Il governo metropolitano di Tokyo introdurrà, a partire da aprile 2025, la settimana lavorativa di quattro giorni per i suoi 160.000 dipendenti pubblici. Si tratta di una decisione importante in un paese noto per la sua cultura del lavoro estremamente rigorosa, al punto da aver coniato il termine karoshi (“morte da superlavoro”) per descrivere i decessi improvvisi legati all’eccessivo carico lavorativo. L’iniziativa mira a contrastare il drammatico calo delle nascite e a migliorare la qualità della vita in una metropoli con oltre 12,5 milioni di abitanti.
La misura arriva in un contesto di continuo declino demografico, con il Giappone che si avvia verso il 17° anno consecutivo di riduzione della popolazione.
Tokyo, arriva un nuovo modello lavorativo
La governatrice Yuriko Koike ha annunciato il modello “four-on, three-off” (quattro giorni di lavoro e tre di riposo), che permetterà ai dipendenti di scegliere un giorno settimanale per attività personali. L’obiettivo è migliorare l’equilibrio tra vita professionale e privata, promuovendo un contesto più inclusivo, in particolare per le donne. “Non vogliamo che le donne debbano sacrificare la carriera per la maternità o per l’educazione dei figli”, ha dichiarato Koike davanti all’Assemblea metropolitana di Tokyo.
Questa misura si aggiunge a un sistema di orario flessibile già esistente, che attualmente consente un giorno libero ogni quattro settimane. La riforma introdurrà un giorno di riposo aggiuntivo ogni settimana, garantendo maggiore flessibilità ai lavoratori.
Sostegno alle famiglie: asili nido gratuiti e congedi flessibili
Accanto alla riduzione dei giorni lavorativi, il governo metropolitano offrirà asili nido gratuiti per tutti i bambini in età prescolare a partire da settembre. L’obiettivo è ridurre il peso economico sulle famiglie e incentivare le donne a mantenere il proprio ruolo nel mercato del lavoro.
Inoltre, verrà introdotto un sistema di congedo parziale per la cura dei figli, consentendo ai lavoratori di ridurre l’orario lavorativo fino a due ore al giorno.
La crisi demografica del Giappone: un inverno senza fine
Il Giappone sta affrontando una crisi demografica senza precedenti, ancora più acuta rispetto a quella italiana. Nel 2022, il numero di nascite è sceso sotto le 800.000, il livello più basso mai registrato dal 1899, mentre i decessi hanno raggiunto 1,58 milioni. Peggio ancora è andata nel 2023, dove il tasso di natalità medio per donna, calcolato lungo gli anni riproduttivi, ha continuato a diminuire per l’ottavo anno consecutivo, raggiungendo un nuovo minimo storico. Secondo i dati pubblicati a giugno dal ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare di Tokyo, il numero di nascite di cittadini giapponesi residenti nel paese è stato di 727.277 nel 2023, con un calo del 5,6% rispetto all’anno precedente.
Parallelamente, il calo naturale della popolazione è aumentato del 6,3%, portando a una perdita netta di 848.659 persone. Questo andamento negativo, ininterrotto da 17 anni, segna un drastico cambiamento rispetto agli anni ’70, quando le nascite superavano i due milioni.
Sebbene il rallentamento dei tassi di natalità sia un fenomeno globale, il Giappone affronta una situazione particolarmente critica. L’aspettativa di vita è cresciuta notevolmente, creando una popolazione sempre più anziana e un numero ridotto di lavoratori in grado di sostenerla. La popolazione complessiva, che nel 2008 ammontava a 128 milioni, è scesa a 124,6 milioni e potrebbe dimezzarsi entro la fine del secolo. Con un tasso di fertilità sceso a 1,20 nel 2023, ben al di sotto del livello di sostituzione generazionale fissato a 2,1, il paese deve affrontare un grave squilibrio demografico. Attualmente, il 29% della popolazione ha più di 65 anni, un dato che pone sfide senza precedenti per l’economia e la società.
Già il precedente primo ministro, Fumio Kishida, aveva lanciato l’allarme, avvertendo: “Troppi pochi figli: siamo sull’orlo della paralisi”. Per contrastare questa crisi, Kishida aveva proposto di raddoppiare la spesa pubblica destinata ai programmi per l’infanzia e di creare un’agenzia governativa dedicata. Con l’insediamento del nuovo premier, Ishiba, il Paese si trova ora di fronte alla necessità di attuare misure concrete per invertire una tendenza che minaccia il suo futuro.
La settimana corta nel mondo
Tokyo si unisce a una tendenza globale. Prefetture giapponesi come Ibaraki e Chiba hanno già avviato progetti simili, e città come Kuji applicano la settimana corta per alcune categorie di lavoratori. Anche fuori dal Giappone, diversi paesi stanno sperimentando questo modello. In Islanda, la settimana di quattro giorni è stata introdotta nel 2015 con risultati eccellenti: produttività in aumento e maggiore benessere per i dipendenti. In Gran Bretagna, nel 2023, 61 aziende hanno testato la misura, e più della metà l’ha adottata in via definitiva.
Esperimenti simili sono in corso in Europa in Spagna, Belgio, Svezia, mentre al di fuori del continente sono stati avviati negli Stati Uniti e in Nuova Zelanda. Oltre a migliorare la qualità della vita dei lavoratori, queste iniziative hanno mostrato benefici ambientali, come la riduzione dell’inquinamento grazie alla diminuzione degli spostamenti.
L’Italia e le sperimentazioni locali
Anche in Italia alcune aziende stanno sperimentando la settimana lavorativa corta. Tra queste, Intesa Sanpaolo, Team System, Mondelez International e Velvet Media stanno valutando i benefici di un modello più flessibile, che potrebbe rappresentare una rivoluzione per il mercato del lavoro italiano.