Finale di settimana in crescendo per il comparto europeo delle telecomunicazioni. L’indice Stoxx di settore guadagna l’1,2% grazie al rally di due ex cavalli di razza da tempo fermi ai box: l’inglese Bt, avanti del 6% alla borsa di Londra dopo un allungo iniziale fino al 9%, e la nostra Tim in rialzo nel primo pomeriggio del 2% circa dal +3% iniziale.
All’origine del rally c’è soprattutto lo scoop del Financial Times che venerdì mattina ha rivelato una trattativa, peraltro appena avviata, dell’ex incumbent delle telecomunicazioni britanniche con l’australiana Macquarie per la cessione di una quota di Openreach, la società della rete inglese valutata attorno ai 20 miliardi di sterline, più o meno il doppio dell’attuale capitalizzazione alla Borsa di Londra.
In caso di esito positivo della trattativa, Bt potrebbe recuperare i capitali necessari per finanziare il piano di investimenti necessari per sviluppare il prolungamento della rete di fibra ottica che oggi serve 2,6 milioni di utenti ma che, secondo il programma, dovrebbe beneficiare di 3 milioni di collegamenti all’anno.
Non è la prima volta che un fondo contatta Bt per entrare nella partecipazione più promettente del gruppo. Ma stavolta molti elementi congiurano a sostenere le ragioni di un accordo. A partire dalla delusione inflitta ai soci di una della blue chip più diffuse del listino della City lo scorso 7 maggio quando Bt ha ritirato la proposta di dividendo su quest’anno e congelato quella sul prossimo anno (1,5 miliardi), con la promessa di tornare a pagare un dividendo nel 2022, ma di importo dimezzato. Una quaresima forzata che si spiega in parte con il piano di investimenti sopra citato ma anche dalla necessità di fronteggiare la concorrenza agguerrita non solo di Vodafone ma anche del gruppo che nascerà dall’integrazione tra Virgin Media e 02.
La parabola di British Telecom si ripete, quasi in fotocopia, sul fronte di Telecom Italia. Anche nel caso italano figura la presenza di un interlocutore finanziario, ovvero Kkr, più attivo che mai sul fronte europeo (è appena entrato nella tedesca Prosiebensat affiancando Mediaset). Anche qui la partita finanziaria s’intreccia con la necessità di sviluppare la rete in fibra ottica, circostanza che ha portato l’ad Luigi Gubitosi a trattare con il fondo Usa la cessione di una quota di minoranza della rete fissa (40%, con incasso previsto di circa 1,8 miliardi) e della rete secondaria passiva (infrastruttura rame e fibra dai cabinet alle case, valutata 7,5 miliardi).
La società è fiduciosa di ottenere un’offerta entro l’estate. Tutto ciò dovrebbe agevolare le negoziazioni con gli azionisti di Open Fiber per la rete unica. Anche perché nel mondo post-coronavirus l’imperativo comune è quello di frazionare il rischio e di evitare le esposizioni eccessive , ricorrendo all’alleanza con partner finanziario solidi, come consiglia in un recente report Mediobanca Securities: “La crisi dettata dal Covid-19 ci ha lanciati in un nuovo contesto digitale, che dovrebbe rappresentare la nuova normalità non prima del 2025, ecco perché non saremmo sorpresi nel vedere questo trend accelerare ulteriormente”. “Per questo morivo – continua l’analisi – siamo fiduciosi che verrà finalizzato l’accordo tra Tim e Kkr per la vendita di una partecipazione nella rete secondaria”. Anche se le difficoltà non mancano, come ha sottolineato Elliott, che ha minacciato l’uscita da Tim se l’operazione continuerà a tardare.