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Tlc e guerra dei dazi: lo stop di Trump colpisce Iliad-Free

Il decreto che impedisce alle aziende americane di vendere componenti al colosso cinese potrebbe avere ripercussioni anche in Italia. Il Ceo di Zte, Hu Kun, smentisce e conferma i piani di sviluppo nel nostro Paese ma lo stop voluto da Trump non va sottovalutato e in Italia ne fa le spese Iliad

Tlc e guerra dei dazi: lo stop di Trump colpisce Iliad-Free

Cellulari e Internet, chi l’avrebbe mai detto: l’arrivo di Iliad in Italia non fa più paura. Quello che era stato presentato come il più temibile dei concorrenti, con effetti potenzialmente devastanti sui conti economici di Tim, Vodafone e in misura minore su quelli di Wind-3, in procinto di sbarcare in Italia con Free e la sua politica commerciale aggressiva fatta di prezzi ridotti all’osso sia per telefonare che per navigare su Internet, sembra essere svanito; la sua scesa in campo sembra ritardata rispetto alla tabella di marcia annunciata inizialmente che lo dava operativo a fine 2017 con le sue temibili (per i concorrenti) tariffe stracciate.

A gennaio 2018 la nomina dell’Ad ventinovenne Benedetto Levi e la nuova previsione di un avvio prima dell’estate. Poi stop comunicazioni, a parte un recente tweet che ha mostrato la foto di un futuro negozio Iliad in un centro commerciale a Catania.

Cosa succede? L’operatore francese utilizzerà in Italia le frequenze lasciate libere dalla fusione Wind-3 con le quali conta di coprire il 75% del territorio e per il resto andrà in roaming (sulle reti altrui). Ma il rebus di Iliad potrebbe avere a sorpresa una motivazione imprevista: è Zte, il secondo colosso cinese produttore di apparati e terminali di telecomunicazione dopo Huawei nonché fornitore della rete Wind a cui Iliad si appoggia, ad avere rallentato (c’è chi dice addirittura fermato) il passo. Colpa di Donald Trump e del suo bando che vieta ai produttori americani di fornire componenti al colosso cinese. In altre parole si tratterebbe di un “effetto collaterale” della guerra commerciale tra Usa e Cina con ricadute a catena anche in casa nostra.

L’ANTEFATTO

In aprile  il Dipartimento al Commercio Usa ha emanato un bando (Denial order) che impedisce alle società americane di vendere a Zte componenti e tecnologie per i prossimi 7 anni. Tutto ciò nonostante il pagamento da parte del produttore cinese, in marzo, di una multa di 900 milioni per aver venduto prodotti contenenti tecnologia statunitense a Stati colpiti dalle sanzioni commerciali decise a suo tempo a Washington, come l’Iran e la Corea del Nord. Una controversia che data dunque da lungo tempo ma che è esplosa, guarda caso, proprio nel momento di tensione più acuta delle relazioni commerciali tra Washington e Pechino ed è finita nel bel mezzo della battaglia a colpi di ritorsioni sui dazi per soia, acciaio e quant’altro, che a fine aprile ha segnato il suo culmine. Per Zte è stata una batosta visto che le componenti Usa che acquista principalmente da Qualcomm e Intel incidono fino a 1 terzo sui suoi prodotti. E l’8 maggio il colosso cinese, che fino ad allora aveva conosciuto una costante e folgorante espansione, ha dovuto fermarsi: stop alle attività produttive in America. L’annuncio è arrivato insieme alla dichiarazione che vanno avanti le trattative per convincere l’amministrazione americana a rivedere o rimuovere il decreto.

L’EFFETTO DOMINO E ILIAD-FREE

L’annuncio ha fatto clamore e Reuters, raccogliendo fonti americane, ha pubblicato il 9 maggio un resoconto secondo il quale il contraccolpo del ban voluto da Trump – una ferita non da poco inferta all’avversario cinese – potrebbe in realtà provocare uno stop produttivo più ampio con difficoltà nelle forniture di cellulari, negli updates sul sistema Android e nelle vendite online sui canali Alibaba (la piattaforma Taobao).

A queste indiscrezioni, che potrebbero compromettere secondo alcuni, le forniture di Zte anche in Italia ha risposto il ceo di Zte Italia Hu Kun che è anche presidente dell’area Western Europe: “Le nostre operazioni non solo stanno proseguendo – ha dichiarato all’Agenzia Italia – ma anzi vanno avanti con ancora maggiore determinazione sia per dimostrare la serietà e correttezza del gruppo sia per soddisfare le aspettative dei nostri clienti e dei nostri partner che sono centinaia in Italia e che con fiducia lavorano insieme a noi”. Il colosso cinese, quindi, secondo le affermazioni ufficiali intende portare avanti il piano da 600 milioni previsto in Italia per la realizzazione della rete 5 G, dei progetti sulle smart city e dei centri di ricerca già annunciati. Zte è stato il gruppo che ha realizzato la rete Wind e proprio Wind è l’operatore a cui IIiad-Free si appoggerà, dal punto di vista dell’infrastruttura,  per il suo ingresso in Italia. Ingresso annunciato per l’estate ma ora sottoposto – o forse no? – all’alea delle relazioni commerciali Cina-Usa. Lo vedremo a breve.

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