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Tinagli (Pd) sulle elezioni: “Europa a 2 velocità contro i veti di Visegrad”

Imagoeconomica

Non basta giocare di rimessa per difendere l’Europa dalle picconate della destra sovranista e nazionalista. Per chi sogna il rilancio e il rinnovamento dell’Europa, a partire dalle ormai imminenti elezioni per il Parlamento europeo, è tempo di gettare il cuore oltre l’ostacolo e di passare al contrattacco. E’ questo il leitmotiv della campagna elettorale per il Parlamento europeo di Irene Tinagli, economista e autrice di libri di successo sulla valorizzazione dei talenti e contro il trionfo dell’ignoranza e dell’incompetenza, già deputato nella scorsa legislatura nazionale, firmataria con Carlo Calenda del Manifesto “Siamo europei” e ora candidata del Pd nel Nord Ovest che punta ad esprimere le tendenze più innovative della società civile. “Per uscire dalla sabbie mobili dell’immobilismo e scavalcare i veti dei Paesi del gruppo di Visegrad, l’idea di un’Europa a due velocità, con l’Italia nel gruppo di testa, non può più essere un tabù” spiega la Tinagli in questa intervista a FIRSTonline. Ma oltre alla prospettiva politica generale il nuovo europeismo deve essere arricchito di contenuti che raccolgano le domande dei cittadini e che per la Tinagli sono principalmente quattro: fisco equo, lavoro equo, occupazione e innovazione. Sentiamo di cosa si tratta.

Nell’introduzione al suo ultimo libro “La grande ignoranza”, dedicato all’incredibile incompetenza in politica, Lei ha sostenuto che scrivere un libro su questa materia è il modo migliore per attirarsi ogni genere di critica. La sua campagna elettorale per il Parlamento europeo è un ottimo termometro in proposito: che cosa le sta riservando? Più dissensi o più apprezzamenti per il suo atto controcorrente? 

“Devo dire che per me questa campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo è una bella sorpresa. Incontro tanta gente che dai candidati reclama serietà e professionalità. Lo riscontro in tutte le regioni e in tutti i territori del Nord-Ovest dove sono candidata per il Pd ed è una domanda trasversale di gente di diversa estrazione sociale che confessa di essersi stufata di propaganda, veleni gratuiti, fake news e che vuole ragionare e ascoltare proposte costruttive di cambiamento, ma quello vero e non quello reclamizzato dal Governo Lega-Cinque Stelle. Finalmente la maggior parte dei cittadini mostra di comprendere perfettamente che essere rappresentati da politici seri non è un privilegio dell’elite ma un diritto, soprattutto della parte più debole della popolazione”. 

Ma lei perché ha deciso di candidarsi alle elezioni europee? E qual è  la prima cosa che vorrebbe fare al Parlamento europeo se sarà eletta? 

“Candidarsi non è una passeggiata e per chi ha un’attività professionale e una famiglia non è una scelta facile. Ma io mi sono candidata per dare un segnale di impegno civile e politico in prima persona. Non basta criticare le scelte, spesso sciagurate, del Governo, e inorridire di fronte al clima culturale regressivo che caratterizza il nostro tempo, ma è doveroso fare qualcosa di più e metterci la faccia. Per questo ho deciso di fare un passo avanti e di candidarmi. Non mi sembrava giusto tirarmi indietro: l’indignazione per la realtà che ci troviamo davanti e che sta rovinando il nostro Paese ha bisogno di accompagnarsi a una proposta di impegno costruttivo di riforma nel segno dell’Europa. Ma c’è un altro bel segnale che sta venendo fuori da questa campagna elettorale”. 

Quale? 

“La voglia e il bisogno di unità di tutto il centrosinistra. Io vengo dalla società civile e non faccio parte di nessuna corrente di partito ma trovo molto rispetto e interesse per la cultura liberaldemocratica di cui mi sento parte, come è testimoniato dalle migliaia di cittadini che hanno sottoscritto il Manifesto “Siamo europei” che ho promosso insieme all’ex ministro Carlo Calenda. E allo stesso modo ho grande rispetto per tutte le tendenze politico-culturali dell’area di centrosinistra, accomunate dalla passione e dal desiderio di riscatto per la parte più innovativa e solidale del Paese. Finalmente in questa campagna europea il centrosinistra dimostra di sapersi unire sulle cose che contano senza troppe distinzioni e di avere una grande voglia di uscire dall’emergenza in cui il Governo ha spinto il Paese. Lei prima mi chiedeva qual è la prima cosa che vorrei fare se eletta al Parlamento europeo: io mi occupo di economia e confesso che mi piacerebbe far parte delle Commissioni competenti per dare battaglia culturale e politica a viso aperto su alcuni temi chiave per il rilancio e il rinnovamento dell’economia”.

