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Terna, Donnini: “Sotto il mare la nuova frontiera degli elettrodotti”

Imagoeconomica

Tyrrhenian Link, Adriatic Link, Sacoi 3, interconnessioni Italia-Grecia e Italia-Tunisia: Terna investirà su questi 5 progetti quasi 7 dei 18,1 miliardi di investimenti previsti nel Piano di Sviluppo al 2030 presentato a luglio dall’Amministratore Delegato dell’azienda, Stefano Donnarumma. A “governare” questo importante programma di spesa, necessaria per adeguare la rete alla transizione energetica e all’espansione programmata per le rinnovabili, è Giacomo Donnini, il responsabile Sviluppo e Progetti Speciali del gruppo pubblico che gestisce la rete di trasmissione nazionale. È lui che guida l’avanzamento delle opere dove ingegneria, tecnologia, business, gestione del territorio si intrecciano per battere nuovi record – come nel caso dell’elettrodotto tirrenico che scenderà a 2000 metri sotto il mare – e portare a casa l’obiettivo nei tempi dovuti. I grandi elettrodotti invisibili piacciono agli italiani (ma anche agli europei) che li accettano più volentieri e stanno diventando un fenomeno internazionale. A Giacomo Donnini abbiamo chiesto di fare il punto sui progetti più importanti, ecco cosa ci ha risposto.

Ingegner Donnini, come procede il piano di investimenti sugli elettrodotti sottomarini, la punta più avanzata del piano di investimenti di Terna?

“Siamo in linea con i tempi previsti e in qualche caso in anticipo rispetto al precedente Piano di Sviluppo. Per il Tyrrhenian Link – il doppio collegamento da 1000 MegaWatt complessivi tra il Sud della Sardegna, la Sicilia e la Campania – la fase di concertazione, consultazione e progettazione del ramo Est è completata, mentre per la parte occidentale siamo nel cuore della consultazione pubblica.  A fine settembre e poi a inizio ottobre partono i “Terna incontra”,  cicli di consultazioni con le istituzioni e i cittadini a livello locale. Tra fine 2025 e inizio 2026 contiamo di completare il primo collegamento tra le due isole e il continente. Il raddoppio dei cavi è previsto nei due anni successivi, con chiusura dell’opera al 2028”.

Il Tyrrhenian Link ha numeri da Kolossal: con 3,7 miliardi di investimento è il più importante realizzato finora da Terna e con 2000 metri sotto il livello del mare segna un record a livello mondiale. A cosa serve e perché lo avete identificato tra le opere più rilevanti del Piano?

“Il nuovo Piano di Sviluppo decennale registra un incremento significativo degli investimenti complessivi a 18,1 miliardi, circa il 25% in più rispetto a quanto previsto un anno e mezzo fa. La ragione è che gli obiettivi della transizione energetica sono diventati sempre più sfidanti. Il Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) indicava una quota di fonti rinnovabili sui consumi elettrici del 55% al 2030 a fronte del38% attuale. Il Green Deal europeo ha alzato l’asticella portando il taglio delle emissioni di CO2 al 55% entro il 2030: un target che sposterebbe intorno al 65% la copertura delle rinnovabili sui consumi, per l’Italia.

Gli investimenti rispondono dunque alle esigenze complessive del sistema derivanti dalla transizione energetica a cui occorre aggiungere le mutazioni del clima che ci impegnano a rendere la rete sempre più resiliente e pronta a rispondere alle sollecitazioni climatiche avverse, purtroppo sempre più frequenti”.

Torniamo al Tyrrhenian Link. Scenderete a 2000 metri sotto il mare…

“È una profondità record, siamo i primi a livello internazionale. Il Sapei, tra Sardegna e penisola italiana, è sceso poco oltre i 1600 metri, i collegamenti realizzati nel Mare del Nord non superano i 200 metri. Nel collegamento con la Grecia siamo arrivati a 1000 metri, con il Montenegro abbiamo raggiunto i 1200”.

I nuovi elettrodotti consentono il trasporto di elettricità in doppia direzione?

