Rete unica, riduzione del debito, valorizzazione degli assets. La lunga giornata di Tim, con la presentazione del piano per la “dis-integrazione” verticale che divide il gruppo in due entità – la NetCo con la rete fissa e la ServiceCo con tutto il resto – è finito e scendono i riflettori accesi sulla società sin dalle prime ore di giovedì 7 luglio, giorno dell’atteso Capital Market Day. Un appuntamento finalizzato a spiegare le opzioni aperte dalla grande riorganizzazione di Tim e a riconquistare la fiducia del mercato (+0,8% a fine pomeriggio).
La rete unica con Open Fiber è l’opzione prioritaria, spiega agli analisti e ai giornalisti l’Ad Pietro Labriola affiancato dal Cfo Adrian Calaza, ma se fallisse c’è anche un piano B con la vendita di NetCo ad un’operatore finanziario. È il capitolo su cui maggiormente insistono gli analisti nel tentativo di capire l’esito della trattativa in corso con Cdp, Macquarie e Kkr. Vediamo ora punto per punto le comunicazioni del management al mercato.
Tim e la rete unica: accordo o vendita
”Le interlocuzioni ora continuano, ci sono piccole discussioni su elementi minori che non modificano negoziato. Stiamo attraversando un processo di compliance, ma comunque il processo sta continuando. L’obiettivo rimane arrivare alla firma di accordi vincolanti entro il 31 ottobre 2022”. Cosi Pietro Labriola spiega lo stato dell’arte, ammettendo che qualche piccolo ritardo c’è stato ma che la trattativa va avanti e i tempi sono confermati.
La combinazione con Open Fiber rimane, per la separazione della rete Tim, “l’opzione prioritaria per sbloccare considerevoli sinergie e consentire la piena valorizzazione della rete”, si legge nel piano. Opzione che resta in piedi “solo se eseguita a condizioni vantaggiose sia per i detentori di azioni che per i detentori di debito. In caso di mancato perfezionamento dell’operazione, le opzioni alternative potrebbero comprendere, tra le altre, la potenziale cessione ad investitori del mercato privato, vista la comprovata propensione attualmente manifestata per tale asset classe o una separazione strutturale”. Il piano B non esclude dunque un M&A e l’Ad Labriola accenna esplicitamente alla possibilità di vendere la rete ad un partner finanziario. D’altronde tutto il piano Tim è stato presentato dopo che Kkr ha messo sul piatto l’ipotesi di un Opa, ora tramontata, ma pur sempre indice di interesse per il network.
Con la separazione verticale, 11 miliardi di debito passano alla rete
Con il deconsolidamento del debito, legato all’abbandono del modello di integrazione verticale attuale, circa 11 miliardi seguirebbero NetCo e verrebbero deconsolidati dal bilancio Tim.
È realistica la valutazione di 31 miliardi circolata come valorizzazione della NetCo (debiti inclusi) pretesa dall’azionista Vivendi? A questa domanda Labriola non ha voluto rispondere per non svelare le carte del negoziato in corso, ha detto, ma ha precisato che la valorizzazione deve tenere conto di numerosi fattori, tra cui ad esempio, l’introduzione di una Rab per valutare l’infrastruttura.
Scissione oppure carve out degli asset? “La scissione non è la strada maestra, teniamo vari scenari aperti a seconda di come procede la trattativa per avere un maggior margine di negoziato”, è stata la risposta del manager.
Confermata la data dal 31 ottobre 2022 come deadline per la trattativa con Cdp in base all’attuale memorandum of understanding, i tempi di realizzazione della divisione nelle varie business unit è di 15-18 mesi.
Tim si fa in quattro, i grandi clienti saranno trainanti
Per Tim Enterprise (grandi clienti e Pubblica amministrazione più Noovle, Telsy e Olivetti) è prevista una forte crescita dei ricavi dai 3 miliardi di oggi ai 5 miliardi nel 2030 una volta che la riorganizzazione sarà completata. Porte aperte per nuovi soci, Tim Enterprise è segnata nel piano presentato al Capital Market Day 2022 come papabile per M&A.
Per Tim consumer (clienti domestici, Pmi, rete mobile) si tratta invece di stabilizzare i ricavi a quota 6,5 miliardi nel 2030. “In Italia abbiamo i prezzi, sia sul fisso che sul mobile, più bassi d’Europa. Occorrerà valutare un modello di business sostenibile nel medio-lungo periodo”, ha auspicato l’Ad, con l’occhio rivolto all’Authority di settore e alla necessità di riequilibrare il rapporto consumatori-operatori. Khera e Timvision rientraranno in Tim Consumer. La terza costola di ServiceCo è Tim Brasil da cui il management si attende una forte crescita di valore in termini di Ebitda.
La riorganizzazione, nella visione del management Tim, dovrà portare più efficienza nelle singole attività – in particolare Consumer. Per ora il gruppo conferma l’uscita di 5-6 mila persone ex articolo 4 legge Fornero (lo stesso utilizzato finora per favorire gli esodi) al 2024.