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Tassi, Visco prende le distanze dai falchi della Bce: aumenti sì ma con prudenza

Imagoeconomica

Meglio il rischio di fare troppo o troppo poco? Non ci sono dubbi per il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, intervenuto alla Frankfurt school of Finance & Management. L’inasprimento della politica monetaria dell’area dell’euro” deve proseguire per garantire che un aumento temporaneo dell’inflazione causato da uno shock dell’offerta non diventi un fenomeno più persistente sostenuto da fattori di domanda”. Ma bisogna “bilanciare il rischio di una ricalibrazione troppo graduale (fare troppo poco), che potrebbe far radicare l’inflazione nelle aspettative e nei processi di determinazione dei salari, con quello di un inasprimento eccessivo (fare troppo), che avrebbe ripercussioni significative sull’attività economica, sulla stabilità finanziaria e, in ultima analisi, sull’andamento dei prezzi a medio termine. In linea con il nostro obiettivo simmetrico di stabilità dei prezzi, ritengo che si debba dare lo stesso peso a entrambi i rischi”. Il numero uno di via Nazionale prende le distanze dai falchi e invita alla prudenza.

La politica monetaria è “in ritardo” nell’area dell’euro?

“Il Consiglio direttivo della Bce ha avviato il processo di “normalizzazione” monetaria alla fine del 2021, quando ha ritenuto che i progressi della ripresa economica e del raggiungimento dell’obiettivo di inflazione a medio termine fossero sufficienti per consentire l’avvio di una riduzione graduale del ritmo degli acquisti di attività. Perché non abbiamo iniziato prima? E perché non abbiamo iniziato ad aumentare i tassi prima del luglio 2022?”

Il Governatore di Via Nazionale ripercorre tutti i passi che ci hanno portato ad oggi. “Nel giugno 2021, mentre negli Usa l’inflazione complessiva era già superiore al 5% e l’inflazione di fondo era al 4,5%, spinta dai fattori di domanda, nell’area dell’euro, nonostante i prezzi del gas già più elevati, l’inflazione complessiva era ancora inferiore al 2% e l’inflazione di fondo era inferiore all’1%”. L’inflazione elevata, quindi, sembrava essere un fenomeno concentrato soprattutto oltreoceano.

La situazione ha iniziato a cambiare nel settembre 2021, “quando i prezzi del gas sono passati dal livello già elevato di 50 euro per megawattora a circa 100 euro (uno “shock da offerta”). A quel tempo, tuttavia, le quotazioni dei futures prevedevano che i prezzi del gas sarebbero diminuiti molto bruscamente entro giugno 2022” e con essi l’inflazione. E invece di diminuire i prezzi sono schizzati, raggiungendo picchi record. “L’invasione russa dell’Ucraina aveva trasformato uno shock temporaneo in uno persistente, giustificando un’accelerazione della normalizzazione monetaria”.

All’inizio del 2022 il processo si è accelerato. “Tuttavia, siamo riusciti a evitare gli effetti potenzialmente pericolosi di un’oscillazione troppo brusca della nostra posizione, anche in considerazione della grande incertezza causata dal conflitto in Ucraina. La fine dei nostri acquisti è stata anticipata al 1° luglio e, poco dopo, abbiamo iniziato ad aumentare i nostri tassi ufficiali di riferimento in misura significativa, con l’obiettivo di anticipare l’uscita dai loro livelli altamente accomodanti, in realtà ancora negativi”.

La Bce ha commesso errori di politica o di previsione? E se sì, perché?

Nel discutere l’elevato livello di inflazione raggiunto nell’area dell’euro, “alcuni commentatori hanno prestato meno attenzione all’improvviso verificarsi dello shock energetico, alle sue dimensioni e alla sua persistenza, puntando invece il dito contro i ritardi della banca centrale nell’avviare la stretta monetaria” e criticando “gli errori nelle proiezioni sull’inflazione fatte dallo staff della Bce/Eurosistema nel 2022”.

Visco ammette che gli errori di previsione delle variazioni dei prezzi al consumo nell’ultimo anno “sono stati effettivamente considerevoli” ma i prezzi dell’energia – le variabili esogene più importanti nel modello di previsione, le cui variazioni sono di solito desunte dal prezzo di mercato dei contratti futures – spiegano, direttamente e indirettamente (cioè attraverso i loro effetti sui costi di produzione), il 70% dell’errore complessivo commesso”, percentuale che sale all’80% “se si considerano anche gli effetti dei prezzi dei prodotti alimentari, l’altra componente volatile dell’indice dei prezzi al consumo”.

Le valutazioni quantitative sono ancora utili, “ma le loro intuizioni devono essere valutate insieme alle informazioni che si renderanno gradualmente disponibili sulle aspettative di inflazione e sull’evoluzione di salari e profitti”.

In ogni caso, il Governatore dubita che “un ritardo di qualche mese nell’effettiva attuazione della decisione di interrompere gli acquisti di attività e di iniziare ad aumentare i tassi avrebbe avuto conseguenze sostanziali sull’andamento dei prezzi al consumo nell’area dell’euro, che riflettono principalmente i costi dell’energia e dei generi alimentari”.

Meglio il rischio di fare troppo o troppo poco?

“Da un lato, fare troppo poco avrebbe un costo per l’economia se ciò portasse alla necessità di una restrizione più forte e prolungata della politica monetaria. Dall’altro lato, però, i costi legati al rischio opposto potrebbero essere rilevanti se il “fare troppo” dovesse determinare un undershooting dell’obiettivo e magari portare a gravi fenomeni di debt-deflation, innescando amplificazioni perigliose non lineari. Di fronte a questi due rischi, le decisioni della banca centrale dovrebbero continuare a essere caratterizzate da saggezza ed equilibrio ed essere guidate da attente valutazioni quantitative dei dati in arrivo”.

Per Visco una recessione non è sempre inevitabile quando si tratta di ridurre l’inflazione. “Comunicare un forte impegno a riportare l’inflazione verso l’obiettivo in tempi rapidi è fondamentale, ma farlo riducendo al minimo i costi per l’economia reale non è meno importante”. E dunque è consigliabile un approccio cauto, soprattutto nell’attuale contesto di incertezza.

Anche i potenziali rischi per la stabilità finanziaria richiedono una buona dose di cautela. “I rialzi coordinati senza precedenti dei tassi ufficiali in tutto il mondo possono creare effetti di spillover difficili da quantificare, ma non trascurabili. I rischi di instabilità finanziaria sono particolarmente rilevanti nell’Unione economica e monetaria, la cui architettura incompleta – in particolare la politica fiscale decentrata e i ritardi nel completamento delle unioni bancarie e dei mercati dei capitali – la espone a una possibile frammentazione dei mercati finanziari”, ha concluso il Governatore della Banca d’Italia.

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Categories: Finanza e Mercati