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Tim: Cassazione boccia il ricorso Consob. Vivendi non ha il controllo di fatto

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La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso della Consob e confermato che Vivendi, primo azionista di Tim, non ha il controllo di fatto sul gruppo guidato da Pietro Labriola. Una decisione, datata 11 ottobre, ma che è stata pubblicata solo oggi, mercoledì 25 gennaio.

Il ricorso della Consob

La Consob aveva fatto ricorso contro la decisione del Consiglio di Stato che aveva annullato, su ricorso di Tim e Vivendi, la deliberazione della Commissione che qualificava il rapporto partecipativo di Vivendi in Telecom Italia in termini di controllo di fatto. A sua volta, il Consiglio di Stato aveva annullato la decisione del Tar che dava invece ragione alla Consob.

Ma facciamo un passo indietro. Tutto inzia nel giugno del 2015, quando Vivendi entra nel capitale di Tim con una quota iniziale del quasi 7%. Partecipazione che nel tempo è incrementata fino ad arrivare a quasi il 24%. Secondo la Consob, Vivendi aveva un controllo di fatto di Tim. Non a caso nella riunione del 13 settembre 2017 il socio francese era riuscito a nominare la maggioranza dei consiglieri dell’ex monopolista.

Vivendi non ha il controllo di fatto di Tim: la decisione della Cassazione

Secondo la Cassazione “non vi è stata alcuna creazione di norme inesistenti né alcuna ingerenza nella sfera della discrezionalità riservata all’organo amministrativo essendosi il Consiglio di Stato limitato ad individuare le ragioni giuridiche che imponevano di applicare alla fattispecie i principi giuridici in materia di consultazione pubblica e partecipazione procedimentale con ciò non esorbitando dal proprium della funzione giurisdizionale”.

Inoltre, “il ragionamento parte dal presupposto che un’autorità indipendente quale la Consob è attributaria di ampi poteri, caratterizzati da un grado di discrezionalità (sia essa amministrativa o tecnica) piuttosto elevato e che ciò impone il conferimento dei poteri medesimi a mezzo di disposizioni normative non formulate con un grado di eccessivo dettaglio “.

Questa ampiezza di poteri, “determina in sé quella che il giudice amministrativo ha definito una ‘dequotazione’ del principio di legalità sostanziale. Quest’ultimo, cioè, benché parzialmente vulnerato, non viene del tutto pretermesso: lo specifico potere implicito individuato viene ritenuto legittimo e ammissibile in quanto elemento e condizione di effettività dell’esercizio di una funzione espressamente attribuita, a sua volta strumentale al conseguimento delle finalità individuate dalla legge. Ed allora, ad avviso del Consiglio di Stato, a fronte di tale ‘dequotazione’, occorreva fare applicazione delle garanzie relative alla consultazione pubblica ed alla partecipazione al procedimento previste in via generale e idonee, nello specifico, a compensare quel vulnus al principio di legalità sostanziale sopra evidenziato”.

Da tutto ciò ne consegue, scrive la Cassazione, che “il ricorso deve essere dichiarato inammissibile”.

Vivendi ha “le mani libere” è più libera nel Cda di Tim

Ma questo che vuol dire per i francesi? Vivendi ora è più libera nel Cda di Tim. Una mossa che appare ulteriormente rafforzata dall’uscita di Arnaud de Puyfontaine dal board. In particolare, nel mirino c’è il ruolo svolto dal presidente Rossi che non sarebbe considerato “sufficientemente” imparziale. Mentre Vivendi preferirebbe Massimo Sarmi come nuovo presidente che già siede nel board di Tim, essendo stato nominato a novembre al posto di Frank Cadoret che aveva rassegnato le dimissioni. Vivendi, inoltre, intende rimarcare “il ruolo di azionista di maggioranza” di Tim e fare emergere “ruoli più netti e separati” in modo che sia “più facile riuscire a confrontarsi con il governo e gli altri azionisti” della società di tlc. In particolare con Cdp e in un momento molto particolare per Tim alla luce delle trattative con il Governo per il progetto della rete pubblica.

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