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Tetto prezzo del gas: sganciarsi dal TTF e fissare una forchetta, ecco il piano italiano contro la speculazione

FIRSTonline

Un tetto al prezzo del gas con “forchetta”. Ovvero: prezzo variabile e legato a tre Borse internazionali del Gnl (gas naturale liquefatto) con la creazione di una nuova piattaforma. Inoltre, abbandono del TTF olandese come indice di riferimento e creazione di una nuova piattaforma per le contrattazioni. È questo il fulcro della proposta italiana per ridurre il prezzo del gas sul mercato internazionale, e di conseguenza le bollette di luce e gas, che Roma invierà oggi a Bruxelles. Ma il piano europeo non arriverà al vertice informale di Praga, in programma il 6 e 7 ottobre.

È l’ennesima proposta italiana per convincere i Paesi europei a fermare la corsa del prezzo del gas. Non si parla più dunque di un tetto fisso al prezzo del gas, ma di una forchetta in cui il prezzo del gas può oscillare tra un minimo e un massimo. Sulla proposta sta lavorando il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, con la collaborazione dei tecnici guidati da Sara Romano, a capo del dipartimento Energia e Clima dello stesso dicastero.

Intanto, Il ministro delle finanze tedesche Christian Lindner boccia la proposta che hanno avanzato Paolo Gentiloni, Commissario europeo per l’economia, e Therry Breton, Commissario europeo per il mercato interno, sul ricorso anche per l’energia di uno strumento simile al “Sure” varato durante la pandemia per aiutare famiglie e imprese.

Perché il prezzo del gas continua ad oscillare?

L’attuale contesto di guerra, con le limitazioni delle forniture dalla Russia, ha determinato certamente una situazione congiunturale di maggiore tensione, a livello nazionale e comunitario, sui mercati del gas naturale, con prezzi all’ingrosso che ogni giorno oscillano tra nuovi massimi e nuovi minimi. Ad esempio, il 28 settembre il prezzo del gas europeo aveva sfondato i 220 euro al megawattora, dopo i danni a Nord Stream 1 e 2. Oggi l’attesa di un clima nel Vecchio Continente sopra le medie stagionali che potrebbe evitare di attingere alle scorte, e i progressi negli stoccaggi, hanno spinto al ribasso il prezzo del metano, a 167 euro al megawattora, dopo essere scivolato fino a un minimo di 159 euro.

Cos’è il tetto al prezzo del gas con forchetta?

Il ministro della Transizione ha spiegato che può essere realizzata una forchetta tra un prezzo minimo e un prezzo massimo del gas in cui possa esserci una variazione che segue il mercato, ma che eviti una situazione fuori controllo come quella che stiamo vivendo. Ma soprattutto propone di agganciare il costo del gas a una nuova piattaforma, diversa dal TTF, e lavorare su una media di tre Borse, le più importanti nel mercato internazionale per le contrattazioni sul gas:

1) l’Henry Hub americano, che ha prezzi storicamente inferiori a quelli di Amsterdam, anche per effetto del fatto che gli Stati Uniti restano un grande produttore di Gnl (gas naturale liquefatto);

2) Il Jkm, parametro per il Gnl sul mercato asiatico;

3) Il Brent, la borsa del petrolio di Londra storicamente condizionata dalle forniture norvegesi, con i suoi 2.000 miliardi al giorno di titoli scambiati.

La «forchetta modulare» di prezzo, per essere “digerita” da tutti i Paesi europei – anche se difficilmente troverà l’Olanda favorevole – dovrebbe però avere un range piuttosto ampio, oppure – spiega Cingolani – ancora considerare un valore massimo mutevole a seconda del prezzo internazionale del metano.

Perché il TTF non funziona più?

