Sono pochi, sono vetusti e sulle loro tariffe non c’è alcuna certezza. L’Italia ha un problema – grosso – con i taxi. Per capirlo basta guardare le code chilometriche presenti negli aeroporti e nelle principali stazioni delle grandi città, Roma e Milano in primis, dove turisti e cittadini sono costretti ad aspettare ore l’arrivo di una macchina bianca che li porti a destinazione.
L’ultima testimonianza in ordine di tempo arriva dalla Stazione Termini di Roma, con un video pubblicato da Dagospia che mostra un lunghissima fila di persone in attesa di un taxi. Unica consolazione per i romani, secondo il sito, è che “a Milano stanno pure peggio”. E, guardando i social, è difficile affermare il contrario. Sono migliaia gli utenti che ogni giorno protestano contro l’inefficienza di quello che dovrebbe essere un servizio pubblico essenziale e che invece si sta trasformando in un incubo per chiunque abbia bisogno di percorrere anche pochi chilometri a bordo di un taxi.
Per non parlare delle ripetute segnalazioni relative al rifiuto di accettare pagamenti col Pos nonostante l’obbligo di legge e delle notizie che ogni giorno riempiono le pagine di cronaca dei giornali. Proprio oggi, giovedì 15 settembre, i Carabinieri delle stazioni di Capri e Anacapri a tutela dei turisti e dei lavoratori presenti sull’isola hanno multato 30 tassisti sui 50 controllati per violazioni relative alla mancata esposizione del tariffario, al tassametro spento, alla mancata esposizione del cartellino identificativo del tassista e del numero da contattare per eventuali reclami. A queste 30 sanzioni se ne aggiungono altre 14 per non aver indossato la cintura di sicurezza.
Taxi: i dati dell’Autorità dei Trasporti
A confermare le difficoltà che cittadini e turisti sono costretti ad affrontare ogni giorno sono arrivati anche i dati contenuti nella Relazione annuale presentata al Parlamento dall’Autorità dei Trasporti che, benché non contenga valutazioni sulla situazione, mostra numeri che parlano da soli. Ebbene secondo il documento, basato sul monitoraggio di 144 Comuni italiani, in Italia è disponibile un taxi ogni duemila abitanti e solo un quarto delle città presenta una dotazione superiore alla media. In Spagna e in Francia sono, rispettivamente, uno ogni 1.025 e uno ogni 1.157. Il doppio, sottolinea Repubblica.
Passiamo all’età del parco auto presente su strada. Su oltre 21mila taxi presi in considerazione, la metà (10.989) ha meno di 4 anni di vita, più di 7mila hanno tra i 5 e i 9 anni, 3.321 hanno già spento la decima candelina.
Per non parlare della differenza di prezzo esistente tra i vari Comuni del Paese. Una corsa breve di 5 km a Sorrento costa 22 euro, a Lignano Sabbiadoro 13,6 euro, a Taormina 10. Il prezzo medio è di 12,18 euro. E se si ha bisogno di fare più strada? Per una corsa di 10 km a Venezia si spendono oltre 28 euro, a Napoli 19,2 euro, a Udine, 13,2 euro. Insomma, città che vai tariffa che trovi. Il prezzo medio è comunque di 20,65 euro.
Le liberalizzazioni e il Ddl Concorrenza
I problemi, dunque, sono molti e di difficile soluzione. A migliorare, almeno parzialmente, la situazione ci aveva provato il Governo Draghi con il famoso articolo 10 del Ddl Concorrenza che prevedeva la liberalizzazione delle licenze e dei servizi di trasporto pubblico non di linea, vale a dire i taxi. Una norma, tra l’altro, richiesta da Bruxelles nell’ambito del Recovery Plan e del Pnrr.
Quello che è accaduto però è storia. Le pesantissime proteste dei tassisti, avallate dai partiti di centrodestra, sono state uno dei motivi di attrito interni alla maggioranza. Con la caduta del Governo Draghi, colpito dal fuoco incrociato di Lega, Forza Italia e Movimento 5 Stelle, l’unico modo di far passare in Parlamento il Ddl Concorrenza (oggi legge) è stato quello di stralciare l’articolo 10, mantenendo tutto così con me, disservizi compresi. Ad oggi, dunque, non sembra esserci nessuna soluzione all’orizzonte, né la volontà politica di trovarla. I taxi rimarranno sempre troppo pochi e i problemi che i cittadini si troveranno ad affrontare sempre più numerosi.