LA GRECIA E LA FED AFFOSSANO I MERCATI
Dopo la Grecia, la Fed. Se il lunedì nero di Piazza Affari si legava alle notizie, drammatiche, degli scontri di Atene combinati con lo scetticismo dell’Eurogruppo sulla manovra in cantiere in Grecia, il giovedì nero, ancor più violento (-2,73% a quota 19468) è la risposta, nevrotica, dei mercati alle parole del governatore della Federal Reserve, che ha dichiarato: 1) che la crescita americana rimarrà quest’anno sotto il 3%; 2) che la disoccupazione resterà elevata, non sotto il livello dell’8,8%; 3) che la crisi greca sta minacciando la stabilità del sistema finanziario mondiale. Bernanke ha confermato che non vi sarà un terzo round di quantitative easing, ma le cedole dei bond in portafoglio verranno utilizzate per l’acquisto di nuovi Treasury. Ma Bill Gross, presidente di Pmco (il maggior fondo obbligazionario del mondo) si dice convinto che ad agosto, una volta trovato l’accordo sul tetto al budget, la Fed rilancerà il piano di sostegno all’economia. Lo stesso Bernanke, del resto, ha minimizzato il rialzo dell’inflazione, considerandola un fenomeno temporaneo. Resta la paura di un rallentamento dell’economia Usa in un momento in cui la Fed non ha a disposizione strumenti di contrasto di fronte a numeri che in un giorno negativo, vengono interpretati come l’anticamera della Grande Depressione: le richieste settimanali di sussidi di disoccupazione negli States, cresciute oltre le attese a 429 mila dalle precedenti 414 mila. Wall Street rimane debole con il Dow Jones che perde l’1,6% e il Nasdaq l’1%. Arretra anche l’S&P500 in calo dell’1,4%.
IL DOLLARO SALE E IL PETROLIO SCENDE
L’euro è debole e perde terreno sia nei confronti del dollaro, sia nei confronti del franco svizzero, salito al nuovo massimo storico. Il cambio con la valuta Usa è a 1,415 da 1,435 di ieri sera. Il petrolio è in calo di quasi il 5,4%, Wti a 90 dollari al barile. Nelle Borse europee i titoli in maggior calo sono quelli più legati al ciclo economico, come i chimici (Stoxx del settore -3%), le banche (-3,6%), i tech (-2%) e le costruzioni (-2%). Ma a Piazza Affari la giornata sarà ricordata soprattutto per il tiro al bersaglio sul sistema bancario e le vendite su Mediaset. Ma, soprattutto, è stato il giovedì nero del gruppo Ligresti: gli aumenti di capitale di Fonsai e Milano Assicurazioni sono partiti davvero in salita.
VENDITE SUGLI AUMENTI A SCONTO E MALE LE BANCHE
Tra le principali piazze europee Milano si conferma con Madrid la Borsa più colpita: il Ftse Mib sconta oltre all’elevato peso dei titoli bancari puniti per il timore di contagio della crisi greca, anche le vendite per gli aumenti di capitale di Fondiaria Sai (-9,89% A 4,01 euro il titolo) e Milano Assicurazioni (-28,12% a 0,55 euro). Non si allenta, infatti, la pressione sulla galassia Ligresti: prima dell’apertura sono stati comunicati i dettagli degli aumenti di capitale deliberati dai cda di ieri sera che partiranno lunedì prossimo: come nelle attese, le nuove azioni ordinarie di Fondiaria Sai saranno emesse al prezzo di 1,5 euro, con uno sconto del 39,6% sul prezzo teorico prima dello stacco del diritto di opzione (Theoretical ex right price, o Terp) (le risparmio saranno emesse a 1 euro) e il rapporto di opzione è stato fissato in 2 nuove azioni ordinarie, o di risparmio, per ogni azione ordinaria, o di risparmio, posseduta; per Milano Assicurazioni il prezzo delle nuove azioni ordinarie è pari a 0,2574 euro e prevede uno sconto sul Terp del 37, con un rapporto di 7 nuove azioni ogni 3 possedute per ordinarie e risparmio. In ribasso anche Unicredit (-4,94%), coinvolta nel riassetto del gruppo assicurativo, che assumerà una partecipazione del 6,6% del capitale di Fondiaria Sai e che ha confermato di essersi impegnata con l’Antitrust ad astenersi dal partecipare dal Cda di Fonsai quando verranno prese decisioni che coinvolgono la partecipazione di quest’ultima in Mediobanca e Generali. Fondiaria si è impegnata con l’Antitrust a vendere la quota in Generali (che limita il ribasso a -1,96%). L’ad di Unicredit ha poi detto che la banca si aspetta di essere classificata in una fascia “bassa” tra le banche a carattere sistemico che verranno individuate dal Comitato di Basilea che si è riunito oggi per decidere sullo status delle banche in grado di creare rischi sistemici a cui verrà per questo chiesto capitale addizionale . Male tutte le banche: Intesa cede il 4,35%, Bmps il 5,12 % e Mediobanca il 3,18 per cento. Sul fronte assicurativo Cattolica cede il 2,9% dopo che nella mattinata ha approvato il piano di impresa 2011-2013. I target al 2013 sono: un utile consolidato a 140 milioni (da 70 milioni nel 2010); una redditività nel ramo Vita in sostanziale miglioramento con un valore della nuova produzione a 45 milioni (da 24 nel 2010); nel ramo Danni il combined ratio è visto in miglioramento sotto il 95% dal 97,7% del 2010; il Roe è atteso al 9% dal 5% del 2010; Target Solvency II ratio sopra 130%. Il gruppo punta a mantenere una politica di dividendi “attrattiva”, con un payout non inferiore al 60 per cento.
