La Cassa depositi e prestiti (Cdp) scalda i motori in vista dell’assemblea di Telecom Italia (oggi Tim) di fine marzo e sale dal 7,1% all’8,7% del capitale. La Cassa lo ha comunicato nelle ultime ore alla Sec e, sotto la guida del suo numero uno Fabrizio Palermo, si prepara a giocare il ruolo di ago della bilancia nella maggior compagnia telefonica italiana.
La mossa della Cdp, che all’ultima assemblea di Tim deteneva il 4,9%, era stata prreannunciata e non esclude che possa preludere ad un ulteriore incremento della sua partecipazione nel gruppo telefonico fino a poco meno del 10%. Lo scopo dell’azione di Palermo è chiara ed è coerente non solo con la funzione della Cassa, che punta a modernizzare il Paese rafforzando la dotazione di reti e infrastrutture, ma con la strategia indicata nel nuovo piano industriale che guarda con favore alla creazione di una rete unica per le tlc, che è ben vista anche dall’attuale Governo.
Essendo azionista di spicco di Tim ma anche di Open Fiber, dove detiene il 50% e che controlla insieme ad Enel, la Cassa depositi e prestiti è oggi nelle condizioni di poter favorire l’avvicinamento tra le due società in funzione della realizzazione della rete unica o per lo meno di una stretta collaborazione sugli investimenti e sulla loro presenza commerciale sul mercato.
Ma l’importanza e la determinazione di Cdp nella partita telefonica può avere l’effetto di una definitiva schiarita anche in casa Tim ponendo fino allo scontro tra i due principali azionisti – Vivendi e Elliott – che potrebbe avvenire in occasione dell’assemblea di fine mese e portare a un riequilibrio del board con la conferma di Luigi Gubitosi nel ruolo di ad e il probabile ritorno di Franco Bernabè alla presidenza della compagnia telefonica.
Per il nuovo corso della Cassa, dopo il lancio del nuovo piano industriale e la vittoria delle nomine in Fincantieri, Snam e Italgas nel segno della continuità, la pax telefonica coronerebbe il suo rafforzamento nel rispetto dell’autonomia del gruppo da tutte le pressioni politiche e nell’affermazione di un ruolo di sviluppo nell’economia italiana lontano dalle nostalgie dell’Iri e ancor più della Gepi.