Si coltiva di tutto, sono aree strategiche per la buona agricoltura ma i grandi progetti verdi fino al 2030 (europei o italiani che siano) non le hanno prese in considerazione. C’è voluta un’istituzione qualificata come la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa a richiamare l’attenzione di politici e strateghi green sui terreni agricoli collettivi. Una realtà importante, storica del patrimonio terriero coltivato, da non trascurare.
Facendo un piccolo salto nel diritto, va ricordato che si tratta di beni amministrati dalla collettività , retaggio di antiche proprietà private passate ad usi civici. In Europa superano i 12 milioni di ettari ( 610 mila in Italia) ma a discapito delle produzioni di qualità di grano, vini, ortaggi, nelle valli o in pianura, rischiano di diventare preda di privatizzazioni o appropriazioni indebite. 69 docenti e ricercatori di 39 Paesi hanno firmato un appello per sanare una seria lacuna.
Il rilancio dell’agricoltura in chiave sostenibile con soldi freschi a sostegno, può far venire la voglia agli speculatori di sottrarre questi beni alle cure delle comunità locali. La Politica Agricola Comune, il Green New Deal e la Farm to Fork Strategy dell ‘Ue fanno ancora in tempo a recuperare le negligenze passate , dice chi si batte per una continuità in chiave moderna. Il dibattito suscitato dal convegno “I Food Commons » di Pisa pensa ad nuovo corso di questi appezzamenti senza logiche di mercato.
Per questo il gruppo di ricerca AgLaw “Agricultural, Agrifood, Agri Environmental Law”) dell’Istituto Dirpolis (Diritto, Politica, Sviluppo) si é fatto carico anche di una mappatura di tutti i territori collettivi da considerare “bene comune” in Europa. Il successo di questo lavoro dovrà avere come ritorno una maggiore visibilità nel mondo food. Curioso che il fenomeno non sia stato analizzato a fondo dagli esperti dei nostri Ministeri.
Tra i coordinatori del network “Territories of commons in Europe”” c’è il ricercatore Antonio Manzoni,che spiega: “il fenomeno delle terre agricole collettive costituisce un’esperienza di cui il legislatore e la società civile non possono non tenere conto. In questo momento, si sta svolgendo il settimo censimento ISTAT dell’agricoltura, che si concluderà proprio a giugno » , quindi un’occasione da non perdere. Nel 2013 Eurostat, aveva contato 2.233 unità tra fattorie, aziende o enti collettivi dediti a coltivazioni e produzioni di buon livello. Oggi saranno di più e configurano un patrimonio rurale che non deve essere smarrito in un passaggio cruciale dell’agricoltura e dell’alimentazione europea in chiave sostenibile. Passaggio sostenuto finanziariamente -nemmeno a dirlo- dalla collettività.