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Tav, la storia infinita della Torino-Lione

Ripercorriamo attraverso il racconto di Michele Calcaterra la complicatissima saga di un’opera di cui si parla da almeno 20 anni, ma che per vari motivi deve essere ancora realizzata: dall’accordo tra Agnelli e i giapponesi, all’incontro di ieri tra Monti e Hollande che dovrebbe finalmente sbloccare il progetto.

Tav, la storia infinita della Torino-Lione

Nel 2023 quando la Tav entrerà finalmente in funzione collegando l’Italia alla Francia e a tutta l’Europa avrò 70 anni. Qualcuno, leggendo queste poche righe dirà: e allora?

Allora ne avevo 40 quando nel 1993, corrispondente a Tokyo del Sole 24 Ore ho iniziato a sentire parlare e a scrivere della Torino-Lione. Come a dire che questo tratto di alta velocità, vitale per agganciarci all’Europa del trasporto su rotaia è diventato per me un ritornello al pari di quello di “Pierino e il lupo”. E il lupo, si sa, prima o poi arriva. Non sono sicuro però nel caso di questa grande opera ingegneristica.

Aggiungo, che di anni ne avevo 50 quando nel 2003 ero corrispondente a Parigi e i Governi italiano e francese ribadivano una volta di più che la Tav era strategica per i due Paesi e i lavori sarebbero partiti da lì a poco. Ma andiamo con ordine. Negli anni 90 era presidente dell’Italy-Japan Business Group, Umberto Agnelli: imprenditore e piemontese tutto d’un pezzo che aveva convinto le grandi “keiretzu” giapponesi a investire nel progetto.

I giapponesi, fiutando l’affare, avevano dato la loro piena disponibilità: finanziaria, ma anche industriale, nel senso di offrire i loro macchinari agli scavi e ai lavori. Mi risulta che a un certo punto tutto fosse pronto per i preliminari di un accordo di massima, ma che in seguito, a causa delle solite pastoie politico-burocratiche, tutto si arenò e non se ne fece più nulla. Peccato. Tanto che Agnelli ne fu profondamente deluso, oltre che imbarazzato con i grandi patron delle aziende nipponiche.

Voltata pagina, agli inizi degli anni 2000, con Chirac presidente della Francia e i Governi Prodi, prima e Berlusconi, poi, tutto sembrava ormai fatto. Ai vertici bilaterali tra i due Paesi la Tav era sempre all’ordine del giorno. Vi furono firme, protocolli d’intesa “nero su bianco”, dichiarazioni, ma… alla fine tutto restò lettera morta. Malgrado il sostegno della Ue e i contributi europei già stanziati.

Successivamente, arrivata la crisi economica degli ultimi anni, l’entusiasmo francese è andato scemando, fino alla dichiarazione che la Tav, con relativo tunnel, non era più ritenuta strategica da Parigi, tenuto conto anche del fatto che studi settoriali prevedevano un sensibile calo del traffico ferroviario per il futuro, su questa tratta. Per non parlare delle violente contestazioni sul versante italiano, che hanno frenato i nostri Governi fino all’avvento di Monti.

Ieri il nostro Presidente del Consiglio ha convinto il presidente Hollande ad andare avanti. Si tratta ovviamente di un passo importante, ma certo non decisivo all’inizio dei lavori. Basti pensare che il mandato di Monti è agli sgoccioli e il dossier Torino-Lione passerà sul tavolo del prossimo premier italiano. Che cosa deciderà il prossimo Presidente del consiglio? Si impegnerà sulla Tav o volterà nuovamente le spalle al progetto, incalzato dai contestatori e da un bilancio dello Stato italiano a corto di liquidi? Lo scetticismo è grande.

Comunque, staremo a vedere. Io sono qui e da convinto europeista, attendo con fiducia. Quasi che la Torino-Lione sia diventato un affare personale.

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