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Teheran calling: ecco perchè l’Iran è la nuova Dubai

L’Iran è tornato alla ribalta e catalizza le attenzioni della comunità internazionale con un ruolo non dissimile da quello che ebbe Dubai nei primi anni 2000. Con una fondamentale differenza: l’Iran è un vero e proprio paese. Conta infatti 80 milioni di abitanti, di cui il 60% ha meno di 30 anni. Il livello di istruzione è piuttosto elevato, le risorse sono abbondanti e il tessuto imprenditoriale è del tutto paragonabile a quello italiano (circa il 90% delle imprese sono medio-piccole aziende). 

Per avere una sommaria ma efficace rappresentazione dell’assetto macro-economico del paese si può ragionare sugli ultimi 15 anni: dal 2001 fino al 2010 il PIL, l’import e l’export sono stati in costante e significativa crescita. Nel 2010 EU, USA e UN hanno approvato le sanzioni e l’embargo ha rallentato tutto. Chi ha continuato a fare affari in Iran l’ha fatto forte di una struttura già collaudata e comunque con notevoli difficoltà. 

Infatti, se è vero che le sanzioni riguardavano una precisa lista di beni legati all’industria bellica e alla proliferazione atomica (nonché la relativa assistenza finanziaria), anche l’industria civile ha profondamente risentito dell’embargo: per intrattenere rapporti commerciali si doveva verificare l’estraneità dei partner iraniani (persone giuridiche e/o fisiche) alle sanzioni attraverso la supervisione del MISE, ottenere l’approvazione dal ministero delle finanze per i trasferimenti bancari (spesso gestiti da casse di risparmio con passaggi da paesi terzi come UAE) e certificare che i beni e le tecnologie oggetto di scambio non fossero dual-use. 

Tutto ciò ha contribuito alla fortuna di paesi come Russia, Cina e Turchia che negli ultimi anni hanno guadagnato posizioni rilevanti all’interno del mercato iraniano, a discapito dell’Italia e degli altri paesi dell’UE

E’ comunque vero che l’Italia non ha mai completamente interrotto i propri rapporti con l’Iran: nel 2014 – anno in cui le sanzioni erano ancora in pieno vigore –  si è confermata il primo paese UE per volumi di import (si è sfiorato il mezzo miliardo di euro) e il secondo per attività di export, preceduta solo dalla Germania. Ciò pure con le difficoltà dell’embargo. 

Ma ora le cose sono cambiate: l’insediamento di Rohani nel 2013, la firma del Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA) nel 2015, l’Implementation day nel 2016 hanno determinato la sospensione delle sanzioni. E l’Iran non è timido nel manifestare il proprio interesse a quei ritrovati partner internazionali che sembrano essere preferiti per i loro più elevati standard qualitativi e la loro maggiore affidabilità. 

E tra i settori su cui il nostro Paese deve puntare spiccano l’oil&gas (che rappresenta l’80% dell’export e il 40-70% di reddito per lo stato e per il quale sono previsti investimenti che si aggirano attorno ai 20 miliardi di dollari), il petrolchimico, la meccanica strumentale, il minerario legato sia ai metalli preziosi sia ai c.d. base metals (per i cui processi estrattivi e di raffinazione è prevista una spesa di circa 15 miliardi di dollari), l’automotive (che non riguarda, evidentemente, solo la produzione e commercializzazione di veicoli e dunque l’ammodernamento del vastissimo e attempato parco auto, ma anche la componentistica), l’edilizia (la crescita demografica dovrebbe attestarsi attorno al +25% nei prossimi 30 anni), le infrastrutture (i cui appalti vengono spesso gestiti da player molto strutturati attraverso complesse procedure di gara pubbliche, ma che aprono ampi spazi nella c.d. “seconda linea” per sub-appalti e sub-forniture), ma anche il design e la moda made in Italy (apprezzatissimi in Iran ma che ancora scontano la competizione del grey market, con evidenti problematiche di brand equity e di pricing strategy). 

I rischi che si incontrano 

Sebbene le premesse consentano un approccio entusiasta, non bisogna tuttavia dimenticare che l’Iran, al pari di ogni altro paese, presenta delle proprie complessità e alcune criticità. Il report della World Bank relativo alla facilità di intraprendere business in Iran analizza una molteplicità di aspetti e posiziona il paese centodiciannovesimo su 189

Tra i principali problemi si riscontrano l’elevata percezione della corruzione (il corruption index di Transparency International colloca l’Iran alla posizione 130 su 168), la complessità dell’apparato burocratico, l’influenza (ossia il  controllo diretto o indiretto) dei servizi di sicurezza su molte società iraniane, l’elevata inflazione (che oggi si attestata attorno all’8%), il controllo dei prezzi attraverso particolari politiche di incentivi pubblici, la carenza di infrastrutture e, naturalmente, il rischio politico determinato dall’incertezza sulla stabilità e sul futuro delle sanzioni ancora “in place”. 

