“In molti credono che la TAV Torino-Lione sia solo un progetto, in realtà è un’opera in fase avanzata di costruzione. Ad oggi abbiamo scavato oltre 25 km di gallerie, tra cui i primi 6 km del futuro tunnel di base del Moncenisio. Questo primo tratto di 9 km, che sarà completato a giugno 2019, è in asse e del diametro della galleria del tubo Sud dove passeranno i treni in direzione dell’Italia”. Proprio nei giorni in cui il governo legastellato, che tramite il ministro alle Infrastrutture Danilo Toninelli ha preso ulteriore tempo commissionando l’ennesima analisi costi-benefici (sarebbe l’ottava dall’inizio del progetto, con la promessa di consegnare i risultati entro novembre ma ad oggi manca ancora l’ok della Corte dei Conti sulla sua istituzione), si trova stretto tra la piazza che per una volta gli è contro, con la novità del popolo dei Sì Tav, e l’Unione europea che minaccia di far saltare gli aiuti, FIRSTonline ha visitato il cantiere di Saint-Martin La Porte insieme a Maurizio Bufalini, direttore tecnico e direttore generale aggiunto di TELT, la società al 50% del Tesoro francese e al 50% di Fs che gestisce la sezione transfrontaliera della Torino-Lione. Un tratto di 65 km a ridosso del confine, di cui 57,5 km saranno costituiti dal tunnel di base del Moncenisio, in procinto di superare per poche centinaia di metri il Gottardo e diventare il tunnel ferroviario più lungo del mondo. Se ne parlerà, se tutto va bene, nel 2030, stando al cronoprogramma che stabilisce la fine dei lavori civili entro il 2026. Ma intanto qui lavorano giorno e notte 450 persone tra operai e ingegneri, di cui 60 italiani, e sono all’opera 3 imprese francesi e 3 italiane, con contratti già firmati per 1,3 miliardi di euro.
QUANTO COSTA
Adesso, dopo anni di proteste No Tav e rallentamenti (anche se i Parlamenti di Italia e Francia hanno dato già l’ok definitivo all’opera, nel 2017), c’è da sbloccare il tratto più discusso, che riguarda il territorio italiano solo per 12,5 km dei 57,5 totali e che costerà in tutto 8,6 miliardi, di cui solo il 35% all’Italia, perché dopo gli accordi del 2015 la Commissione europea ha accettato di finanziare il progetto al 41%. Finanziamento che la “melina” di Toninelli rischia di far saltare: “Se ci sono ritardi nella realizzazione dei lavori, questi possono essere soggetti a una riduzione dei fondi europei previsti”, ha fatto sapere chiaro e tondo Bruxelles. “A dicembre devono partire le gare di appalto per la Torino-Lione altrimenti parte il tassametro e ci sarà un danno erariale di 75 milioni di euro al mese“, ha quantificato Paolo Foietta, commissario straordinario per la Torino-Lione, nominato dal precedente Governo e in scadenza proprio a dicembre (Toninelli ha già detto che non sarà confermato).
“C’è anche un altro aspetto da tenere in considerazione – aggiunge Bufalini -: recentemente l’Unione europea ha fatto intendere che vorrebbe aumentare al 50% la quota di finanziamento per le opere relative alla TEN-T, ossia i 10 corridoi ferroviari transnazionali che comporranno la cosiddetta metropolitana d’Europa e nella quale rientra anche la Torino-Lione. Andando avanti così si rischiano dunque di perdere ulteriori fondi”. La Torino-Lione è l’ex Corridoio 5, quello che originariamente doveva collegare Lisbona a Kiev ma che poi è stato riformulato nel tracciato di 3.000 km che collega il sud della Spagna all’Ungheria, e che taglia comunque in orizzontale mezza Europa e agganciando tutto il Nord Italia a una rete che collegherà più velocemente merci e persone, riducendo anche l’inquinamento, come previsto dagli accordi internazionali sulla decarbonizzazione.
A CHE COSA SERVE
“Quando l’opera sarà completata – spiega ancora il direttore tecnico del cantiere – si potrà andare da Milano a Parigi in treno in 4 ore. Ma soprattutto sarà possibile spostare buona parte del traffico merci, che attualmente avviene per il 92% su gomma, con 3 milioni di Tir che ogni anno transitano tra Francia e Italia, su rotaia, riducendo così di 1 milione i Tir e di 3 milioni di tonnellate le emissioni di CO2 all’anno, pari a quelle emesse annualmente da una città di circa 300.000 abitanti”. La COP21 di Parigi prevede infatti che entro il 2030 il 30% del traffico merci avvenga su rotaia, percentuale che dovrebbe salire al 50% nel 2050. Ci sarebbe già il Frejus, sostengono i No Tav, ma l’attuale traforo, oltre a non essere abbastanza largo da far passare i convogli moderni, si inerpica fino a 1.300 metri, rispetto ai 600 metri di altitudine del futuro tunnel del Moncenisio, con un costo energetico superiore del 40%.
