God save the tlc Queen, ovvero Vodafone, l’ultima bandiera dell’impero sul fronte dell’economia globale. La società, salita a suo tempo nell’Olimpo del settore grazie anche alla mano felice di Vittorio Colao, dimostra oggi di aver superato le difficoltà di un anno difficile, chiuso con profitti per 1,3 miliardi di sterline, meno del risultato precedente (1,5 miliardi), condizionato però dal guadagno di 1 miliardo derivante da un’operazione che aveva riguardato Vodafone Hutchinson Australia. Le difficoltà di mercato italiano (e della Spagna) non hanno pesato più di tanto sul gruppo grazie alla ripresa dei ricavi (+5) in Europa e soprattutto in Africa, alla ripresa delle vendite di telefoni cellulari dopo l’emergenza Covid e all’andamento favorevole dei cambi.
Su questa solida base l‘azienda inglese accelera sul terreno della missione più importante: guidare il processo di consolidamento delle tlc dei Vecchio Continente, quell’Europa che, leader dei mercati finanziari e dell’innovazione tecnologica negli anni Novanta, si sono ridotti ad essere un arcipelago di cento e più compagnie locali, spesso troppo indebitate per far fronte agli investimenti richiesti dal salto nel 5G. Un quadro del tutto diverso da quello di Usa e della Cina (nonché dell’India) dove solo tre competitor si dividono il mercato. Una situazione di obiettiva debolezza che fa sì che l’Europa, a suo tempo leader, oggi sia terreno di conquista conteso da cinesi ed americani.
Da questa situazione, ha rilevato il Ceo di Vodafone Nick Read in un’intervista al Sunday Times, si esce solo con aziende più grandi e più redditizie, favorendo le operazioni di M&A (spesso contrastate dall’Antitrust Ue che solo a malincuore ha rinunciato ad imporre ovunque un quarto gestore) ed evitando inutili doppioni negli investimenti. Come del resto invoca Borje Ekholm, il numero uno di quella Ericsson sopravvissuta alla moria dei telecom equipment che ha segnato il trionfo di Huawei e delle altre società cinesi. Ovvio che le telco europee non investano, ha commentato sul Financial Times, visto che in questa situazione non possono garantire ritorni decenti.
In questa cornice Vodafone potrebbe rompere gli indugi, tornando ad aggredire il mercato domestico: nel mirino c’è la concorrente “3”, che nel 2016 si era vista bocciare la proposta di merger con O2. Vodafone, inoltre, sta considerando anche di investire nella rete in fibra di O2, proprietà di Virgin Media.
L’attivismo di Vodafone ha attratto l’attenzione dei mercati finanziari, alla ricerca di nuovi temi di investimento dopo la lunga marcia del comparto digitale. Da inizio anno il settore Tlc europeo è salito del +12%, poco più della metà dell’indice Stoxx globale: +22,60%.
Anche per questo corrono le quotazioni del gruppo inglese in ascesa del 5% in una giornata di mercati piatti e trascinano all’insù anche Deutsche Telekom e la spagnola Telefonica. All’elenco manca Iliad, ritirata dalla quotazione da Xavier Niel, deciso a privilegiare in questa fase la crescita dimensionale rispetto ai risultati finanziari. La strategia sembra pagare, specie in Italia dove il gestore francese continua a crescere. A fine settembre ha superato la soglia degli 8 milioni di utenti. In attesa di lanciare i suoi servizi di rete fissa nel Bel Paese, l’operatore ha raggiunto una quota del mercato italiano del 10,5%.
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Anche questo complica la strada, già impervia, di Telecom Italia, l’incumbent italiano delle tlc, nonostante il rimbalzo delle ultime sedute (+4% alle 13). Nella classifica delle performance guidata da Nokia +60%, Tim fatica, dopo non poche delusioni a partire dai conti trimestrali. In questa cornice va inquadrando il rimbalzo di oggi a poche ore dalla riunione in cui, secondo indiscrezioni, verranno rivisti i termini dell’accordo con Dazn che per ora ha clamorosamente deluso le attese dell’Ad Luigi Gubitosi. Ci vorrà però altro per convincere soci ed investitori in occasione del prossimo business plan di febbraio. A meno che il vento degli M&A cominci a soffiare anche nel Bel Paese. God Save anche lo Stellone d’Italia.