La discontinuità che il Pd reclama per mettere in piedi un governo con i Cinque Stelle riguarda i programmi e le politiche ma riguarda soprattutto gli uomini e le figure simbolo. Pur con tutta la diplomazia del caso, il segretario del Pd Nicola Zingaretti punta a un ampio ricambio della formazione di governo che investa i personaggi che più si sono identificati nel Governo con la Lega.
Ma il punto chiave è soprattutto uno, anzi due. Giuseppe Conte può restare o no a Palazzo Chigi? Per i Cinque Stelle è ormai una bandiera ma il Pd può accettarlo alla guida del nuovo governo? Difficile, anche se non del tutto impossibile dopo la dura arringa che il premier ha pronunciato al Senato contro il leader leghista Matteo Salvini.
Ma l’altro nome indigesto per il Pd è quello di Luigi Di Maio: che resti al Governo è problematico ma che resti nei ministeri chiave (Sviluppo Economico e Lavoro) è praticamente escluso.
I Cinque Stelle cercheranno di addolcire le richieste del Pd offrendo in cambio il nuovo commissario europeo, per il quale si fanno i nomi di Gentiloni e di Enrico Letta, ma sono le figure guida del nuovo Governo, se mai nascerà, quelle che più contano.
Non scordiamoci però di un punto essenziale: la trattativa sui nomi impegnerà le forze politiche, come è sempre stato, ma il Presidente del Consiglio lo sceglie il Capo dello Stato: Sergio Mattarella ascolterà tutti ma non rinuncerà di sicuro alle sue prerogative e farà pensare il suo orientamento.