Continua la scalata della Cassa depositi e prestiti nel capitale Tim: la sua quota adesso arriva a sfiorare il 10%. Nella giornata di venerdì 15 marzo Cdp ha comunicato alla Sec di aver acquistato altre azioni e di detenere il 9,8% del capitale della prima compagnia telefonica italiana. La mossa era attesa dai mercati, che si aspettavano un’ulteriore ascesa entro il 20 marzo, dopo che venerdì scorso, 8 marzo, Cdp era già passata dal 7,1 all’8,7%. Quando mancano due settimana all’importante assemblea di Telecom Italia, e mentre si arroventa il clima di tensione tra i due azionisti rivali, i francesi di Vivendi e il fondo americano Elliott, Cassa depositi e prestiti assume sempre di più un ruolo da ago della bilancia e da pacificatore all’interno del complesso azionariato del gruppo tlc. In gioco c’è il riequilibrio del board nella prossima assemblea, con la conferma di Luigi Gubitosi nel ruolo di ad mentre resta incerta la presidenza della compagnia telefonica.
Cdp ha dunque raddoppiato la sua quota di partecipazione rispetto all’assemblea dello scorso anno, quando deteneva il 4,9%. Lo scopo dell’azione del nuovo amministratore delegato Fabrizio Palermo, nominato dal Governo nel 2018, è chiara ed è coerente non solo con la funzione della Cassa, che punta a modernizzare il Paese rafforzando la dotazione di reti e infrastrutture, ma con la strategia indicata nel nuovo piano industriale che guarda con favore alla creazione di una rete unica per le tlc, peraltro ben vista anche dall’attuale esecutivo. Essendo azionista di spicco di Tim ma anche di Open Fiber, dove detiene il 50% e che controlla insieme ad Enel, la Cassa depositi e prestiti è oggi nelle condizioni di poter favorire l’avvicinamento tra le due società in funzione della realizzazione della rete unica o per lo meno di una stretta collaborazione sugli investimenti e sulla loro presenza commerciale sul mercato.
Per il nuovo corso della Cassa, dopo il lancio del nuovo piano industriale e la vittoria delle nomine in Fincantieri, Snam e Italgas nel segno della continuità, la pax telefonica in funzione della rete unica coronerebbe il suo rafforzamento nel rispetto dell’autonomia del gruppo da tutte le pressioni politiche e nell’affermazione di un ruolo di sviluppo nell’economia italiana lontano dalle nostalgie dell’Iri e ancor più della Gepi.