X

Tim, tre incognite per l’Opa ma la contro-Opa è improbabile: ecco perchè

L’Opa su Tim, che fa sognare i mercati finanziari, diventerà realtà o resterà un progetto chiuso in un cassetto? Per saperlo bisognerà attendere almeno tre risposte che per ora sono solo in mente dei e che arriveranno solo nel 2022. Ma, come vedremo, una certezza alla rovescia c’è già. Cominciamo però dalle incognite da cui dipende il futuro dell’Opa.

La prima incognita riguarda la disponibilità del fondo americano KKR, che l’ha ipotizzata, a scendere concretamente in campo lanciando formalmente l’offerta di acquisto sul 100% delle azioni della maggior compagnia telefonica italiana, dopo aver preliminarmente sondato i vertici della stessa Tim, il Governo Draghi e le Authority e dopo aver condotto la due diligence. La seconda riguarda gli orientamenti di Tim, che ieri ha avviato la pratica con la prima riunione del Comitato ad hoc presieduto da Salvatore Rossi e che deve scegliere gli advisor che l’assisteranno nella valutazione dell’offerta americana che, in ultima analisi, sarà rimessa alle decisioni del Cda. La terza questione, da cui dipende il futuro dell’Opa, riguarda l’atteggiamento del Governo che valuterà l’offerta americana, qualora si materializzi effettivamente, alla luce di tre condizioni imprescindibili e cioè la sicurezza della rete, la sicurezza delle tecnologie e la sicurezza dell’occupazione e che, in ultima analisi, dovrà stabilire se ricorrere o meno al Golden power.

La strada dunque è lunga e solo alla fine si saprà se sarà Opa oppure no. Ma una cosa è certa ed è quella messa in evidenza ieri sul Sole 24 Ore da un’acuta analisi di Alessandro Graziani. L’Opa americana ha certamente molti ostacoli davanti a sè, ma tra questi non c’è quello della liquidità. KKR ha risorse in abbondanza per affrontare la conquista di Tim. In primo luogo può contare su una lettera di credito da 45 miliardi (!) di dollari garantita da JP Morgan, una delle più grandi banche americane e mondiali che in Europa e in Italia è rappresentata dall’ex ministro dell’Economia Vittorio Grilli e che è stata la prima a scendere in campo al fianco di KKR. Ma a sostegno dell’offerta di KKR ci sono anche altri due colossi bancari a stelle e strisce come Citigroup e Morgan Stanley (che in Italia è rappresentata da un altro ex ministro del Tesoro come Domenico Siniscalco), mentre – sostiene Il Sole – se dovessero decidere di entrare nella partita anche Bank of America e Goldman Sachs “difficilmente si schiereranno contro KKR”. Per tante ragioni.

E qui il cerchio si chiude e non sembra esserci più lo spazio per una contro-Opa su cui sono corse tante voci ma incontrollate in questi giorni. Per un motivo molto semplice, e cioè perchè una contro-offerta richiederebbe risorse finanziarie smisurate, a partire da una lettera di credito iniziale di almeno 50 miliardi di dollari che non si vede chi possa mettere in campo, assodato che le maggiori banche americane sono già tutte dalla parte di KKR o, al massimo, resteranno neutrali. In teoria, conclude Graziani dopo aver sondato diversi analisti, ci sarebbero le banche europee, che però hanno dimensioni molto inferiori alle rivali americane e che, per attivare una potenza di fuoco in grado di controbilanciare i colossi bancari americani, dovrebbero dar vita a un pool di almeno 10 istituti.

Ma chissà che, sotto la spinta dell’Opa, non nasca un generale riassetto di Tim con la separazione tra rete e servizi e il rilancio della rete unica versione Ue con Open Fiber targata Cdp in campo.

Related Post
Categories: Commenti