Apertura in ribasso per le Borse asiatiche, frenate da un nuovo segnale d’allarme sullo stato di salute dell’economia cinese. Perdono colpi sia l’indice Csi di Shanghai e Shenzhen (-0,7%) che Hong Kong (-1,4%). Variazioni negative inferiori all’1% anche per le Borse della Corea del Sud, dell’Australia e dell’India, dove le vendite di auto nel 2018 hanno superato il dato della Germania. Assente Tokyo, chiusa per festività.
Deboli anche i future sui mercati europei (-0,8% Londra) e Wall Street (-0,4% l’S&P 500).
La valuta cinese, arrivata sui massimi degli ultimi tre mesi rispetto al dollaro già alla fine della scorsa settimana, si apprezza a 6,75. L’euro è poco mosso stamane a 1,147 su dollaro.
Il petrolio brent è tornato stamane sotto i 60 dollari il barile a quota 59,9 dollari (-1%).
MADE IN USA: A DICEMBRE CROLLANO GLI ACQUISTI CINESI (-36%)
L’export di Pechino ha chiuso il 2018, con un aumento a una sola cifra (+9,9%), con un forte calo degli scambi registrato a dicembre sia nell’export (-4,4%) che nell’import (-7,6%), molto peggio delle previsioni. In caduta libera, in particolare, gli acquisti del made in Usa: -35,8%, a conferma che la frenata dell’iPhone è solo la punta dell’iceberg della crisi provocata dai dazi, destinata comunque a peggiorare nei prossimi mesi, dicono gli esperti.
Nel 2019, infatti, è cresciuto l’attivo commerciale nei confronti di Washington: 323,23 miliardi di dollari, record dal 2006, contro i 275,81 miliardi di un anno fa, grazie a un’inattesa tenuta (+9,9%, record storico) dei commerci cinesi fino all’autunno, per l’accelerazione degli acquisti prima dell’entrata in vigore dei nuovi dazi Usa. Ma a dicembre c’è stata l’inversione di tendenza (-3,5% dell’import), in linea con la frenata dell’economia: Pechino ha ridotto nella forchetta 6-6,5% le stime del Pil per il 2019, in calo rispetto al 6,6% dell’anno passato, il dato più basso degli ultimi 28 anni. In caduta libera anche gli investimenti cinesi negli States: -84%.
CITIGROUP DÀ IL VIA ALLE TRIMESTRALI USA
La stagione delle trimestrali Usa debutterà stasera con i conti di Citigroup, per proseguire domani con quelli di JP Morgan e Wells Fargo. Mercoledì toccherà a Goldman Sachs e a Bank of America. Al di fuori del settore bancario, i riflettori saranno concentrati su Netflix (giovedì), in attesa di un nuovo rally degli abbonamenti.
L’appuntamento è atteso, stavolta, con una trepidazione particolare da Wall Street: gli utili dovrebbero registrate un’ascesa media del 6,5%, secondo gli analisti, assai meno del 23,5% segnalato un anno fa in coincidenza con gli sgravi della riforma fiscale.
Intanto il blocco dell’attività del governo federale è arrivato al giorno 23.
GIORGETTI: “NON ESCLUDO UN INTERVENTO IN MPS”
Anche in Italia l’evento clou della giornata riguarda un avvenimento di mercato: l’osservata numero uno sarà Tim. Oggi è in programma il Cda dell’azienda con al centro il nuovo scontro tra Vivendi ed Elliott e in particolare la richiesta dei francesi di convocare anticipatamente un’assemblea per permettere di dare l’incarico ai nuovi revisori e per sottoporre ai soci la richiesta di revocare 5 consiglieri (Fulvio Conti, Alfredo Altavilla, Massimo Ferrari, Dante Roscini, Paola Giannotti de Ponti) e nominare al loro posto Franco Bernabè, Rob van der Valk, Flavia Mazzarella, Gabriele Galateri e Francesco Vatalaro.
Da seguire l’audizione di Giovanni Tria sul decreto Carige. Nell’intervista di ieri del Corriere della Sera, il ministro dell’Economia sostiene che l’Italia non si sta avviando alla recessione, bensì alla stagnazione. Questo vuol dire che Tria si aspetta per il quarto trimestre una variazione del Pil piatta. Il dato sarà pubblicato il 31 gennaio.
Intanto Giancarlo Giorgetti, sottosegretario leghista a Palazzo Chigi, non esclude un nuovo intervento su Mps “nelle prossime settimane”.
Sul fronte politico, dovrebbe arrivare in settimana in Consiglio dei ministri il “decretone” su reddito di cittadinanza e quota 100. In Parlamento è atteso in Senato l’ok al decreto semplificazioni.
BREXIT, VIGILIA DI FUOCO ANCHE PER LA STERLINA
In Europa i riflettori sono concentrati sulla Brexit. Domani si terrà ai Comuni il voto sul piano concordato da Theresa May con Bruxelles per la separazione consensuale. In caso di bocciatura, la Premier avrà a disposizione solo tre giorni per la presentazione di un piano B. Secondo un sondaggio di Bloomberg, May ha solo il 15% di possibilità di far passare la sua proposta di accordo, mentre un secondo referendum è dato al 25%. Secondo gli analisti questa opzione potrebbe portare la sterlina ai massimi dal maggio scorso, mentre un no-deal la farebbe crollare ai minimi dal voto pro-Brexit del 2016.
Oggi usciranno i dati sulla produzione industriale europea: probabile una conferma della battuta d’arresto registrata in Francia, Germania e Italia.
È prevista anche la pubblicazione dell’indagine di Bankitalia sulle aspettative di inflazione e crescita in Italia.