POPOLARE DI MILANO SMENTISCE L’IPOTESI DI COMMISSARIAMENTO
A due giorni dall’assemblea di sabato per l’aumento di capitale non si smorzano le tensioni sulla Banca Popolare di Milano che cede il 4,85 per cento. In giornata l’istituto ha respinto l’ipotesi del Financial Times secondo il quale Bankitalia potrebbe assumere il controllo se l’impasse fra management e sindacati non verrà risolta in occasione dell’assemblea degli azionisti. Va avanti intanto lo scontro sulle deleghe in assemblea che via Nazionale ha chiesto di innalzare da 3 a 5. Nei giorni scorsi il presidente dell’istituto, Massimo Ponzellini, ha escluso le sue dimissioni in caso di una bocciatura della proposta del Cda di un aumento delle deleghe da tre a cinque e che vede contrari i sindacati interni alla banca. Dopo che la questione della governance è stata sollevata oggi dal consigliere di Assogestioni, Franco Debendetti, in una lettere aperta ai soci pubblicata sul Sole 24 Ore nella quale ha dichiarato che si dimetterà nel caso in cui l’assemblea respingesse la proposta. Ma è tutto il settore delle popolari che continua a essere un tema caldo. Ieri il vice direttore generale di Bankitalia, Anna Tarantola, durante un’audizione al Senato, ha ribadito l’importanza di una riforma delle Popolari, che hanno assunto una valenza sistemica nella nostra economia. La riforma deve riguardare l’innalzamento ai limiti al possesso azionario, favorire la partecipazione alle assemblee con aumenti delle deleghe e teleconferenza e aumentare il peso degli investitori istituzionali. In Borsa il Banco Popolare cede il 4,53% e Ubi il 5,16%, la banca si è portata ormai sul prezzo dell’aumento di capitale.
TITOLI EDITORIALI TRASCINATI AL RIBASSO DA MEDIASET
Mediaset perde il 6,67% in seguito alla revisione della guideline sulla raccolta pubblicitaria, vista in leggera flessione nel primo semestre del 2011, seppur migliore a quella del mercato pubblicitario italiano previsto in calo nei sei mesi del 4-5 per cento. Un trend che proseguirà anche nel secondo semestre a parità di difficile scenario economico. La nuova guideline trascina al ribasso tutto il comparto editoriale: Mondadori perde il 4,87%, Rcs il 3,23% e Gruppo editoriale L’Espresso il 4,4 per cento.
TRA LE BLUE CHIP BENE SOLO CAMPARI E LUXOTTICA
Campari e Luxottica sono gli unici due titoli blue chip che chiudono in terreno positivo rispettivamente in aumento dello 0,09% e del 0,14 per cento. Fiat cede l’1,67% ed Eni l’1,95 per cento. Stm accusa una perdita del 5,64%: ST-Ericsson, joint venture fra il gruppo italo-francese ed Ericsson, ha annunciato che raggiungerà il break-even a partire dal secondo trimestre 2012, più tardi di quanto previsto in precedenza, e ha rivelato un programma di taglio dei costi di 120 milioni di dollari.