Lo spread continua la sua inesorabile impennata. Dopo aver aperto a 324 punti base, il differenziale tra i decennali italiani in pochi minuti ha sfondato quota 330 punti base, toccando addirittura i 335 punti.
Negativa anche la curva dei rendimenti, in rialzo dal 3,59% della chiusura di ieri al massimo di 3,65% di oggi. Alle fine giornata il differenziale chiude a 326.8 e il rendimento al 3,619%.
La probabile bocciatura che la Commissione europea riserverà alla manovra italiana domani, 21 novembre, con il conseguente avvio di una procedura d’infrazione, continua a preoccupare i mercati che si interrogano sul futuro dell’economia italiana e “puniscono” pesantemente i bond tricolori. “Ovviamente sono preoccupato”, ha commentato il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, lasciando la Camera. Duro Luigi Di Maio che non perde occasione di prendersela con Bruxelles: “si sta pagando il fatto che l’Unione europea si sta comportando da muro di gomma nei confronti dell’Italia. Ma non è una battaglia tra Bruxelles e governo italiano”, ha detto Di Maio ai microfoni di Radio Anch’io, su Rai Radiouno. “Noi vogliamo portare a casa provvedimenti come quota 100 e reddito di cittadinanza. E se la linea dell’Ue è ‘facciamola pagare agli italiani’, io non posso che andare avanti. Noi andiamo avanti compatti e gli italiani sono con noi”.
Tornando ai numeri, a destare scalpore, non è solo l’allargamento dello spread con il bund tedesco, ma anche quello con gli altri Paesi dell’Eurozona. Se infatti l’economia tedesca sembra ormai essere lontana anni luce da quella italiana, ad oggi anche tradizionali “competitor” come Spagna e Portogallo ci lasciano indietro, ampliando quel divario che fino a poco tempo fare era invece a nostro favore.
I bonos spagnoli ci distanziano di 200 punti base, livello mai raggiunto nemmeno durante la crisi del 2011, quando lo spread toccò quota 575 punti sul bund, mentre lo spread tra btp e gli Ot portoghesi è di 165 punti. Da sottolineare invece che il differenziale con la Grecia è pari a 102 punti base, tre volte in meno rispetto a quello con la Germania. Siamo ufficialmente più vicini ad Atene che a Berlino.
L’incertezza sul nostro Paese si ripercuote anche sugli altri titoli di Stato italiani. Un esempio su tutti è il Btp Italia, titolo di Stato indicizzato all’inflazione pensato proprio per veicolare il risparmio degli italiani verso i nostri bond. Dal 2012, anno della sua nascita, non aveva mai fallito un colpo. Ma la cronaca degli ultimi giorni ci racconta qualcosa di molto diverso: nella prima giornata di emissione il Btp Italia ha raccolto sottoscrizioni per 481 milioni di euro, una cifra che rappresenta un terzo di quanto il Mef aveva incassato nell’emissione precedente (maggio 2018), quando alla fine del primo giorno di offerta del titolo scadenza maggio 2026 aveva raccolto sottoscrizioni per 2,3 miliardi.
L’andamento negativo è continuato anche nella seconda giornata di emissione. A fine giornata la raccolta ammonta a 240 milioni di euro a fronte di 930 contratti contratti. Nelle emissione dello scorso maggio, nella sola seconda giornata, le richiesta del retail superarono quota 1,4 miliardi di euro. Nei primi due giorni la raccolta arriva a 720 milioni a fronte dei 3,7 miliardi complessivi incassati a maggio 2018.
Il sell off sui titoli di Stato si ripercuote poi sull’azionario, con il Ftse Italia Banche che cede il 2,61% a fronte del 1,87% del Ftse Mib. In profondo rosso i big: -5,42% per Banco Bpm, -2,81% per Unicredit, -2,46% per Intesa Sanpaolo.
“L’aumento degli spread sui titoli pubblici italiani sta avendo effetti sulle banche non solo direttamente per l’impatto sul capitale in relazione ai bond che sono nel ‘trading book’ per la vendita ma anche per la sensitività dei costi di finanziamento: ciò è particolarmente importante e penso che i supervisori debbano porre un focus importante sui piani di finanziamento delle banche per essere sicuri che siano robusti in uno scenario economico avverso”. Lo ha detto il presidente Eba Andrea Enria nell’audizione all’Europarlamento per la sua nomina a responsabile della vigilanza bancaria Bce.
Il rialzo dello spread tra l’altro, per la prima volta, si ripercuote anche sui tassi bancari relativi ai nuovi finanziamenti a famiglie e imprese. Lo segnala l’Abi nel rapporto mensile. Il tasso medio sulle nuove operazioni per l’acquisto di abitazioni secondo le stime dell’associazione, ad ottobre è risalito all’1,87% dall’1,80% di settembre, mentre il tasso medio sui nuovi prestiti alle imprese è aumentato all’1,6% dall’1,45% segnalato a settembre. “Per ora è solo un cambio di segno” commenta Gianfranco Torriero, direttore generale vicario dell’Abi, secondo il quale non si è in presenza di una brusca risalita e i prossimi mesi diranno se si è davanti a un definitivo cambiamento di rotta.
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(Ultimo aggiornamento: ore 18.07 del 20 novembre).