“Le gallerie in costruzione invece consentiranno il transito di tutte le tipologie di treno e in massima sicurezza: non dimentichiamoci che il Frejus è un collegamento vecchissimo, costruito 150 anni fa, ed è attualmente utilizzato in deroga”. I treni saranno in grado di viaggiare alla velocità di 220 km/h per i passeggeri e di 120 km/h per le merci, secondo gli standard che valgono anche per il Gottardo, entrato in funzione nel 2016 e finanziato quasi interamente dalla Svizzera: “Il Gottardo fa parte del Corridoio 1 – analizza Bufalini -, quello che collega Rotterdam a Genova ed è uno dei più strategici, perché attualmente le merci che arrivano via mare da Suez, per andare nel Nord Europa fanno il giro da Gibilterra. Completare il Corridoio con il Terzo Valico di Genova sarebbe importantissimo affinchè l’hub principale non diventi Marsiglia”. Marsiglia che sarebbe poi collegata a Lione e da lì all’Italia, che senza queste opere perderebbe così un’opportunità commerciale importantissima, sull’asse Torino-Genova-Milano.
A CHE PUNTO SONO I LAVORI
Il cantiere dunque non è affatto fermo, nemmeno in Italia. A Chiomonte, a pochi chilometri dalla più nota Susa, che dà il nome alla valle teatro di mille contestazioni, si è già scavato per 7 km. “In Italia è stata scavata una delle quattro cosiddette discenderie già realizzate – spiega l’ingegnere Francesco Gamba, della Direzione lavori di Saint-Martin-La-Porte -, ora stiamo avanzando in Francia lungo i primi 9 km sull’asse del tunnel di base. In Italia non si è costruito ancora il tunnel di base ed è vero che la Francia è più avanti, ma per un semplice motivo: il tratto francese in costruzione è quello dove la montagna presenta la roccia geologicamente più difficile. C’era dunque il rischio che quel tratto fosse completato in ritardo”. In tutto, tra tunnel geognostici e discenderie, ad oggi è stato scavato oltre il 15% delle gallerie complessive previste tra Italia e Francia, e per questa primissima parte di lavori l’Italia ha speso 340 milioni di euro.
“In tutto – aggiunge Bufalini -, dal 2015 al 2029, nell’arco totale della durata dei lavori, l’Italia avrà speso meno di 3 miliardi di euro: vale a dire poco più di 200 milioni l’anno”. La prossima fetta di investimento che deve partire, quella dei famosi bandi che per ora sono fermi perché il Governo tentenna, è di complessivi 3,5 miliardi, per assegnare attraverso quattro grandi appalti la costruzione delle canne del tunnel, diviso in 4 lotti di cui 3 sono in territorio francese. “Se l’assegnazione slitta di un paio di mesi non ci saranno problemi – assicura Bufalini -, diverso il discorso se dovessimo perdere 6 mesi o oltre. In quel caso il finanziamento Ue sarebbe a rischio perché l’opera avrebbe altri tempi e altri costi, probabilmente superiori, a quelli inizialmente indicati”. I bandi in totale saranno 81, di cui molti di piccoli importi, appetibili per le Pmi del territorio. “Per valorizzare ulteriormente l’indotto abbiamo anche deciso di non creare un dormitorio ma di fare accordi con le aziende per far dormire e mangiare i lavoratori sul territorio, durante la durata dei cantieri”.
COME SI STA SCAVANDO
Il lotto già in costruzione, partito prima ancora di assegnare i grandi appalti, è il secondo partendo dalla Francia, 10 km dopo St Jean de Maurienne, che è il punto dove la ferrovia entrerà nella montagna per poi sbucare a Susa, in Piemonte. “E’ già in costruzione perchè questo è in realtà un lavoro esplorativo, già finanziato con 1,3 miliardi totali di contratti già firmati, anche se a tutti gli effetti è quella che poi sarà la galleria di base. C’è una discenderia di qualche km ma i 6 km scavati sull’asse principale sono già quelli definitivi”, spiega Bufalini. A Saint Martin La Porte sta scavando senza sosta Federica, la fresa realizzata da una ditta francese (anche le talpe hanno un nome, come gli uragani), insieme alla quale lavorano ininterrottamente 25 persone alla volta, divise in tre turni da 8 ore compresa la notte. Si tratta di operai italiani, francesi, ma anche di altre nazionalità.
