Nessuno sa come finirà la crisi politica più pazza del mondo ma forse qualcosa di più si capirà da come formalmente si aprirà martedì 20 agosto al Senato.
Il leader della Lega, Matteo Salvini, che sembra essersi pentito di averla virtualmente aperta, confermerà la mozione di sfiducia contro il premier Giuseppe Conte o farà la più clamorosa delle retromarce nel disperato tentativo di restare al Governo e di ricucire con i Cinque Stelle? E Conte, che nei giorni scorsi ha improvvisamente riacquistato un po’ di coraggio e un po’ di autonomia, cercherà di ricucire con Salvini e con la Lega o svuoterà il sacco e approfondirà il solco tra gli ex alleati di governo? E il Quirinale? Come si regolerà il Presidente della Repubblica di fronte a una crisi imprevista e imprevedibile come quella di Ferragosto?
Solo nei prossimi giorni si potrà capire qualcosa di più sull’evoluzione della crisi, ma, rispetto all’azzardo iniziale di Salvini, che mandando a casa Conte sperava di capitalizzare i suoi consensi elettorali e andare di corsa alle elezioni anticipate, qualcosa comincia a muoversi.
Tra i tanti scenari possibili, due – quelli desiderati da Salvini – sembrano almeno per ora in netta discesa. Alla vigilia del confronto al Senato, sia la riconciliazione Lega-Cinque Stelle che il ricorso alle elezioni anticipate non risultano tra le soluzioni più gettonate.
Salvini farebbe carte false, anche a costo di rimetterci la faccia, per ricucire i rapporti con i Cinque Stelle e restare al Viminale mantenendo al Governo tutti i ministri della Lega, ma sia Conte che i Cinque Stelle non sembrano commuoversi di fronte ai tentativi di autocritica e alle richieste di perdono del leader ormai un po’ ammaccato della Lega. E ieri il meeting dei vertici pentastellati a casa Grillo è parso mettere una pietra sopra l’alleanza con Salvini, bollandolo come “inaffidabile”. Ma anche il ricorso alle elezioni anticipate, che dipenderà dall’evoluzione della crisi e che spetterà ovviamente al Capo dello Stato decidere, non sembra in cima ai desideri dei parlamentari. Per due ragioni: una ovvia, l’altra tutta politica.
La ragione ovvia per cui, tranne la Lega, nessuno arde dal desiderio di correre al voto – anche se il segretario del Pd, Nicola Zingaretti resta possibilista ma appare in minoranza dopo il pronunciamento pro Ursula dell’ex premier Romano Prodi – è che nessuno vuole rinunciare a un posto in Parlamento con il rischio di non tornarci. Ma la ragione politica che sembra raffreddare il brivido del voto è che la mossa a sorpresa dell’ex premier Matteo Renzi (“La cosa più importante da fare è sbarrare la strada a Salvini nell’interesse del Paese in un momento molto difficile dell’economia”) pare aver aperto gli occhi anche ai più distratti: perchè spianare la strada a chi, come Salvini, potrebbe stravincere le prossime elezioni, conquistare la guida del Governo, delle due Camere e del Quirinale e poi portarci fuori dall’euro e dall’Europa?
Ma se la riedizione del Governo Lega-Cinque Stelle e il ricorso alle elezioni anticipate non sembrano, allo stato, le soluzioni più probabili, il risultato finale della crisi resta avvolto nella nebbia.
La settimana che sta per cominciare e l’appuntamento di martedì al Senato potrebbero essere decisivi anche se la crisi non avrà tempi brevi perchè le variabili in campo sono ancora molte ma, tra le tante, tre sembrano le principali soluzioni sul tappeto, con differenti probabilità di successo.
- MONOCOLORE CONTE con appoggi parlamentari esterni – Di fronte al divorzio tra Lega e Cinque Stelle non è detto che Conte esca di scena e, se riceverà un nuovo incarico da Sergio Mattarella e troverà i necessari appoggi parlamentari anche esterni (Pd? Forza Italia?) potrebbe dar vita a un governo monocolore sostenuto dai Cinque Stelle con l’impegno di completare la riforma costituzionale basata sulla riduzione dei parlamentari – che significa rinviare di almeno sei mesi le elezioni – e di approntare la manovra di bilancio necassaria ad evitare l’innalzamento dell’Iva. E’ la soluzione che da giorni va raccomandando anche Giuliano Ferrara dalle colonne del Foglio e qualche probabilità di successo ce l’ha.
- GOVERNO ISTITUZIONALE basato sull’asse Cinque Stelle-Pd – E’ l’obiettivo indicato da Renzi ma anche da molti altri leader del Pd e dal presidente di +Europa, Bruno Tabacci: sbarrare la strada a Salvini, evitare le elezioni anticipate e dar luogo a un Governo che approvi la manovra di bilancio evitando l’innalzamento dell’Iva e la riduzione del numero dei parlamentari. Un Governo che si baserebbe sull’intesa politica tra Cinque Stelle e Pd e che sarebbe aperto al sostegno di altre forze parlamentari (Forza Italia? Leu?) che s’oppongono al disegno di Salvini. Non è una prospettiva facile ma nemmeno impossibile, anche se il Pd – che deve però ancora convincersi della bontà della scelta suggerita da Renzi – non gradirebbe la permanenza di Conte a Palazzo Chigi (per il Presidente del Consiglio si ipotizza la nomina a commissario europeo), preferirebbe un altro premier più istituzionale e chiederebbe un ridimensionamento del vicepremier Luigi Di Maio.
- GOVERNO DI LEGISLATURA imperniato su un forte accordo politico tra Pd e Cinque Stelle non solo per l’emergenza, come sarebbe il Governo istituzionale, ma per i prossimi tre anni. E’ la prospettiva invocata da Zingaretti ma anche la più difficile perchè richiederebbe un’intesa politica tra Cinque Stelle e Pd basata non solo sulla prossima manovra di bilancio e sulla riduzione del numero dei parlamentari ma su un programma che affronti tutti i principali problemi del Paese su cui le distanze tra i due contraenti sono spesso abissali. Allo stato sembra la prospettiva meno probabile in questa legislatura ma la politica, si sa, è l’arte del possibile e dell’impossibile.
Un punto si spera che non venga dimenticato nelle prossime trattative di governo anche se può sembrare utopistico: prima gli interessi dell’Italia e solo dopo quelli delle diverse parti politiche.