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Tim, arriva il nuovo board. Ma la partita non è finita

Imagoeconomica

Fonti di Palazzo Chigi hanno smentito che oggi si tenga un incontro tra il Comitato di coordinamento per l’esercizio del golden power e componenti del consiglio di amministrazione Tim che si riunisce in data odierna per attribuire le deleghe dopo l’assemblea di venerdì.

L’uscita dalla stanza dei bottoni di Vivendi ha posto del resto le condizioni per un miglioramento dei rapporti del gruppo con il governo e le istituzioni. Anche Piazza Affari continua a manifestare il favore per l’esito del duello tra Elliott e Vivendi: il titolo avanza dell’1,59% a quota 0,869 euro mentre le azioni di risparmio salgono dell’1,12%.

A questo punto i riflettori si spostano sulle decisioni del board. Le previsioni quasi unanimi sono per la nomina di Fulvio Conti a presidente non esecutivo mentre Amos Genish, che nel weekend ha scritto una lettera ai dipendenti per confermare il proprio impegno, verrà confermato amministratore delegato. Le deleghe sulla sicurezza e su Sparkle saranno invece affidate a Stefano Grassi. E in serata il cda ha in effetti nominato all’unanimità Conti presidente e Genish ad.

Comincerà così la navigazione della “nuova” Telecom: la rotta, a giudicare dalle indicazioni dei vincitori specie la fiducia promessa a Genish, sembra solida. Ma la composizione della cabina di regia si presta a più di un interrogativo. C’è da chiedersi, innanzitutto, se il fondo Elliott, dopo aver costituito la sua posizione anche attraverso opzioni di acquisto e vendita sul gruppo pari a una partecipazione potenziale del 4,93%, come risulta dalla documentazione depositata alla Sec, abbia intenzione di restare a lungo nel capitale. Oppure, come sostengono fonti autorevoli, l’operazione di sganciamento sia già iniziata. Paul Singer, soddisfatto per aver offerto una dimostrazione efficace della forza d’urto del suo fondo activist (finora protagonista nel 2018 di ben 8 operazioni sul mercato europeo), sarebbe pronto ad un’uscita di scena in tempi brevi, diluendo la sua quota grazie al contributo di alcuni operatori (tra questi JP Morgan) e della stessa Cdp (senza però incorrere in eventuale accusa di concerto). Non meno interrogativi solleva la posizione di Vivendi, cui non si addice il ruolo di azionista di minoranza.

Ci sarebbero, insomma, le condizioni per un’ennesima redistribuzione delle carte. Ma la valutazione del titolo (assai inferiore a 1,10 euro, valore di carico nella partecipazione nel bilancio di Vivendi) rende difficile qualsiasi operazione, almeno a breve. “Non vediamo Elliott o Vivendi interessati a disimpegnarsi nel breve da Tim – è il parere di Equita –  Elliott opererà affinché siano valutate le proprie proposte di creazione di valore, mentre la posizione di Vivendi con un 24% del capitale e 5 posti nel cda resta molto rilevante. Pensiamo che il gruppo francese sia interessato quanto Elliott all’apprezzamento del titolo, acquistato a un prezzo medio di 1,07 per azione”.

Nel frattempo, concorda il broker, si sono create le premesse per un rafforzamento degli azionisti italiani negli equilibri di vertice del gruppo. Vale per la Cassa Depositi e Prestiti, destinata a far da capofila ad un nucleo duro che potrebbe rafforzare la presenza italiana nel gruppo. Quanto è compatibile uno scenario di questo tipo con la leadership di Amos Genish? Ovvero: il manager accetterà di modificare tempi e modi del su business plan, vuoi per quanto riguarda la cessione di una quota rilevante della Rete, una volta effettuata la separazione societaria da Telecom Italia? Genish, a giudicare dalle dichiarazioni, gode di carta bianca. Ma già circolano voci di una sua uscita nel prossimo autunno a favore di Luigi Gubitosi. Il manager israeliano, assai stimato, non avrebbe certo difficoltà a trovare una nuova collocazione di primo piano. A meno che non convinca il vertice ad affidargli carta bianca su Tim Brasil.

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