“Quest’anno per la prima volta avremo qualche giorno di riposo a Natale e Capodanno. Sono quattro anni che lavoriamo anche in quei giorni – racconta Gamba -. Federica scava 50 millimetri di roccia al minuto, il che significa, considerando le pause tecniche, che ogni giorno dà luce a circa 25 metri di galleria. Qui la roccia è particolare, si ricompone se passa troppo tempo dallo scavo, un po’ come quando si scava nella sabbia. Per questo siamo partiti da qui”. Le gallerie collaterali, un paio delle quali già fatte anche in Italia, serviranno alla sicurezza, alla manutenzione e anche allo scarico dell’acqua: peraltro dall’acqua calda che viene fuori dalla roccia è possibile ricavare preziosa energia geotermica, come si è fatto in Svizzera proprio durante i lavori per il traforo del Lötschberg (quello che precede il Gottardo arrivando da Nord), vicino al quale è stata costruita una serra tropicale, alimentata al 100% dal calore della montagna e capace ogni anno di produrre dalle 4 alle 6 tonnellate di banane e papaye.
Il tema del riciclo e dell’ambiente è peraltro al centro del progetto, non solo per gli obiettivi legati alla riduzione delle emissioni, ma anche per la tutela del territorio: sono oltre 62mila le rilevazioni effettuate in questi primi quattro anni di lavoro, eseguite da TELT nella parte italiana sotto la supervisione dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPA), in cui sono stati monitorati 135 parametri controllati attraverso 40 centraline posizionate in un raggio di 15 km dal cantiere, in parallelo ai 26 punti di controllo interni all’area dei lavori. Non solo: nel cantiere francese, il materiale di scarto che viene fuori dallo scavo viene portato attraverso un nastro automatico a St Jean de Maurienne, dove rocce ed altri materiali vengono selezionati e depositati e dai quali si ricaveranno calcestruzzi utili per il cantiere oppure gli “anelli” che vanno a comporre il rivestimento del tunnel. “Il 60% del materiale sarà riciclato – spiega Bufalini – e solo per questo partiranno 2 bandi per la valorizzazione, uno in Italia e uno in Francia”.
QUANTO VALE E QUANTO COSTEREBBE NON FARLA
Sulle ricadute economiche il progetto è chiaro: in tutto lavorano già alla Torino-Lione 800 persone, di cui circa 530 impegnate nei cantieri e circa 250 tra società di servizi e ingegneria. Nel picco delle attività saranno 4.000 lavoratori diretti e altrettanti quelli generati nell’indotto. Inoltre, il corridoio Mediterraneo di cui è parte la Torino-Lione interessa il 18% della popolazione europea in regioni che rappresentano il 17% del PIL comunitario. La metropolitana d’Europa può valere, a pieno regime e nel suo insieme, l’1,8% del prodotto interno lordo dei Paesi coinvolti. Una ricerca del gruppo Clas ha stimato che per ogni euro investito in questa infrastruttura, se ne ricava un contributo al Pil italiano di 3,77 euro. Quanto all’analisi di costi e dei benefici, che è al centro del rinvio da parte del Governo, ne sono già state fatte ben sette, dal 2000 ad oggi. Nell’ordine: da PWC e Neaster, di nuovo da PWC, dalla Commissione Ue, da Egis Mobilité-Isis-Neaster-Sdg, dall’università Bocconi due volte e di nuovo dalla Commissione europea. Tutte hanno dato riscontri positivi e uno dei due studi della Bocconi, quello condotto dal Certet nel 2014, ha stimato che il blocco temporaneo o definitivo della tratta transfrontaliera della Torino-Lione porterebbe a una perdita di benefici economici per oltre 20 miliardi di euro, considerando solo i primi 50 anni di vita dell’opera.
Per un ulteriore approfondimento, leggi l’articolo di Claudio Cristofani: “La Tav non è più quella originaria ed è ormai inevitabile: ecco perchè”.
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Opere incompiute ce ne sono state abbastanza con Italia 90. Siamo in ballo e dobbiamo ballare
Che impegno per far sembrare quest'opera utile e vantaggiosa. Tanto per fare un esempio, cose del tipo "L'UE ha fatto intendere che vorrebbe aumentare del 50%..": di chi è questa dichiarazione, quale voce autorevole l'avrebbe detto, a che titolo?
Vien da chiedersi come mai ha mollato turismo e moda.