In casa Tim la sensazione è di leggerezza. Oggi primo luglio, con la firma a Milano presso lo studio del notaio Carlo Marchetti, la società che era stata il monopolio in Italia si separerà dall’intera rete, ossia la struttura sia primaria sia secondaria, delle linee telefoniche e dei cavi di fibra ottica per la trasmissione dati del nostro Paese. E’ la prima prima compagnia telefonica europea a farlo.
Tim completa così oggi con il fondo Kkr la cessione di NetCo a Optics BidCo per 22 miliardi di euro. Senza rete, “saremo liberi di competere”, ha detto l’ad Pietro Labriola (nella foto, ndr). Nei piani di Labriola la vendita della rete significa di punto in bianco un debito più leggero di 14 miliardi. Ma per l’ad ciò significherà anche avere maggiore flessibilità commerciale per competere nel mercato dei servizi retail e per esplorare nuove opportunità di M&A e partnership. Il Consiglio di amministrazione di Tim si riunirà il 31 luglio per esaminare i dati pre-consuntivi al 30 giugno.
Il nuovo corso di FiberCop: alla guida l’ex Ferrovie Ferraris
Da oggi ventimila dipendenti dell’ex monopolista del telefono non lavoreranno più per Telecom Italia, ma per una società nata tre anni fa, FiberCop, per acquisire la rete secondaria di Tim, quella che dallo sportello su strada arriva al salotto di casa. Sarà guidata da Luigi Ferraris, dopo l’uscita da Ferrovie dello Stato al cui timone è stato appena nominato Stefano Donnarumma. Alla presidenza di Netco, Massimo Sarmi, attuale presidente di Fibercop oltre che di Asstel, l’associazione di Confindustria che rappresenta il mondo delle Tlc. Oggi un’assemblea e un cda provvederanno a nominare i vertici. La sede legale di FiberCop sarà a Milano, in via Giacosa. “Per me come per altri colleghi inizia un nuovo corso in FiberCop” ha detto una dipendente, per sottolineare il passaggio storico. “Un cambiamento che fa storia nelle telecomunicazioni”.
A FiberCop – controllata appunto dall’americano Kkr e partecipata dal Tesoro (fino al 20%) oltre che da F2i (10% circa) e da alcuni coinvestitori del fondo Usa – oggi sarà conferita anche la rete primaria. Di questa venderà all’ingrosso l’accesso a tutti gli operatori, Tim inclusa. Nei programmi futuri c’è la fusione con Open Fiber per creare la rete unica che nel giro di qualche anno dovrebbe anche quotarsi in borsa.
Tim agirà come società commerciale per privati e aziende
Tim, invece, resterà con circa 16.500 dipendenti, agirà solo come una società commerciale di servizi Internet e telefonia mobile per clienti privati e piccole aziende (Consumer) e servizi di connettività, cloud e sicurezza informatica per le grandi aziende (Enterprise) e continuerà ad avere il controllo di Tim Brasil.
In capo a Tim, presieduta dopo il recente rinnovo del consiglio da Alberta Figari, e guidata da Pietro Labriola, resterà anche una parte dell’infrastruttura: la dorsale (il cosiddetto backbone), i 16 data center e la rete mobile.
Nel futuro di Tim
Il traguardo che sarà tagliato oggi, con lo spin-off della rete e la sua vendita, pareva irraggiungibile, dopo i tanti tentativi andati a vuoto e gli ostacoli frapposti da Vivendi, il primo azionista francese (con il 23,75%) di Tim, che contesta, anche in tribunale, le modalità con cui è avvenuta la cessione della rete. Il futuro di Tim sarà nel prossimo risiko di un settore molto maturo che oggi ha anche troppi concorrenti.
Il mercato vede due possibili obiettivi per Tim: Iliad (che però sembra indossare più i panni del cacciatore che della preda) o Poste Mobile. Anche Enterprise potrebbe espandersi con acquisizioni mirate nel cloud, nell’Internet delle cose, nella cybersicurezza. Nel frattempo, Labriola dovrà lavorare per convincere il mercato, dopo aver rinviato al 2026 il ritorno alla produzione netta di cassa. Per ora il titolo in borsa resta fermo tra i 12 e i 13 centesimi. Stamane in borsa sale dell’1,50% come il resto del mercato.
Resta aperta la partita di Sparkle
Se l’obbiettivo è solo la riduzione del debito, in effetti ci sarebbe un altro asso da giocare: la vendita di Sparkle, la società dei cavi sottomarini internazionali, per cui c’è in pista una cordata composta dal fondo spagnolo Asterion e dal Tesoro che potrebbe presentare una nuova offerta entro il mese. La valutazione è vicina agli 800 milioni di euro attesi da Tim. La precedente offerta di 650 milioni di euro era stata ritenuta insoddisfacente. Tim vuole anche vendere anche la partecipazione residua del 3% in Inwit, la società delle torri di trasmissione, che dovrebbe fruttare intorno ai 300 milioni.