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Tennis, il barone von Cramm: da Wimbledon ai lavori forzati per ordine di Hitler

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Spesso abbiamo letto o sentito nelle cronache sportive descrivere un avvenimento come “la partita della vita”. Il più delle volte si tratta di inutili e fastidiosi eccessi retorici. Ma chi la partita della vita la giocò veramente nell’estate del 1937 a Wimbledon fu Gottfried von Cramm, quando perse contro l’americano Don Budge nel singolare decisivo della finale di Coppa Davis Germania-Stati Uniti di Coppa Davis. Passando così dalla telefonata di Hitler, ricevuta negli spogliatoi prima di scendere in campo all’arresto e alla condanna ai lavori forzati per omosessualità. Dobbiamo a Piero Marchiani, già tennista di seconda categoria, e maestro di tennis e soprattutto della sua storia, il bel libro “Il barone del tennis”, racconto di una storia drammatica, sviluppata con garbo finezza e semplicità di scrittura, che segnò la vita non solo tennistica del barone von Cramm.

E visto che di tennis si tratta (quello che ancora si giocava con i pantaloni lunghi) veniamo a quel match. Finale di Coppa Davis. Germania e Stati Uniti sono sul 2 pari. Deciderà tutto il singolare tra i due numeri 1: l’americano Don Budge e Von Cramm. Qualche settimana prima si sono già incontrati proprio nella finale del torneo di Wimbledon e ha vinto l’americano. Ma qui è in palio la coppa Davis. Si gioca per la nazione. E il barone si è preparato al meglio. Capitano non giocatore dei tedeschi è l’americano Tillden, coach di Gottfried e anche lui in odore di omosessualità. Ma i gerarchi nazisti alla guida della federazione tedesca hanno deciso, al momento, di passarci sopra e puntano tutto (come già accaduto alle Olimpiadi di Berlino) sulla necessità di mostrare a tutti la superiorità ariana dei tedeschi anche nello sport.

Della telefonata di Hitler negli spogliatoi abbiamo detto. Si va in campo. Gottfried gioca al meglio e vince i primi due set. Ma l’americano profitta di un calo fisico del barone e si porta sul 2 a 2. Quinto set. Von Cramm si è ripreso e va avanti 4 a 1. A questo punto Budge gioca il tutto per tutto. Rimonta e alla fine vince per 8 a 6 uno dei più bei match della storia del tennis. Il pubblico applaude. I due protagonisti si abbracciano al centro del campo come possono fare due grandi atleti che sanno quanto lo sport si nutra di stima reciproca.

La scena si sposta a una settimana dopo a Berlino. Von Cramm ha ricevuto un invito per una premiazione ai migliori atleti del Reich. Comincia a sospettare qualcosa quando arriva in albergo. Ed infatti è un tranello: viene arrestato mentre si trova dal barbiere e processato e condannato “per manifesta omosessualità”. Gli toccano i lavori forzati.

Marchiani ci racconta anche di un drammatico incontro con Goering di Frau Jutta, nel quale la mamma di Gottfried tiene testa al gerarca nazista ricordandogli che, stando alle voci che circolano, anche lui sarebbe impotente, chiosando: “Non è certo colpa sua”. Goering replica: “Suo figlio è omosessuale ed ha offeso il Fuhrer”. Intanto si è mobilitato il mondo del tennis. Budge ha raccolto le firme tra i più prestigiosi tennisti del mondo. E in difesa del barone è sceso in campo anche Re Gustavo di Svezia amico personale di Gottfried e grande appassionato di tennis. Nel maggio del 1939 arriva dal ministero della Giustizia tedesco la grazia. Ma a von Cramm restava l’onta della condanna e la degredazione da capitano a soldato semplice. Una condanna alla quale si attaccarono i dirigenti del torneo di Wimbledon per negargli l’iscrizione, a lui, che tornando all’attività agonistica aveva subito vinto e dominato il torneo del Queen.

Molto bella è anche la prima parte del libro di Marchiani che descrive il mondo del tennis di allora dai tornei della Costa azzurra a quelli italiani preparatori al torneo del Foro italico. Ampio rilievo viene poi dato alla mia città con il racconto di Von Cramm che si divide tra Napoli e Capri in una vera e propria sfilata della storia del tennis italiano: dal principe D’Avalos, napoletano che fu campione d’Italia a Valentino Taroni e a Giorgio De Stefanis.

 Il libro edito da “Edizioni Progetto Cultura” è in questi giorni presentato in diversi circoli tennistici i tutta Italia. Sarebbe auspicabile che se ne parlasse anche in occasione dei prossimi Internazionali di tennis al Foro Italico. Magari sarebbe un incentivo a che l’autore de “Il barone del tennis” si accingesse a dedicarsi ancora alla storia e alle cronache del nostro tennis.  Le quali, in fondo, lo meritano.

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