“Certamente. La presenza crescente delle fonti rinnovabili rende necessario trasferire l’energia in tutte le direzioni, da dove viene prodotta a dove viene consumata. In Italia si tratta prevalentemente di facilitare la trasmissione da Sud, dove si concentra la risorsa primaria – sole e vento – a Nord dove è maggiore la popolazione e l’attività industriale. Ma dobbiamo pensare questo fenomeno in una dimensione europea. La Germania, per esempio, sta realizzando dei corridoi dal Mare del Nord dove è la maggiore disponibilità di eolico verso la Baviera. Ma non è da escludere che il solare italiano possa arrivare in Germania se là il vento dovesse mancare. Proprio in questi giorni la Germania ha fatto ricorso al carbone per sopperire alla mancanza di vento per la produzione elettrica e il Regno Unito, che non ha carbone, ha ripiegato sul gas. La conseguenza è stato un forte balzo nei prezzi spot. Per questo dobbiamo avere una visione sempre più interconnessa degli scambi con l’Europa, un passaggio necessario nella transizione energetica anche per l’effetto calmieratore sui prezzi”.

Lo stato dell’arte degli altri elettrodotti sottomarini?

“Con Adriatic Link, 1,1 miliardi d’investimento per collegare la zona tra Pescara in Abruzzo e Fano nelle Marche e aumentare il trasporto di energia, abbiamo chiuso le consultazioni avvenute tra il 6 e il 14 settembre. Ora si apre la frase di raccolta delle osservazioni che porterà alla soluzione progettuale migliore e alla successiva richiesta di autorizzazione al ministero della Transizione ecologica. Siamo in anticipo sui tempi di messa in rete che abbiamo spostato dal 2030 al 2028, proprio grazie all’efficacia raggiunta con questo schema di progettazione partecipata che applichiamo a tutti i nostri progetti”.

Con Adriatic Link sareste potuti passare anche via terra, perché la scelta del mare? Fa crescere il costo di investimento?

“È una possibilità. L’evoluzione tecnologica ci permette oggi di realizzare elettrodotti sottomarini, opere che era più difficile realizzare in passato e che sono indispensabili nel caso delle isole. Tuttavia, è migliore l’accettazione da parte dei territori e per questo vengono scelte anche là dove si potrebbe procedere via terra. Il fenomeno è mondiale: la Francia ha in fase avanzata di studio un collegamento con l’Irlanda ma anche un collegamento marino, anziché via terra, con la Spagna passando dal golfo di Biscaglia nei Paesi Baschi. Anche il Regno Unito sta lavorando su collegamenti marini Nord-Sud, dalla Scozia verso le aree di Londra-Manchester. Mi chiede del costo dell’investimento: aumenta rispetto ad una linea terrestre tradizionale ma non è l’unico parametro: dobbiamo valutare il costo sociale complessivo”.

E gli altri progetti?

“Per il Sacoi 3 – circa 800 milioni per la completa sostituzione dell’elettrodotto già esistente tra Sardegna-Corsica-Italia – siamo nella fase terminale della Valutazione d’impatto ambientale. Prevediamo l’autorizzazione nel 2023 e il completamento nel 2026. Il collegamento Italia-Grecia, del valore di 750 milioni, è stato inserito per la prima volta nel nuovo Piano di Sviluppo 2021, mentre per il collegamento Italia-Tunisia (300 milioni di investimento per la parte italiana) abbiamo concluso a fine luglio la fase di consultazione pubblica”.

Per concludere: i prezzi dell’energia sono saliti alle stelle, è il tema del giorno. Le nuove infrastrutture metteranno al riparo dai rischi di sbalzi improvvisi sui prezzi della componente energetica delle bollette?

“Sicuramente consentiranno di avanzare sulla via della decarbonizzazione e della riduzione delle emissioni. In secondo luogo, aumenteranno la sicurezza, riducendo i rischi di interruzioni. Infine, il supporto allo sviluppo delle rinnovabili porta anche alla potenziale riduzione del costo dell’energia. Le rinnovabili hanno un costo di investimento iniziale ma poi sono caratterizzate da costi fissi e quindi hanno un effetto stabilizzante sui prezzi.

In questi giorni stiamo assistendo ad uno scenario particolare ma per capire cosa può succedere torniamo all’aprile 2020: il prezzo dell’energia è drammaticamente diminuito sia per effetto della stagionalità che per effetto del lockdown. In quel momento, la forte presenza in rete dell’elettricità da fonti rinnovabili ha portato i prezzi a zero in diverse ore della giornata.

È lo scenario che potremmo sperimentare con la sempre più forte penetrazione della produzione verde. Le simulazioni già oggi ci dicono che, con i nuovi obiettivi europei, il costo scende a zero in certe stagioni per un numero di ore crescente. Per fronteggiare queste variazioni oggi abbiamo alcuni strumenti ma se il cambiamento diventa strutturale, servono risorse per gestirlo in modo efficiente ed efficace. Investire sulla rete è il primo strumento da attivare. Ecco perché è necessario muoversi oggi”.

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