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Tesoro, aste leggere fino a dicembre. Ma il 2025 sarà pesante. Il retail ha 60 miliardi da investire. Parla Mezzomo di Intesa Sanpaolo

Luca Mezzomo, responsabile responsabile di Analisi Macroeconomica del centro studi di Intesa Sanpaolo.

La gestione del debito pubblico per i governi della zona euro in quest’ultimo scorcio dell’anno sarà un gioco da ragazzi. Dopo aver dovuto gestire nella prima parte dell’anno un ammontare di emissioni che ha raggiunto un record storico, in questi ultimi mesi dell’anno la strada (a meno di shock non prevedibili) è in discesa: la prospettiva di spread contenuti, drastico calo dei titoli da emettere, tagli dei tassi Bce in vista. Una buona occasione per i governi, Italia compresa, per rivedere le politiche di emissione: da una parte cercando di allungare le scadenze, dall’altra spostandosi da un pubblico retail agli investitori internazionali. Il prossimo anno e fino al 2026 invece saranno ancora anni impegnativi sul fronte della raccolta. Lo dice in questa intervista Luca Mezzomo, responsabile responsabile di Analisi Macroeconomica del centro studi di Intesa Sanpaolo.

La prima parte dell’anno è stata impegnativa per i governi, alle prese con l’aumento dei deficit pubblici derivanti da pandemia e crisi energetica, a cui si sono aggiunti per l’Italia, anche i crediti d’imposta legati ai Bonus: per far fronte a ciò i governi hanno far ricorso come mai al mercato. Come sarà la situazione in quest’ultima parte dell’anno?

L’offerta lorda di governativi nella zona euro collocati nella prima parte dell’anno ha segnato il massimo storico di 807 miliardi di euro, in aumento di 30 miliardi rispetto al primo semestre 2023. Ma la situazione si farà più leggera nel terzo e quarto trimestre. Sulla base dei programmi pubblicati per il terzo trimestre da alcuni emittenti e delle nostre previsioni, l’offerta si ridurrà drasticamente nella seconda parte dell’anno e in particolare nell’ultimo trimestre sia in termini lordi sia netti: le emissioni lorde sono attese a 507 miliardi di euro nella seconda metà dell’anno (-40% circa su rispetto alla prima metà) mentre le emissioni nette scenderanno a 119 miliardi (-66% su semestre).

Resta elevata l’attenzione per il livello degli spread. Quest’anno è stata la Francia dare segnali di tensione, quando il presidente Macron all’indomani delle elezioni europee ha indetto nuove elezioni. Il rendimento del decennale francese Oat ha reagito con un rialzo e di conseguenza il differenziale di rendimento tra l’Oat e il bund si è allargato fino a 94,39 dal minimo dell’anno di 30,34. Come vede nei prossimi mesi questo termometro dell’interesse degli investitori?

La situazione in Francia è ancora fluida, ma lo spread si è allontanato dai picchi, pur non tornando ai livelli precedenti, [oggi è a 65 pb, ndr] ma soprattutto non si è verificato, se non brevemente, il temuto effetto contagio. Da inizio anno, si è potuto riscontrare una dinamica benigna degli spread dell’Eurozona, nonostante il contesto macroeconomico incerto e l’elevato livello restrittivo della politica monetaria.Nelle ultime settimane la chiusura degli spread è proseguita, supportata dalle attese di tagli da parte delle banche centrali. In prospettiva la situazione è vista positivamente dal mercato. Per quanto riguarda l’Italia lo spread con la Germania potrebbe mantenersi tra 130 e 150 punti base”.

Quali fattori hanno aiutato il contenimento degli spread?

A favorire la chiusura degli spread è stato il miglioramento delle prospettive legate al ciclo e l’esclusione di uno scenario di recessione severa. Gli episodi di volatilità registrati a fine giugno per la crisi politica francese e a fine luglio, dopo l’uscita dei dati sul mercato del lavoro statunitensi, si sono rivelati di entità modesta. Per quanto concerne il nuovo patto di stabilità e crescita, se applicato dagli Stati rappresenterà un fattore mitigante: la prospettiva di un percorso discendente per il debito potrebbe ridurre i premi per il rischio. Ciò premesso, sappiamo che nei prossimi anni alcuni Stati, tra i quali Italia e Francia, mostreranno un ulteriore aumento del rapporto debito/PIL.

Per i dipartimenti del Tesoro degli Stati europei rimane aperto il problema dello storno dei titoli detenuti dalla Bce che deve essere compensato da una maggiore offerta sul mercato. A che punto siamo e quali sono le vostre stime per il prossimo anno?

