boasson-Hagen sul Col de la Madeleine, sulla Croix-de-Fer Knees, che passava poi il testimone a Rogers sul Col du Mollard.
Per lo strappo finale la Sky metteva al servizio di Wiggins prima Porte per la parte iniziale e quindi Froome per gli ultimi chilometri, quelli più difficili in cui Nibali ha tentato di far saltare il banco. Raggiunto lo “squalo” a far saltare il banco era invece proprio Froome con un allungo di forza nel momento in cui Wiggins stava rifiatando. Il gregario di fatto aveva piantato in asso il capitano facendolo precipitare in preda al primo autentico momento di panico di questo Tour. Ci voleva una furente strigliata via auricolare di Sean Yates, team manager della Sky, per stoppare Froome che doveva frenare per attendere Wiggins.
Al Team Sky si è cercato oggi di arginare la polemica. Wiggins ha fatto di tutto per ridimensionare l’accaduto. Yates, stamane alla partenza, ha ribadito che in casa Sky non c’è alcuna congiura e che Wiggins resta il numero uno per il Tour. Ma resta anche l’evidenza che Froome in montagna è di certo molto più forte di Wiggins e che senza gli ordini di squadra potrebbe anche vincere questo Tour che di fuoriclasse non ne allinea. Una situazione quella che si è creata in casa Ski che non è nuova nella storia dei Tour. Ricorda quella del 1985 quando Bernard Hinault e Greg Lemond correvano sotto gli stessi colori della Vie Claire di Bernard Tapie. Hinault era il capitano, per giunta in maglia gialla ma sui Pirenei andò in crisi e l’americano, che aveva già vinto il primo dei suoi due titoli iridati, scalpitava. In fuga sull’Aubisque con Stephen Roche stava per conquistare la maglia gialla, quando un diktat del direttore sportivo gli impose di non collaborare con l’irlandese. Hinault era salvo. Avrebbe vinto il suo quinto Tour, che fu anche l’ultimo successo di un francese nella Grande Boucle.
Anche nel 1996 si ripresentò uno scenario abbastanza simile a quello del Tour di quest’anno. La rivalità, mantenuta allora abbastanza sotto controllo, covava in seno alla tedesca TTelecom tra Bjarne Rijs e Jan Ullrich. Vinse il danese ma se Ullrich fosse stato libero dagli ordini di scuderia avrebbe di certo reso la vita molto più difficile a Rijs. Tour che ha avuto una coda di veleno quando proprio Rijs, oggi team manager della Saxo di Contador, ammise di aver fatto uso di epo. Anche lui quindi è uno di quei vincitori di Tour che Wiggins, con coraggio e candore, definisce “fasulli” perché più che con le gambe vincevano con le siringhe. Intanto, comunque finisca questo Tour, una cosa è già certa: le strade di Wiggins e Froome dopo Parigi si separeranno, molto prima del previsto.