Dal primo gennaio 2022 il tetto ai contanti si abbasserà da duemila a mille euro. È questa la principale misura inserita nel decreto fiscale associato alla manovra per incentivare l’utilizzo di pagamenti tracciabili e quindi ridurre le transazioni in nero.
Si torna così alla soglia fissata nel 2011 dal governo Monti, che era stata alzata a 3mila euro dal governo Renzi (un recente studio di Bankitalia attribuisce a quella scelta una crescita del sommerso pari allo 0,5%) e poi ridotta agli attuali 2mila euro nel 2019 dal Conte2.
Per il momento, l’unica opposizione all’abbassamento del tetto ai contanti arriva da Fratelli d’Italia, che con un emendamento al decreto fiscale ha chiesto di far slittare il provvedimento al 2023.
È d’accordo con la misura perfino Confartigianato, secondo cui il contante è “ormai residuale anche per le piccole imprese”.
Va nella stessa direzione – far emergere l’economia nascosta agli occhi del Fisco – anche il credito d’imposta per l’installazione del Pos, che dal prossimo anno raddoppierà sui dispositivi all’avanguardia.
Il terzo intervento contro i pagamenti in nero consiste invece in una revisione della Lotteria degli scontrini (rifinanziata con 45 milioni per l’anno prossimo), che potrebbe diventare realtà a partire dalla prossima estate.
Gli obiettivi sono coinvolgere più persone e fare in modo che le vincite siano pagate più rapidamente. Si punta quindi a riorganizzare i premi (oggi settimanali, mensili e annuali per un valore che va da 25mila euro a 5 milioni) dividendoli in importi più bassi, nell’ordine delle centinaia di euro. Inoltre, per rendere le vincite istantanee, le simulazioni prevedono che la cassa rilasci un QR code da scansionare con l’App GiocoSicuro (ma si potrà integrare anche nell’AppIO): servirebbe un aggiornamento ai registratori, che però non dovrebbe essere complesso.
Niente da fare invece per il cashback, che non sarà rinnovato per il 2022. O almeno, questa è l’intenzione del governo Draghi, ma il Movimento 5 Stelle non ha intenzione di arrendersi e potrebbe presentare un emendamento al decreto fiscale per reintrodurre (in forma forse depotenziata) la misura varata sotto il secondo governo di Giuseppe Conte.