Per quanto attiene a quest’ultimo punto buona parte delle insicurezze ruotano attorno all’imprevedibilità dei prossimi appuntamenti elettorali, sia domestici sia internazionali. A maggio 2017 si terranno le elezioni per il possibile rinnovo del mandato a Rohani (considerato probabile in quanto favorito e sostenuto dalla prassi del doppio turno, ma comunque incerto) e, prima di allora, a novembre 2016, le elezioni presidenziali USA, sulle cui conseguenze nessuno sembra in grado di prendere posizione. 

Se da un lato Mr. Trump ha dichiarato apertamente di voler rimettere mano agli accordi conclusi per la sospensione delle sanzioni e dall’altro, invece, Ms. Clinton non sembra volersi porre in posizione di rottura con la precedente amministrazione Obama – artefice del JCPOA – , non può tuttavia trascurarsi che la Russia si sia negli anni molto avvicinata all’Iran e che ciò potrebbe determinare una complessa gestione delle relazioni internazionali, anche da parte di un eventuale governo democratico. 

La problematica del sistema finanziario internazionale 

Ma il punto cruciale della complessità resta la gestione dei rapporti con gli istituti di credito e dunque la difficoltà per le imprese di accedere ai finanziamenti e di gestire le transazioni bancarie. Sebbene il settore finanziario rientri tra quelli per cui si è immediatamente proceduto alla sospensione delle sanzioni e gli istituti di credito stranieri possano tornare ad operare in Iran, di fatto nessuna banca estera ha riaperto nel paese. Di più, buona parte degli istituti di credito internazionali è ancora fortemente restia a concedere finanziamenti per timore di violare accordi stipulati con gli Stati Uniti e l’Office of Foreign Assets Control, l’agenzia del Tesoro americano, e ritrovarsi per ciò sanzionata. Infatti, ad oggi, la libera circolazione di capitali con l’Iran incontra il limite dell’esclusione dalle transazioni di controparti USA e dell’impossibilità che le transazioni medesime vedano la partecipazione (ovvero l’intermediazione) di banche statunitensi o si rivolgano a (o coinvolgano) soggetti (società o persone fisiche) sanzionati.  

D’altra parte anche il sistema di credito iraniano sconta una forte frammentazione a livello regolatorio e la banca centrale fatica a garantire la tempestiva ed omogenea applicazione delle proprie direttive. Buona parte delle banche iraniane sono state reintegrate nel sistema Swift e tuttavia permangono delle criticità legate all’utilizzo delle infrastrutture, ossia degli swift accounts e dei relativi software. 

Come approcciare il mercato 

In questo quadro un’attenta attività di analisi del mercato e scouting delle opportunità nonché una puntuale assistenza legale e fiscale diventano la chiave per ogni iniziativa imprenditoriale che voglia candidarsi al successo. Da una parte, infatti, è necessario acquisire informazioni precise sul segmento di mercato di riferimento, analizzare i dati macro-economici rilevanti (crescita demografica, inflazione, andamento del PIL, ecc.) al fine di prevederne gli sviluppi e individuare i partner iraniani più affidabili (soprattutto qualora si decida di approcciare il mercato non direttamente, ma attraverso distributori locali ovvero con il supporto di soggetti basati in altri paesi dell’area mediorientale, quali UAE o Turchia); dall’altra uno studio preliminare (i.e. una vera e propria due diligence) sulla compliance del business rispetto al regime sanzionatorio ancora in vigore, ossia rispetto al coinvolgimento di soggetti (persone fisiche e/o giuridiche) sanzionati, riveste fondamentale importanza, anche – come detto – per la possibilità di accedere al credito. Ulteriori aspetti riguardano la non agevole strutturazione finanziaria delle diverse operazioni, la tutela dei diritti di proprietà intellettuale (tema molto rilevante tanto per chi commercializza prodotti made in, quanto per chi esporta tecnologia) e la gestione dei rapporti con il fisco (soprattutto per quanto attiene al rischio di doppia imposizione e al pagamento degli ingenti dazi doganali alle importazioni).

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