L’Italia si trova in un favorevole incrocio di elementi positivi di cui si dovrebbe approfittare. I rischi esterni però non mancano: tensioni geopolitiche e aumento delle disuguaglianze sono quelli più insidiosi, mentre inflazione e politica monetaria sono stati in parte già assorbiti. Oscillazioni sui mercati sono dunque da mettere in conto nel prossimo futuro. Come articolare i portafogli nei prossimi mesi? Su quali settori indirizzare gli investimenti? Ecco le considerazioni e le valutazioni di Luca Tobagi, Investment Strategist di Invesco, uno dei più importanti gruppi del risparmio gestito a livello globale.
Dottor Tobagi, come valuta la situazione economica e finanziaria attuale in Italia ?
“Ci sono molti elementi positivi e importanti. Oggi ci troviamo nella situazione migliore degli ultimi decenni, con un allineamento favorevole di tutte le condizioni: abbiamo riforme strutturali, risorse, Pnrr. Secondo quest’ultimo, solo con la riforma della giustizia si potrebbe avere a regime un aumento della produttività dello 0,5% all’anno, per quella della Pubblica amministrazione una crescita dell’1,5%. Anche considerando di raggiungere solo il 10-20% di questi obiettivi, potremmo avere un contributo alla crescita almeno dello 0,2-0,3%, molto rilevante per un Paese in cui da molti anni la crescita faticava a salire sopra lo zero.
Semmai in Italia, più che in altri paesi, occorre fare attenzione alle diseguaglianze, alla giusta distribuzione delle risorse nei canali produttivi. Se non ben gestiti questi elementi potrebbero andare fuori controllo e pesare anche sull’economia”.
La ricchezza finanziaria degli italiani, secondo dati Bankitalia, ammonta a oltre 4.400 miliardi di euro, di cui la quota tenuta liquida sui conti correnti ha raggiunto quasi i 1800 miliardi. Un ammontare molto consistente e su livelli eccezionali. Come valuta questo atteggiamento degli italiani e come si potrebbe incanalare questo risparmio verso l’attività produttiva?
“Questo fenomeno si è riscontrato anche in altri paesi europei ed è figlio della combinazione di una politica monetaria accomodante con un’incertezza generale e un’inflazione quasi inesistente negli ultimi anni.
L’attuale rialzo dell’inflazione modifica lo scenario e – seppur lentamente – si potrebbe vedere un cambiamento dei comportamenti”.
Come si potrebbe incentivare l’investimento finanziario delle famiglie? Strumenti come i Pir potrebbero essere ancora adatti ?
Adottare strumenti validi tipo i Pir (Piani individuali di risparmio) è estremamente utile, così come lo sono gli incentivi fiscali per investimenti a lungo termine, anche verso l’economia italiana che si merita di fare passi avanti. Occorre che i risparmiatori vengano informati su quali sono le opportunità migliori e le più adatte.
Come vede l’andamento dell’inflazione in Italia nei mesi a venire?
“La nostra visione è che nel 2022 potremmo vedere il picco dell’inflazione, che poi potrebbe gradualmente diminuire nei prossimi 2-3 anni verso livelli più in linea con gli obiettivi delle banche centrali: se dovesse discostarsene e assestarsi sopra il 2%, verosimilmente potrebbe essere più un 2,5% che un 4%. Dipenderà dai prezzi delle materie prime e dai possibili rincari salariali”.
Big Tech e Big Pharma sembrano i settori azionari più colpiti in questi giorni dalle vendite in Borsa: si tratta di una salutare correzione che permetterà di tornare sul mercato a prezzi più convenienti o l’avvisaglia dello scoppio di due bolle?
“Non vediamo bolle speculative sul mercato. In ambito tecnologico, ci sono aziende al Nasdaq che sono salite moltissimo macinando utili, fatturato e flussi di cassa: per queste una correzione del 10-20% sarà fisiologica. Ci sono poi altre aziende tecnologiche buone, anche se crescono più lentamente (che rappresentano il 20-25% del Nasdaq) su cui si potrebbe investire. Ma il timore è che queste non siano in grado di reggere la correzione del resto del mercato. Una volta che si sarà sfogata l’ondata di vendite si potranno ripescare le società che hanno solidi fondamentali”.
E per il settore farmaceutico?
“La pandemia è stata un incidente favorevole che in molti casi ha portato fatturati e utili aggiuntivi importanti. Con l’auspicato diminuire della pandemia anche questo ulteriore vento in poppa probabilmente calerà, ma starei attento a non allontanarmi troppo: il settore farmaceutico ha caratteristiche di solidità e prevedibilità apprezzabili, quindi anche se ci fosse un ritracciamento bisogna considerare che i fondamentali di solito sono forti e bisogna fare attenzione a non buttare via il bambino insieme all’acqua sporca”.
Individua settori attualmente sottotono che potrebbero invece riprendersi nei prossimi mesi?
“Le dinamiche azionarie sono legate alla dinamica degli utili e a quella delle valutazioni. Veniamo da anni in cui entrambi sono cresciuti e addirittura nel 2021 abbiamo visto le stime degli utili crescere più delle valutazioni per la prima volta dopo molti anni. Ci avviamo verso una fase del ciclo economico in cui anche questi due elementi che sostengono i mercati azionari sono destinati ad affievolirsi: un po’ di inflazione, la politica monetaria che potrebbe diventare un po’ più restrittiva e rendimenti obbligazionari che hanno già iniziato a muoversi un po’ verso l’alto: sono tutti elementi solitamente non favorevoli ai mercati azionari.
Le oscillazioni di mercato saranno la norma per i prossimi mesi. Saranno premiati i portafogli con una composizione difensiva, con una parte di azioni di qualità in settori come il farmaceutico, beni di consumo stabili, alimentari, cura personale, pur prestando sempre attenzione alle valutazioni”.
Dei rischi che pendono sui mercati attualmente (pandemia, politica monetaria, inflazione, crescita economica, venti di guerra), quali ritiene più pesanti ?
“Io credo che pandemia, inflazione, politica monetaria più restrittiva siano già state almeno in parte prezzate dai mercati. Quello che di solito ha un impatto maggiore e più negativo è lo shock improvviso. Da monitorare per esempio le tensioni in Russia, Ucraina o in Kazachistan.
In passato questi tipi di eventi drammatici sono stati assorbiti dal mercato in poco tempo. Ma il problema è se viene intaccato il sottostante dell’economia e non sto pensando solo alle ripercussioni sui prezzi: sono anche preoccupato per le quantità e per il rischio razionamento. Si chiama rischio di coda, è remoto, ma i mercati forse non lo stanno ancora riflettendo e gli investitori dovrebbero tenerne conto”.