Il Cda straordinario di Tim “ha preso atto della intenzione di Kohlberg Kravis Roberts & Co. L.P. (“KKR”), allo stato “non vincolante e indicativa” (“non-binding and indicative”), di effettuare una possibile operazione sulle azioni di TIM attraverso un’offerta pubblica di acquisto sul 100% delle azioni ordinarie e di risparmio della Società, volta al delisting (la “Manifestazione d’Interesse”)”. Prezzo indicativo proposto dal fondo americano, interamente per cassa: 50,5 centesimi per azione contro i 34,65 centesimi raggiunti dalla società telefonica in Borsa venerdì scorso, spinta al rialzo dai rumors e dalle aspettative su operazioni in corso sul titolo. A fine operazione, se andrà in porto, è previsto il delisting.
Il comunicato di Tim arriva nella serata di domenica 21 novembre, dopo circa 4 ore di riunione del Cda, e toglie ogni incertezza sulle voci e le anticipazioni che si rincorrevano già da qualche giorno. Il Fondo Kkr, colosso della finanza Usa con 400 miliardi di dollari in gestione, ha già investito 1,8 miliardi in FiberCop (controllata dal Tim al 58%), la società per la rete in fibra in cui sono entrati anche Fastweb e Tiscali.
Ora è tornato alla carica con una manifestazione di interesse che, precisa ancora il comunicato diffuso da Tim, è “basata su informazioni di pubblico dominio e sarebbe soggetta alla condizione del raggiungimento della soglia di adesione minima del 51% del capitale sociale di entrambe le categorie azionarie.”
Il Fondo Usa KKr ha presentato come “amichevole” la sua proposta al Cda Tim e finalizzata ad ottenere il consenso degli amministratori e il supporto del management. Gli americani la condizionano allo svolgimento di una due diligence confirmatoria della durata di quattro settimane ma soprattutto al gradimento del governo che potrebbe impugnare il “golden power” a difesa di un asset considerato strategico.
Si aprono ora innumerevoli scenari, tutti aperti. Da un lato Vincent Bolloré, primo azionista di Tim tramite Vivendi con una quota del 23,5% potrebbe muoversi con una controcordata sia per alzare il prezzo dell’Opa che per conservare un asset pagato ben più di quanto offre Kkr. A questo proposito si parla di contatti con di Vivendi con il fondo Cvc e con la consulenza dell’ex Ad di Tim, Marco Patuano.
Un altro scenario potrebbe essere quello di portare ad un tavolo i diversi protagonisti della contesa su Tim, primo fra tutti Cassa Depositi e Prestiti. Cdp ha una quota del 10% ed è diventata l’azionista di controllo di Open Fiber, la società per la fibra ottica da cui Enel è uscita lasciando il 40% al fondo Macquarie. Si potrebbe così profilare un ritorno dello Stato finalizzato al controllo della rete in fibra (qualcosa di simile al modello Terna?) e alla cosiddetta rete primaria di Tim (l’ultimo miglio in rame) oltre che di Sparkle (collegamenti con l’estero). Un’operazione sulla quale vigilerà comunque anche l’Europa: la Ue, proprio nei giorni scorsi, ha dato il via libera al riassetto del capitale Open Fiber purché non si parli di rete unica sotto il controllo Tim. I giochi sono dunque più che mai aperti.