Più che una elegante colazione con Audrey Hepburn, sta diventando una rissa a colpi di avvocati. Il gioielliere statunitense Tiffany e il gruppo del lusso francese Lvmh, che avrebbe dovuto acquisire il primo per la cifra record di 16 miliardi di dollari, sono ormai in piena bagarre legale. Tutto è iniziato il 9 settembre scorso con la “ripicca” del governo transalpino, secondo la stampa (Les Echos, che riporta la notizia, è vicina all’Eliseo ed è di proprietà del gruppo di Bernard Arnault) orchestrata dal presidente Macron in persona: Trump mette i dazi sui prodotti francesi? Noi facciamo saltare l’accordo con Tiffany.
A quel punto il gioielliere reso famoso dal film con Audrey ha immediatamente risposto facendo causa a Lvmh presso il tribunale del Delaware. Il dibattimento si terrà ai primi di gennaio 2021 ma intanto Arnault ha contrattaccato, rivolgendosi a sua volta alla Chancery Court del Delaware: il colosso del lusso francese punta a farsi riconoscere dal giudice l’annullamento dell’operazione di acquisto di Tiffany per “Material Adverse Effect”, ossia per causa di forza maggiore. Lvmh in pratica, pur avendo ammesso in un primo comunicato di rinunciare all’acquisto “su pressione del Ministero degli Esteri francese”, accusa Tiffany di non aver saputo gestire l’emergenza Covid-19.
La cattiva gestione avrebbe dunque cambiato le carte in tavola, rendendo di fatto obsoleto il precedente accordo, secondo i legali di Arnault. Stando ai conti pubblicati a fine agosto, è vero che Tiffany ha visto precipitare i ricavi del 30% su base annua (da oltre 1 miliardo a 747 milioni di dollari, nonostante la ripresa del mercato cinese), ma è anche vero che nello stesso trimestre la società è tornata in utile, con un risultato netto di 32 milioni di dollari. Sullo sfondo della battaglia legale, resta il fatto che le nozze restano ancora teoricamente fissate per il prossimo 24 novembre, posticipate di 3 mesi rispetto alla precedente ipotesi di fine agosto.