Dici Scicli e subito ti vengono in mente le imprese del Commissario Montalbano, che hanno fatto conoscere al mondo gli angoli più suggestivi di questo paese del ragusano dalla storia millenaria, perla del tardo barocco siciliano, patrimonio universale UNESCO con le sue fascinose chiese in pietra dorata e i suoi sontuosi palazzi.
Dici Scicli e ritorni indietro di mille anni quando Ruggero d’Altavilla nella sua marcia verso Noto e Malta pose fine alla dominazione araba dell’isola debellando i saraceni nella battaglia, della Piana dei Milici grazie anche,secondo quanto testimonierebbe una controversa memoria dei cosiddetti Codici Sciclitani, alla Madonna delle Milizie che scese su un bianco cavallo a difesa di Scicli «mea civitas dilecta», dei suoi abitanti e delle truppe normanne cattoliche.
Di quel dominio è rimasto il ricordo in molta toponomastica della cittadina di chiara derivazione araba, in alcune tradizioni come la processione che si tiene a maggio della veneratissima, ma inconsueta per l’iconografia cattolica, statua della Madonna delle milizie una statua in cartapesta, che raffigura la Madonna su un cavallo bianco che brandisce una spada e che calpesta due soldati turchi: inconsueta nel suo aspetto bellicoso ma così venerata che nel ‘700 fu portata in processione per scongiurare una invasione di cavallette che aveva messo in ginocchio le colture di tutta l’area mandando alla fame i contadini.
E della dominazione saracena resta testimonianza anche in un dolce la “Tiesta ri Tùrcu”, ossia “Testa di turco”, un grosso bigné ripieno di ricotta e cannella aromatizzata ai profumi di limone la cui forma ricorda per l’appunto il turbante arabo, come a dire un modo per addolcire il ricordo della dominazione araba.
Così come avviene per l’arancina, la tradizionale palla di riso imbottita e fritta, che divide i siciliani in due agguerrite fazioni, quella palermitana per cui l’arancina è rigorosamente femminile e ha la forma rotonda, e quella catanese dove si trova anche a punta e viene declinata al maschile, tant’è che basta chiedere a un siciliano come si chiama questa specialità per capire la sua provenienza occidentale o orientale, i siciliani si sono divisi anche la ricetta de la testa di turco.
Infatti a Nord a Castelbuono nell’area metropolitana di Palermo troviamo una testa di turco trasformata però in un dolce al cucchiaino composto da una sottile sfoglia di pasta fritta (scorcia) ed una delicatissima crema di latte, profumata alla cannella ed al limone. E’ uno dei dolci tipici preparati dalle nonne durante il periodo del carnevale, insieme alle chiacchiere, alla pignolata.
A Scicli viceversa la “Tiesta ri Tùrcu” a base di strutto (e non di burro che suona bestemmia alle antiche usanze) si usa invece tutto l’anno ed è un maxibigné al forno ripieno di crema o ricotta vaccina, farcite con scaglie di cioccolata e granella di mandorle o pistacchi.
Una delle migliori teste di turco di Scicli, e non solo, si può gustare da Don Tabaré locale di tendenza ricavato all’interno dell’ex chiesetta sconsacrata di Sant’Antonio, del XIII secolo nel cuore della cittadina che è riduttivo definire pasticceria. Don Tabarè. concretizza infatti una formula di pasticceria molto particolare, e scenografica, uno spazio che ripropone lo spirito di una festa di piazza “una pasticceria goliardica” la definiscono gli ideatori William Raimondo e Antonio Sarnari, due imprenditori che hanno dato vita a un concept aperto in cui pasticceri e chef potessero esprimersi al meglio nel tramandare il patrimonio dolciario di tradizione.
La firma operativa è delle più prestigiose: è quella dello Chef pasticciere Giovanni Galesi che dopo aver lavorato in alcuni dei più rinomati ristoranti italiani, affascinato dalla cultura e dalla disciplina asiatica e dalla sperimentazione fusion nella terra del sol levante, si è trasferito per un certo tempo in Giappone, dove ha lavorato tra l’altro presso il ristorante “Massuya” di Tokyo, imparando le tecniche e l’arte della cucina giapponese, intesa come termine di sinergia con la cucina del territorio di origine e una maggiore tempra sulla disciplina.
Tornato in Sicilia ha quindi prestato docenza di formazione presso le scuole del “Gambero Rosso” cdi Catania, quindi è passato alla cucina del “Ristorante Cenobio” presso l’Antico Convento dei Cappuccini di Ragusa Ibla dove ha anche diretto la Scuola Nosco di Ragusa Ibla. Di seguito la sua ricetta
La ricetta della Testa di turco di Scicli
Ingredienti per la pasta choux:
- acqua 300 ml
- strutto 160 gr
- sale un pizzico
- farina di Maiorca siciliana di tipo 1 240 gr
- uova intere n 5
Ingredienti per la crema di ricotta:
- ricotta asciutta (riposata in frigo per un paio di giorni) 500 gr
- miele di timo selvatico (satra) 100 gr
- la buccia grattugiata di un limone
- un pizzico di cannella in polvere
Procedimento:
Sciogliere in una pentola insieme all’acqua lo strutto e il sale portando a leggero bollore.
Aggiungere, fuori dal fuoco, la farina setacciata poco alla volta, mescolando continuamente finché il composto si stacchi dalle pareti della pentola.
Versare l’impasto in un piano per lasciarlo intiepidire e cominciare a sbattere le uova intere in una ciotola.
Una volta che l’impasto è freddo inserirlo in planetaria con la foglia e poco per volta unire le uova fino a ottenere un composto liscio e dalla consistenza morbida.
Inserire l’impasto delle teste di turco in una sacca da pasticceria e cominciare a creare dei bignè del diametro di 10 cm, su di una teglia con carta forno.
Infornare in forno statico da pasticceria a 180 °C per circa 40 minuti, fino a che i bignè non saranno ben dorati, stando attenti a non aprire mai lo sportello del forno per evitare che si sgonfino.
Per la crema di ricotta, unire tutti gli ingredienti in un robot da cucina a lame morbide e frullare il tutto fino ad ottenere una crema lucida e liscia, per poi riempire le teste di turco.
Don Tabaré
Via Aleardi, 16/A
97018 Scicli RG
Italia
Tel: 349 242 8333