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Terna, un patto per l’Ambiente e 24 miliardi di possibili risparmi

Il gruppo propone 7 nuove regole, da trasformare in normativa, per trovare un punto di equilibrio che faciliti le grandi opere. Del Fante: “Sviluppo infrastrutturale e difesa dell’ambiente le due gambe della crescita industriale del Paese” – Con 16 miliardi di investimenti, per la metà già attuati da Terna, benefici complessivi di 24 miliardi.

Terna, un patto per l’Ambiente e 24 miliardi di possibili risparmi

Sette regole per l’ambiente, sette nuovi “comandamenti” per rendere l’ambiente più sicuro e così, anche, rendere più sostenibili le grandi opere e meno conflittuale la loro realizzazione.

 Terna lancia l’idea di “un nuovo patto tra tutti gli attori” per usare le parole con le quali l’amministratore delegato Matteo Del Fante ha voluto aprire il dibattito con forze politiche, istituzioni, associazioni. “La responsabilità verso l’ambiente sarà sempre più un fattore di crescita delle imprese – è il punto da cui è partito nel presentare la nuova iniziativa – e la storia di Terna dimostra che tanto più la sicurezza e la tutela dell’ambiente assumono una valenza strategica nella vita delle aziende, tanto maggiore è la crescita anche economica delle stesse aziende. Serve allora uno sforzo corale, un nuovo patto che coinvolga tutti gli attori, affinché sviluppo infrastrutturale e tutela dell’ambiente vengano percepiti non più come antagonisti ma come le due gambe sui cui far camminare la crescita industriale del Paese”.

L’iniziativa di Terna prende le mosse da un’indagine dell’Istituto Piepoli sui vari aspetti della sicurezza ambientale. Indagine da cui sono emersi, quali dati salienti, che ben il 61% delle aziende intervistate giudica positivo per il proprio sviluppo un innalzamento degli standard ambientali da perseguire; dall’altro, che il 76% delle imprese valuta come una grande opportunità per lo sviluppo mettere l’ambiente al centro dell’economia. Catia Bastioli, presidente di Terna e ad di Novamont, sintetizza il concetto dicendo che ” occorre mettere insieme il meglio della società che guarda avanti”.

Sette comandamenti

Le sette regole che il gruppo, cui fa capo la rete di trasmissione elettrica nazionale, intende promuovere anche a livello di futura normativa fanno leva su alcuni principi e strumenti ormai largamente accettati come leve in mano alle imprese per garantirsi uno sviluppo equilibrato: considerare l’ambiente come una risorsa dell’azienda, avere una visione di lungo termine, dotarsi di una governance ambientale, investire nella formazione del personale, adottare strumenti strutturato ed adeguato di risk management ambientale nel caso di verifichino delle emergenze. Settima e ultima regola, la certificazione ambientale dei fornitori qualificati. Tutti standard ai quali il gruppo è già allineato.

Una montagna di risparmi possibili

I benefici sono ambientali e perciò anche economici. Matteo Del Fante ha messo sul piatto alcuni conti: con 8 miliardi di investimenti attuati dal 2005 ad oggi per rinnovare la rete e con gli altri 8,1 miliardi programmati in dieci anni, il gruppo conta di generare 24 miliardi di risparmi per il sistema elettrico. Di questa cifra, una parte è già stata “incassata” da famiglie e imprese: si tratta di 6 miliardi ottenuti sia in termini di riduzione di costi (sulle 12 principali opere già realizzate) sia in termini di risparmi sui costi di dispacciamento (3,5 miliardi) dal 2009 al 2014. L’altra fetta (18 miliardi) è invece è ancora da incassare: è rappresentata dai vantaggi che continueranno a produrre in futuro le opere già realizzate e dai benefici per le 7 più importanti opere da realizzare.

Cantieri aperti e chiusi

Perché proprio Terna, gruppo dell’energia, ha deciso spingere l’acceleratore sul tema ambientale? Non solo perché è ormai impensabile immaginare uno sviluppo svincolato dalla tutela dell’ambiente a livello globale, ma anche perché, soprattutto in Italia, c’è fame di sviluppo ma al tempo stesso, specialmente a livello locale, timore del suo impatto. Una contraddizione che frena o rallenta progetti importanti. Comprensibile quindi che Terna cerchi di sensibilizzare l’opinione pubblica anche con l’obiettivo di ridurre la conflittualità sulle opere da realizzare. Il gruppo ha attualmente 230 cantieri aperti per 2,8 miliardi complessivi di investimenti. Nel recente passato sono stati sostituiti 1.700 vecchi tralicci e installati 800 sostegni monostelo molto meno inquinanti ma il piano decennale prevede ulteriori 1.000 km di vecchi tralicci da dismettere, il completamento della rete nazionale e le nuove interconnessioni, alcune delle quali fondamentali. E’ il caso, per esempio, della linea Sorgente-Rizziconi tra Calabria e Sicilia, bloccata da un ultimo cavillo: la Procura di Messina ha posto sotto sequestro un traliccio a scopo cautelativo, giudicando inadeguato il parere favorevole della Soprintendenza per i beni ambientali e paesaggistici. Così, un’opera ormai completata (mancano solo i collaudi), da 800 milioni di investimento e 100 km di percorso, che faciliterà lo scambio di energia con risparmi sulle bollette, è ferma al palo da qualche mese. Tra i progetti significativi da realizzare ci sono poi le interconnessioni con la Francia e con il Montenegro mentre l’elettrodotto con la Sardegna è già in esercizio). i.

Sindaci e ambientalisti

“Lo sviluppo infrastrutturale è una leva fondamentale per la crescita – sottolinea dunque Del Fante – e i progetti, una volta autorizzati devono avere tempi certi. Il non fare ha un costo per la collettività stimabile nel periodo 2014-2030 in 800 miliardi di euro complessivamente, dei quale 124 proprio nei settori ambiente ed energia”. Comprensibile quindi che un gruppo come Terna accolga con favore la modifica del titolo V della Costituzione introdotta dal governo (e ancora sottoposta al lungo percorso parlamentare).

La palla passa ora ad ambientalisti e amministrazioni locali. “Oggi occorre soprattutto informare in maniera puntuale e corretta i cittadini, renderli partecipi delle decisioni sapendo distinguere tra derive dell’effetto Nimby e legittime opposizioni ad opere che sono sbagliate o mal progettate o inutili” ha osservato Vittorio Cogliati Dezza di Legambiente. “E questo – ha concluso – è un tema che coinvolge anche le aziende, se si vogliono trovare soluzioni che rispettino l’interesse generale”. Sul banco degli imputati sono soprattutto i sindaci e Piero Fassino, presidente dell’Anci, è il primo a trovarsi di fronte al dilemma tra “la richiesta di sviluppo e la cultura del rifiuto. Come si supera il senso comune che ogni investimento è rischioso? Dobbiamo agire – è la sua ricetta – su due fronti: da un lato sfruttare la capacità delle nuove tecnologie di alzare la sicurezza e abbattere i rischi; dall’altro dando risposte alla paura, costruendo la partecipazione responsabile dei cittadini”.

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