Sui programmi quali sono le sue priorità? 

“Sono quattro: un fisco equo, il lavoro equo, l’occupazione e l’innovazione nelle imprese. Soprattutto sul piano fiscale mi sembra che sia molto sentita la battaglia per un sistema equo, solidale e trasparente che cancelli i  paradisi fiscali nell’Unione Europea, stabilisca una tassa minima sotto la quale non si può andare per evitare concorrenza sleale tra le imprese europee e individui norme per contrastare l’elusione fiscale delle multinazionali del web. Mi sembra di poter dire che anche in Francia e in Spagna stanno forse maturando le condizioni per un passo avanti su questo terreno”.  

Per il lavoro equo che cosa propone? 

“Tutele comuni di base per i lavoratori dell’Unione Europea (congedi, ferie, salario minimo) per diminuire le diseguaglianze e il dumping sociale di Paesi che abbassano i costi di produzione scaricandoli su chi lavora. Non mi convincono invece le ipotesi di sussidio universale europeo, mentre trovo molto interessanti e ragionevoli le proposte già avanzate dall’ex ministro Pier Carlo Padoan per la costituzione di un Fondo Europeo per sostenere gli investimenti orientati all’occupazione, alle politiche attive, alla formazione e all’occupabilità dei giovani nei momenti di crisi occupazionale. Insomma, abbiamo fatto il Fondo Salva-Stati e ora dobbiamo fare il Fondo Salva-Lavoro”. 

Infine c’è la questione delle imprese e dell’innovazione: le sue proposte quali sono? 

“Penso che si debba principalmente rafforzare la politica industriale europea, spingendo su investimenti, innovazione e ricerca per fronteggiare la concorrenza di giganti come la Cina. Ma occorre anche facilitare l’accesso delle piccole e medie imprese ai fondi europei, troppo spesso non spesi e non utilizzati e non sempre per colpa loro: la burocrazia è troppo pesante”. 

Al di là dei singoli punti programmatici, qual è l’idea di Europa che lei porta avanti contro il sovranismo ma anche contro un’Europa burocratica e lontana dai popoli? 

“E’ l’idea di un’Europa più unita e più coraggiosa sulle politiche chiave di modernizzazione, sviluppo e sicurezza del Continente. E’ ora che l’Europa osi di più ed esca dall’immobilismo decidendo a maggioranza sulle riforme e aggirando i veti di quei Paesi – soprattutto del blocco di Visegrad – che hanno ricevuto molti fondi dall’Unione Europea ma si oppongono in tutti i modi all’avanzamento dell’unità politica dell’Europa. Su questo punto bisogna essere molto chiari e io dico senza timidezze che l’idea di un’Europa a due velocità, in cui l’Italia sia nel gruppo di testa insieme ai Paesi fondatori, non può più essere un tabù e che non è tollerabile che alcuni Paesi condannino l’Unione a una condizione di stallo perenne”. 

Il Pd, nelle cui liste Lei è candidata, dice che in Europa serve un fronte riformatore ed europeista largo che va Macron a Tsipras ma in concreto che politica delle alleanze praticherete nel Parlamento Europeo? Vi alleerete con i socialisti o con Macron o deciderete, volta a volta, sui contenuti con una strategia delle alleanze a geometria variabile? 

“Credo che si possa puntare a un’alleanza larga che raccoglie i partiti storici del centrosinistra, il gruppo di Macron e i liberaldemocratici dell’Alde purchè siano chiari gli obiettivi di sviluppo, di riforma e di avanzamento del processo europeo”. 

Ma, secondo lei, che politica economica europea si prospetta se vincerà il sovranismo e quale se sarà invece confermato l’asse Popolari-Socialisti? 

“Se malauguratamente dovessero vincere i sovranisti, che sono contrari alla solidarietà sia sul piano economico che dei diritti civili e sociali, trionferebbero il rigorismo e l’austerità più dura, con buona pace di tutte  le illusioni della Lega e di Salvini, oltre che dei Cinque Stelle. Se al contrario vincerà lo schieramento di centrosinistra penso che si potrà adottare una politica economica più flessibile e più orientata a uno sviluppo razionale basato sugli investimenti e sull’innovazione”. 

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