Il Ttf è ritenuto «poco liquido», perché intermedia solo uno o due miliardi al giorno per valore diventando «schiavo» della speculazione a ogni notizia sensibile. «Il Ttf in passato ha funzionato, ma è il momento di avere un indice europeo più veritiero – ha osservato Cingolani –. Non c’è una giustificazione all’aumento di 8-10 volte del prezzo del gas, lo stiamo pagando così tanto perché qualcuno ha paura che manchi in futuro. Tutto evolve, anche il mercato, bisogna cambiare le regole. Azzardo una previsione – ha proseguito il ministro della Transizione ecologica -, se la Commissione europea vuole fare una proposta entro due mesi sul price cap compreso il disaccoppiamento del prezzo delle rinnovabili, a quel punto nel trimestre successivo le bollette saranno più basse, non bisogna perdere tempo».

Perché non ha senso un tetto al prezzo del gas russo?

Il price cap sul gas russo orma è fuori scena, considerando che l’Europa riceva molto meno gas rispetto a prima dalla Russia e che quindi raggiungere un accordo sul price cap non è più così necessario allo stato attuale. In ogni caso la proposta rilanciata più volte da Mario Draghi continua a essere ostacolata da diversi paesi, tra cui la Germania secondo cui è necessario garantire la sicurezza degli approvvigionamenti e con un tetto al prezzo c’è il rischio che il problema diventi ancora più grande, poiché l’Europa potrebbe essere tagliata fuori dalle forniture e chi lo vende all’Europa e sarebbe orientato a preferire altri mercati, come la Cina o l’India. Ecco perché Cingolani vuole utilizzare anche l’indice asiatico per determinare la forchetta.

Inoltre, il tetto al prezzo del gas russo non servirà a far scendere le bollette. Lo «scenario zero» di flussi da Mosca, sperimentato negli ultimi giorni dall’Italia, è ormai realtà – Gazprom ha interrotto le forniture all’Italia da sabato scorso almeno fino ad oggi – e «i piani di razionamento» potrebbero far salire il prezzo, così come un «inverno particolarmente rigido» (poiché i consumi eroderanno gli stoccaggi). Dunque, al netto della piattaforma di riferimento usata per calcolarlo, il prezzo sarà strutturalmente alto per i prossimi tre-quattro anni». Per questo motivo si parla di sganciarsi dall’hub olandese, troppo voltatile e soggetto a speculazione.

La proposta Breton-Gentiloni su ricorso a debito comune

Si punta insomma a una risposta europea comune, anche per alleviare i costi della crisi e sostenere famiglie e imprese. Senza correre da soli, come ha fatto la Germania con il suo piano da 200 miliardi. Lo dicono Paolo Gentiloni e Therry Breton: «Il massiccio pacchetto di aiuti da 200 miliardi di euro deciso dalla Germania (pari al 5% del Pil) risponde alla necessità — da noi invocata — di sostenere l’economia, ma solleva anche degli interrogativi. Come possono gli Stati membri che non hanno gli stessi margini di bilancio sostenere le imprese e le famiglie? Ecco perché, un meccanismo “Sure” per aiutare gli europei e gli ecosistemi industriali nell’attuale crisi potrebbe essere una delle soluzioni a breve termine che apre la strada a un primo passo verso la fornitura di “beni pubblici europei” nei settori dell’energia e della sicurezza, che è l’unico modo per dare una risposta sistemica alla crisi». Si tratta dello strumento concepito per sostenere il finanziamento delle “casse integrazioni” durante la pandemia attraverso l’emissione di cento miliardi di debito comune per prestiti agli stati.

La Germania punta ancora i piedi

Ma Il ministro delle finanze tedesche Christian Lindner non ritiene che il modello possa essere ripetuto per fronteggiare l’attuale crisi dei prezzi dell’energia. L’ipotesi Sure «non avrebbe senso» in quanto «non abbiamo attualmente un problema di domanda, di un’economia da stabilizzare, stimolare ma abbiamo uno choc dal lato dell’offerta e occorre riflettere sul problema alla radice, ossia all’andamento del mercato del gas», ha detto Lindner.

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