Tim comincia a vedere il traguardo della complessa riorganizzazione del gruppo sotto la guida del nuovo Ad, Pietro Labriola, che pensa di separare la rete dalle attività commerciali. Il piano di riorganizzazione, che rappresenta l’alternativa industriale al progetto di Opa di KKR, ormai tramontato, sarà presentato il 7 luglio, in occasione del Capital Market Day. Più dei conti della trimestrale, approvati ieri, è questa la novità principale emersa dall’ultima riunione del Cda.
Prima di arrivare al riassetto, Tim dovrà però superare gli ultimi ostacoli per firmare l’accordo con Cdp per la realizzazione della rete unica con Open Fiber e soprattutto convincere il fondo KKR, che possiede il 37,5% di Fibercop (la rete secondaria di Tim), a sottoscrivere l’intesa commerciale per la condivisione delle infrastrutture di rete con Open Fiber nelle cosiddette aree bianche.
L’accordo negoziato tra Tim e Open Fiber prevedeva un canone di circa 200 milioni (190 euro a palo per oltre un milione di pali), da pagare nell’arco di un quinquennio. Con questi pagamenti, Open Fiber risparmierebbe investimenti inutili (dato che costruire un palo da zero costa circa 300 euro) e dividerebbe con Tim anche i costi delle manutenzioni future. Anche per Tim si tratta di ricavi in più e costi in meno.
Kkr avrebbe però contestato durata e valore del canone: se venisse pagato in due anni, permetterebbe a Fibercop di ottenere un extra ritorno, e quindi di distribuire subito un dividendo anche a Kkr; in 5 anni, invece, servirebbe a finanziare gli investimenti. In teoria, Kkr ha potere di veto, ma difficilmente uscirebbe vincitrice da un eventuale arbitrato. Solo che per Tim il tempo è denaro: per questo già domani la società e il fondo Usa dovrebbero incontrarsi per cercare un accordo.
Tim: i conti del primo trimestre
Intanto, Tim archivia il primo trimestre con ricavi pari a 3,6 miliardi di euro, in calo del 2,3% su anno. L’ebitda si è fermato invece a 1,3 miliardi (-13,4%); quello della Business unit domestic è pari a un miliardo di euro (-18,3%), mentre quello di Tim Brasil si attesta a 0,4 miliardi di euro (+5,1 per cento). La perdita del periodo attribuibile ai soci della controllante ammonta a 204 milioni di euro, in lieve miglioramento rispetto al rosso da 228 milioni del primo trimestre 2021.
Il risultato dei ricavi è in linea con le attese del consensus degli analisti, mentre la marginalità è leggermente migliore (la flessione prevista era del 14%). L’andamento dei ricavi e dell’Ebitda organico del trimestre, specifica la nota Tim, è in linea con le previsioni del piano industriale per l’esercizio 2022.
L’indebitamento finanziario netto after lease al 31 marzo si attesta a 17,7 miliardi di euro, in aumento di 1,1 miliardi di euro su anno e di 0,1 miliardi di euro rispetto al 31 dicembre 2021.
L’indebitamento finanziario netto, invece, è pari a 22,6 miliardi di euro, 1,5 miliardi in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso e mezzo miliardo in più rispetto al 31 dicembre 2021. Infine, l’Equity free cash flow è positivo per 123 milioni di euro su base after lease (301 milioni di euro l’equity free cash flow).
Dopo la presentazione dei conti l’Ad Labriola ha incontrato i manager di Tim a cui ha rimarcato l’importanza di creare “un ecosistema favorevole al Piano”,
Secondo Labriola, la trimestrale, che mostra dei “segnali positivi” come quelli in arrivo dal Brasile e da alcuni trend in miglioramento, “non esprime ancora” il valore del gruppo, che potrà “emergere pienamente dal Piano che prevede la focalizzazione su 4 business distinti”: il Network, la Consumer con Small & Medium business, l’Enterprise e il Brasile.