Per Telecom Italia (oggi Tim) i tormenti sembrano non finire mai. Da quando è entrato in campo il fondo americano Elliott, che nell’ultima assemblea di primavera ha conquistato la maggioranza del board, il titolo ha perso il 35% in Borsa. Ma ora è la vendita di Sparkle, appena avviata dall’ad Amos Genish, a entrare nel mirino: la sua strada si è subito fatta molto impervia.
Ieri il vicepremier e ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, è stato categorico: “Non permetteremo mai che Sparkle venga ceduta” ha dichiarato al Sole 24 Ore. E Vivendi, primo socio di Telecom in aperto contrasto con il fondo Elliott, gli dà ragione, al punto che sembra delinearsi un nuovo asse tra il Governo giallo-verde e i francesi, che può cambiare il destino della maggior compagnia telefonica italiana.
“Le informazioni sensibili” trasmesse dai cavi di Sparkle, che è l’unica azienda italiana che attiva circuiti terrestri e satellitari per i nostri militari, “sono un problema” e rendono Sparkle un asset strategico non tanto per Telecom Italia quanto per il Paese: avverte Di Maio, che nel Governo ha la preziosa delega per le telecomunicazioni. Vendere Sparkle diventa perciò molto problematico anche se servirebbe a ridurre l’enorme indebitamento di Telecom.
Ma l’altra novità delle ultime ore è la nuova sortita di Vivendi, che ha il dente avvelenato contro il fondo Elliott, accusato di “gestione disastrosa”: attraverso il loro presidente Arnaud de Puyfontaine i francesi non hanno perso l’occasione per allinearsi al punto di vista di Di Maio. Il manager di Vivendi è stato chiarissimo e parlando in un convegno in Puglia ha detto: “Sono d’accordo con Di Maio: Sparkle non va venduta”.
Che succederà ora? Certamente l’ad di Tim Amos Genish, manager a suo tempo scelto da Vivendi per attuare l’ultimo piano industriale e poi accettato dal fondo Elliott, è ancora di più sulla graticola e le ripetute smentite di una sua uscita dalla compagnia non sono bastate a rasserenare il quadro. Ma il punto è che Vivendi darà battaglia nel cda del 24 settembre con l’obiettivo di andare a una nuova assemblea che ribalti gli equilibri del cda, oggi favorevole al fondo Elliott. E questa volta Vivendi potrebbe avere dalla sua la Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) che in primavera, con l’appoggio del governo Gentiloni, fu l’ago della bilancia tra i due contendenti.
A questo punto prevedere un autunno caldo di Telecom Italia è fin troppo facile.
AGGIORNAMENTO
“Elliott prende atto del comunicato di Vivendi del 5 settembre scorso”, scrive in una nota il fondo americano, aggiungendo poi di condividere “le preoccupazioni di Vivendi sull’andamento del titolo Telecom Italia, un problema che persiste da anni. Tuttavia, a Elliott rincresce che Vivendi abbia scelto di attaccare il management di Tim, il Cda ed uno dei suoi consoci, anziché lavorare con spirito costruttivo verso una soluzione”.
Elliott sostiene che Vivendi sia caduta vittima di quella visione di breve termine che essa stessa aveva precedentemente criticato. “Dopo che la stessa Vivendi ha avuto il controllo della società per anni, ora è pronta a sindacare sull’operato del nuovo consiglio dopo appena 4 mesi dalla sua nomina. Come può – si chiede il fondo di Paul Singer – Vivendi fuggire dalle sue responsabilità per l’attuale situazione di Tim, quando ha gestito la società così a lungo mentre il nuovo consiglio è in carica da così breve tempo?”.
Il comunicato sottolinea anche che, come già ha detto il presidente, Fulvio Conti, si sta “portando avanti un piano che è stato elaborato e approvato da Vivendi ed effettivamente promosso da Vivendi”. Peraltro, ha sottolineato sempre Elliott, gli attuale Ceo e direttore finanziario sono stati portati nel consiglio da Vivendi.
Inoltre, “Elliott esorta gli azionisti di Tim a dare al nuovo consiglio il tempo di dimostrare di essere in grado di creare valore per gli azionisti in quello che è certamente un momento difficile per il mercato azionario italiano e, in generale, per le società di telecomunicazioni”.
Nel comunicato si ricorda poi che la stessa Vivendi mantiene una significativa rappresentanza nel cda: “Se essa ora ritiene che ci sia bisogno di nuove idee, Elliott ben accoglierebbe il suo aiuto nella promozione di soluzioni volte alla creazione di valore”.