Il Quantitative Tightening della BCE si è intensificato a luglio con la riduzione del portafoglio PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme, ndr) per 7,5 miliardi in media mensile. La riduzione del portafoglio PEPP si somma a quella relativa all’ APP (Asset Purchase Programme, ndr), intrapresa a marzo 2023. In base ai dati di fine agosto, il portafoglio PSPP (Public Sector Purchase Programme, uno dei quattro componenti dell’Asset Purchase Programme, ndr) si è ridotto di 160 miliardi da inizio anno. Le nostre stime indicano un deflusso totale di governativi della BCE pari a 255 miliardi nel 2024 che salirà a 389 nel 2025. Per quanto riguarda l’Italia, nei primi cinque mesi dell’anno, “stimiamo che la riduzione del portafoglio PSPP abbia aumentato il ricorso del MEF al mercato di 17 miliardi

Quanto pesa la politica sul debito dei paesi della zona euro, vedi elezioni in Francia e Germania e le richieste della Ue

L’esito delle elezioni parlamentari europee e la conseguente indizione di elezioni anticipate in Francia ha comportato un allargamento dello spread OAT-Bund che tuttavia non ha innescato spillover sugli altri governativi dell’area euro. Da questo punto di vista, pare che una gestione ordinata dei conti pubblici, la prospettiva di calo dei tassi e la credibilità dei meccanismi di sostegno (vedi Tpi, Transmission Protection Instrument) siano più che adeguati a prevenire fenomeni di panico.

Con questa settimana entriamo di fatto nella stagione dei tagli dei tassi: la Bce deciderà questo giovedì, la Fed la prossima settimana. Come vede l’impatto sul debito pubblico?

L’avvio della fase di riduzione dei tassi dovrebbe aiutare su due fronti. In primo luogo, rallenta l’aumento del costo medio del debito. I tassi non torneranno più ai livelli del 2021, ma i 125-150 punti base di riduzione oggi attesi implicano che il punto di arrivo del costo del debito sarà modesto. Sarà dunque una buona occasione per i responsabili del Tesoro mettere fieno in cascina cercando di allungare la vita del debito, [oggi a una media di 6,89 anni, ndr]. In secondo luogo, facilita il collocamento del debito pubblico tra gli investitori istituzionali, compensando in parte la riduzione dei portafogli BCE.

Arrivati a settembre, a che punto è il programma annuale di emissioni di titoli da parte del Tesoro Italiano e la sua la situazione di cassa?

Nei prossimi mesi, le prospettive di cassa sono tranquille: ci attendiamo emissioni nette negative nel quarto trimestre, mentre quelle lorde saranno pari a 109 miliardi, di cui 38 di BOT.

E la situazione nei prossimi anni?

Il MEF si troverà a gestire nei prossimi anni, fino al 2026, flussi ancora molto elevati di emissioni lorde e nette: la programmata riduzione del disavanzo, sotto il 3% entro il 2026, inizialmente compenserà appena l’impatto di cassa dei crediti di imposta generati in passato (vedi Bonus casa, ndr) e la riduzione dei portafogli BCE. Tutto compreso, dovrà chiedere ai mercati circa 150 miliardi, l’anno prossimo, come nel 2024, includendo quando la BCE non rinnoverà.

Quanto contribuiscono le privatizzazioni?

Le privatizzazioni non contribuiranno in modo decisivo: in fondo, anche il governo ha ridimensionato le stime allo 0,7% del PIL nell’arco di un triennio.

Lo scorso anno le famiglie hanno partecipato in modo consistente alle emissioni di titoli di stato, coprendone una buona fetta. Il sottosegretario all’Economia, Federico Freni ha detto che anche nel 2025 la linea del governo è quella di “consentire al risparmiatore di partecipare al debito” immaginando “che anche l’anno prossimo” saranno emessi Titoli di Stato retail. Le famiglie avranno ancora un peso consistente nelle future emissioni?

Nel 2023, la copertura delle emissioni nette è arrivata soprattutto dalle famiglie, che hanno assorbito ben 125 miliardi di titoli. Tuttavia la domanda delle famiglie è in calo e anche se almeno quest’anno resterà robusta: la fase di riallocazione della liquidità è molto avanzata, e sono emerse alternative ai titoli di stato. Stimiamo che le famiglie potrebbero allocare altri 60 miliardi utilizzando la loro liquidità ferma sui conti correnti. Ma, certo, il calo dei tassi tende a penalizzare gli acquisti retail.

Quindi chi prenderà il posto del retail alle aste del Tesoro?

Penso che la copertura dovrebbe arrivare sempre più dall’estero, che parte da livelli di esposizione molto bassi. Già nel 2024 stiamo vedendo chiari segnali in tal senso: gli acquisti netti sono stati pari a 57 miliardi nei primi cinque mesi e lo spread si è dimostrato molto resiliente durante le tensioni sul debito francese. Tuttavia, perché ciò accada, è necessario che la politica di bilancio resti prudente e coerente con le regole fiscali. A parte le implicazioni per i fondamentali di credito, fin quando le regole sono rispettate c’è anche la preziosa garanzia che BCE attiverebbe il TPI, in caso di turbolenze ingiustificate.

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