“La soluzione migliore per Telecom Italia sarebbe un intervento economico di almeno 3 miliardi della Cassa depositi e prestiti, Cdp”. Sono le parole di Franco Lombardi, presidente di Asati, l’associazione dei piccoli azionisti di Telecom Italia, che auspica, dunque, un intervento del Governo attraverso la Cassa statale. Interventi pubblici erano già stati registrati in passato in una catena di supermercati, in Snam, in Eni e oggi sono molto probabili per il Gruppo Ansaldo e chissà per Telecom Italia.
Certo l’aiuto statale potrebbe causare dei rischi, ma Lombardi sostiene che “entrando in Telecom tramite la Cdp lo Stato eviterebbe di avere un’Italia a due o tre velocità sulla larga banda, cioè un’Italia dove si farebbero solo interventi nelle città più ricche mentre le zone più depresse sarebbero abbandonate”. Lo Stato, spiega, “potrebbe garantire un’uniformità degli investimenti in modo che tutto il Paese possa avere una rete moderna senza la quale anche il Pil del Paese oltre ai livelli occupazionali è a forte rischio. Se Telecom Italia entra in crisi e va verso situazioni tipo Parmalat, Ilva, Alitalia, si entra in una crisi sistemica essendo Telecom fattore trainante indispensabile per la crescita”.
Secondo le comunicazioni Consob, rese note oggi, Ubs detiene il 2,068% di Telecom Italia dallo scorso 12 settembre. La quota, detenuta in modo diretto prestatore-prestatario, vede lo 0,92% senza diritto di voto in quanto in gestione non discrezionale del risparmio.