Le big tech dovrebbero farsi carico di alcuni dei costi di sviluppo delle reti di telecomunicazione europee, poiché ne fanno un uso troppo massiccio. È la richiesta di 16 provider tlc europei – tra cui Deutsche Telekom, Orange, Telefonica, Fastweb e Telecom Italia – affinché i giganti del web – come Google, Amazon, Apple, Meta, Netflix e Microsoft – sostengano parte dei costi di realizzazione delle reti 5G e di quelle in fibra ottica data l’enorme quantità di traffico internet globale che trasportano sulle loro reti di telecomunicazione.
L’appello dei 16 direttori generali giunge mentre la Commissione Europea si prepara a lanciare il prossimo anno “ampia consultazione” da entrambe le parti sull’eventuale contributo delle aziende tecnologiche ai costi delle reti di telecomunicazioni (prima di presentare una proposta legislativa). Come ha anche confermato il commissario per il Mercato interno della Commissione europea Thierry Breton.
Ma le big tech hanno respinto tali richieste, affermando investire già in attrezzature e tecnologie per fornire contenuti in modo più efficiente.
Perché le Big tech dovrebbero contribuire ai costi della rete?
“Riteniamo che i maggiori generatori di traffico debbano contribuire in modo equo ai notevoli costi che attualmente impongono alle reti europee”, hanno detto gli amministratori delegati delle telco europee in un comunicato anticipato da Reuters. “Un contributo equo invierebbe un chiaro segnale finanziario agli streamer in relazione alla crescita dei dati associata al loro utilizzo delle scarse risorse di rete”.
L’idea sottostante questa richiesta, che va avanti da mesi, è che da soli gli operatori di telecomunicazione non riescano a sostenere gli importanti investimenti necessari (stimati in 50 miliardi di euro all’anno) per adeguare le reti alla crescita del traffico; e le grandi società tecnologiche, senza una rete performante e distribuita, non potrebbero garantire i loro servizi. Motivo per cui dovrebbero pagare un contribuito, secondo logiche ancora da definire. Tra i motivi anche la crisi energetica e gli obiettivi di cambiamento climatico.
Tlc europee: “Costi per 5G e fibra ottica troppo alti”
“I costi di progettazione e costruzione stanno aumentando. I prezzi dei cavi in fibra ottica, ad esempio, sono quasi raddoppiati nel primo semestre del 2022. Allo stesso modo, gli aumenti dei prezzi dell’energia e di altri fattori produttivi stanno colpendo il settore della connettività”, hanno detto i ceo.
“È necessario agire tempestivamente: l’Europa ha perso molte delle opportunità offerte da Internet per i consumatori. Ora deve costruire rapidamente le forze per l’era dei metaversi“, hanno proseguito. “Affinché ciò avvenga e sia sostenibile nel tempo, riteniamo che i maggiori generatori di traffico debbano contribuire in modo equo ai notevoli costi che attualmente impongono alle reti europee”.
Costi 5G e fibra ottica: cosa succederebbe con la condivisione dei costi?
Negli ultimi dieci anni gli operatori di rete hanno investito oltre 500 miliardi di euro nello sviluppo delle loro reti di telecomunicazioni fisse e mobili in Europa, ma il contributo economico delle Big Tech (Meta, Google, Apple, Amazon, Microsoft, Netflix), che su quelle stesse reti generano oltre il 55% del traffico totale contribuiscono “poco o nulla” al loro finanziamento. Emerge dall’analisi realizzata da Axon Partners per Etno, l’associzione europea delle telco, che evidenzia come l’attività delle Big Tech costa a oggi fino a 36-40 miliardi di euro all’anno agli operatori europei.
Secondo lo studio, un contributo annuo di 20 miliardi di euro da parte dei giganti del web allo sviluppo delle infrastrutture di telecomunicazione nell’Ue aumenterebbe il Pil fino a 72 miliardi di euro entro il 2025, spingendo anche l’occupazione con la creazione di 840mila posti di lavoro all’anno. Gli operatori citano poi, come conseguenza, anche effetti positivi sia sull’esperienza utente che sui livelli di innovazione e una forte riduzione del consumo di energia e dei livelli di emissioni di carbonio.
Intanto Tim paga la rata da 1,7 miliardi
Anche Tim tra i firmatari. L’operatore tlc deve pagare entro il 30 settembre l’importo relativo alla maxi-rata da 1,7 miliardi di euro (in una volta sola) per l’assegnazione delle frequenze nello spettro 5G, come previsto dalla legge di bilancio 2018. Dunque, senza la rateizzazione richiesta. A fronte di un contesto ipercompetitivo di pressione dei prezzi, l’ex monopolista aveva chiesto una dilazione a 9 anni per l’esborso, così come altri operatori. Ma niente da fare, il Governo non aveva accolto tale richiesta, anzi ciò aveva spinto i rappresentanti di categoria di Assotelecomunicazioni-Asstel a proseguire con le richieste al Mise di aprire tavoli separati per arrivare a più soluzioni. Ma con la crisi politica ogni possibilità è sfumata e ora non c’è tempo per intavolare una discussione con il nuovo Governo.
Ma le richieste non si fermano qui. Tutto il settore delle compagnie tlc si sta muovendo per chiedere al nuovo esecutivo di includere anche loro tra i settori considerati “energivori” per accedere alle agevolazioni sulle bollette. In più c’è anche il tema del rialzo del costo del denaro e l’impatto sull’indebitamento finanziario. Tuttavia, come si legge sul Sole 24 Ore, Adrian Calaza (cfo di Tim) sottolinea che il debito dell’operatore è per la maggior parte in strumenti a tasso fisso e che per i prossimi 12-15 mesi non ha la necessità di tornare sul mercato per un rifinanziamento. Il problema però sembra essere un altro: l’Italia e Germania sono i due Stati europei dove gli operatori hanno pagato di più le frequenze quando i “prezzi erano ben diversi” e i “tassi a zero”, evidenzia Calaza.