L’avevano detto e l’hanno fatto. Dopo la bocciatura in primo grado, Vivendi – il principale azionista di Tim con il 23,75% dei diritti di voto – ha presentato ricorso contro la decisione del tribunale di Milano che aveva respinto il suo tentativo di bloccare l’operazione da 22 miliardi di euro con Kkr e il governo italiano. Secondo Reuters, il ricorso sarebbe stato depositato all’inizio di febbraio. La notizia manda il titolo di Tim in picchiata a Piazza Affari, con un calo di oltre il 3,5%, scivolando a 0,26 euro per azione.
Mentre la battaglia legale entra in una nuova fase, un altro attore chiave si fa strada: Poste Italiane. Con una partecipazione del 9,8%, l’ente postale ha già avviato un dialogo con il gruppo di Vincent Bollorée potrebbe aumentare la sua quota in Tim, superando il 10%, per consolidare la sua posizione strategica e giocare un ruolo fondamentale nel futuro della società.
Vivendi vs Tim: il braccio di ferro continua
La storia è nota: Tim ha venduto la sua rete fissa a Kkr, colosso americano del private equity, con un’operazione da 22 miliardi di euro finalizzata nel luglio 2024. Un affare che ha ricevuto il benestare del governo italiano, che ha acquisito il 16% della rete considerandola un’infrastruttura strategica, ma ha anche inasprito i rapporti con i francesi, che ora valutano la possibilità di uscire dalla compagine azionaria.
La holding di Vincent Bolloré non ha mai digerito l’operazione. Già a dicembre 2023 si era rivolta al tribunale di Milano per contestare la decisione del Cda, sostenendo che la vendita andava sottoposta al voto degli azionisti.
La bocciatura in primo grado
A gennaio 2024, però, il tribunale ha respinto il ricorso del colosso francese, sostenendo che il gruppo francese non aveva le basi legali per opporsi all’operazione. Due i motivi principali:
- Vivendi non ha mai convocato un’assemblea degli azionisti dopo la decisione del Cda, pur avendone il diritto.
- Non ha mai dichiarato esplicitamente di voler votare contro la vendita della rete durante il procedimento.
Secondo i giudici, quindi, Vivendi non può lamentarsi di una decisione che non ha formalmente tentato di ostacolare.
Il ricorso in appello: il nuovo round di Vivendi
Per ribaltare la sentenza, la holding francese ha presentato ricorso in appello a inizio febbraio. Secondo quanto riportato da Reuters, tra gli argomenti chiave sollevati dai francesi c’è il diritto di recesso: secondo il gruppo, non solo gli investitori contrari alla vendita, ma anche quelli che non hanno votato a favore o che non hanno partecipato all’assemblea avrebbero dovuto poter vendere le proprie azioni all’ex monopolista delle telecomunicazioni.
L’obiettivo di Vivendi è chiaro: ottenere un pronunciamento che rimetta in discussione la validità della delibera del Cda di Telecom Italia, mettendo così in discussione la cessione di Fibercop e cercando di riprendere un ruolo attivo nella gestione dell’operatore telefonico.
Tim e Vivendi restano sulle loro posizioni
Dal canto suo, Tim ha sempre difeso la regolarità dell’operazione, sostenendo che il Cda avesse piena autorità per decidere sulla vendita senza bisogno di un voto assembleare. Nessun commento ufficiale è arrivato da parte dell’azienda sul ricorso in appello.
Anche il gigante francese ha preferito non rilasciare dichiarazioni dirette, rimandando a una nota del 14 gennaio in cui aveva già annunciato l’intenzione di contestare la sentenza del tribunale di Milano.
Tim, l’assemblea slitta a giugno: più tempo per trattare con Vivendi
L’assemblea ordinaria degli azionisti di Tim, inizialmente prevista per il 10 aprile, è stata rinviata al 24 giugno, dando così alla compagnia due mesi in più per affrontare le delicate trattative con i francesi. Il rinvio dell’assemblea, che avrà comunque il suo punto di discussione cruciale sul bilancio 2024 nella riunione del 5 marzo, offre al board della telco italiana più tempo per riorganizzare il dialogo con i soci, in particolare con Vivendi, e rinegoziare temi delicati come le politiche di remunerazione e l’approvazione dei conti, ma anche per evitare che la battaglia legale in corso danneggi irreparabilmente la stabilità aziendale. In questo contesto, Poste Italiane, con la sua partecipazione del 9,8% (e potrebbe salire ancora), sta guadagnando un ruolo sempre più rilevante, cercando di influenzare le dinamiche di governance e rafforzare la propria posizione nella strategia futura di Tim.